Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Scritti pubblicistici
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Parte prima Articoli de La Divina Provvidenza

1915

1. Don Luigi Guanella, la nostra opera e il terremoto.acapo. Anno XXII, n. 2, febbraio 1915, pp. 18-23

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D‹on› Luigi Guanella, la nostra opera e il terremoto 1
Anno XXII, n. 2, febbraio 1915, pp. 18-23. Presentato al processo.
Lettere a Leonardo Mazzucchi, Roma, 18 gennaio 1915 (E 1882); Ferentino, 18 gennaio 1915 (E 1883); Ferentino, 20 gennaio 1915 (E 1884); Roma, 25 gennaio 1915 (E 1885); Roma, 27 gennaio 1915 (E 1886); Roma, 1 febbraio 1915 (E 1887).
Trecento bambini con cento e più vecchi salvati dalle macerie del terremoto per l’opera dei Servi della Carità e delle Figlie di santa Maria della Provvidenza - Nella corrispondenza epistolare di d‹on› Luigi Guanella - Primo viaggio ad Avezzano - Desolazione! - Distribuzione di soccorsi - L’opera di d‹on› Bacciarini - Comitato di soccorso a San Giuseppe - Triduo di penitenza - Predica di mons‹ignor› Marelli - Il card‹inale› Giustini visita le nostre case - Sua soddisfazione - I processi di Caterina Guanella - Ritorno di d‹on› Bacciarini sui luoghi del terremoto - A Ferentino in casa nostra - L’opera del vescovo - Processione di sant’Ambrogio - Pensieri di fede - Slancio di carità nella popolazione di San Giuseppe - Tra i lupi degli Abruzzi e la tormenta - Ripetuti viaggi di d‹on› Bacciarini - Bambini e vecchi a San Giuseppe e a San Pancrazio - L’opera delle suore - Casi pietosi - Uomini-iene - Le sette - Suore ad Avezzano - Plachiamo il Signore! - Il nostro tempio votivo del sacro Cuore.
I giornali hanno già detto ad esuberanza del terremoto che desolò in un attimo una fiorente regione italiana e ne hanno raccontato tutti i commoventi particolari. L’eco profonda di pietà, - 888 -diffusasi nell’anima di tutta l’Italia, giustamente non si è spenta. Non è dunque nostro compito recare inutile contributo di notizie sulla pubblica sventura. E ad alleviarla tutti corsero con gara edificante, da chi è il primo uomo e la prima dignità della terra, il romano pontefice, sino all’ultimo cittadino, sotto l’impulso irresistibile della cristiana carità. Era ben naturale che anche la nostra istituzione concorresse all’opera nobile e che il nostro superiore sentisse il bisogno di portarvi tutto l’entusiasmo e l’attività dell’anima sua. Il recare un sollievo alle anime sventurate, specialmente nelle ore tragiche d’un paese, è un dovere che si ha a compiere con modestia, non un’opera non doverosa di cui si possa menare vanto. Ed è unicamente per conservare una memoria domestica, per dare alla schiera dei nostri amici, giustamente desiderosi, partecipazione del lavoro d’un’istituzione che è nostra e di loro, che noi pubblichiamo alcuni cenni, per la maggior parte tolti letteralmente dalle corrispondenze private di don Luigi stesso.
Egli, il 18 gennaio, premurosamente ci scrisse:
Fui ad Avezzano con don Bacciarini per misurare l’enormità del disastro che ha rasi al suolo paesi e borgate come la falce fa del fieno. Da Roma ad Avezzano, un viaggio che si potrebbe fare in breve tempo lo si compì in [19] dieci ore; la ferrovia attraversa monti brulli e valli anguste, solo di tratto in tratto appare qualche zona di prati e di campi coltivati.
Che rovina! Che desolazione! Si dice che le rovine siano maggiori di quelle di Reggio e di Messina nel terremoto di qualche anno fa. Avezzano è completamente distrutto; tutti vi sono morti e fra pochi giorni si coprirà di calce, per impedire le esalazioni cadaveriche, la città sventurata che fu.
Si ascoltano e si vedono ad ogni passo pietosissime scene, ormai i giornali ne hanno riferite gran numero. Si vedono spaventose fessure, abbassamenti di terreno riempiti di acque. L’anima è in pena. I superstiti sono inebetiti. Distribuiamo quelle vivande che abbiamo con noi e degli oggetti sacri... Ritornammo in un treno di feriti; sotto gli sguardi, lo spettacolo rattristante di infermi e di feriti, ammonticchiati in istato di grande pena sui vagoni. Don Bacciarini prestò i conforti religiosi a tre moribondi. I poveri feriti ricevono quel ristoro di - 889 -pane, di latte, di acqua che loro si porge e poi ricadono assopiti. Per ora ho fatto posto ad una mezza dozzina di creature abbandonate e le ho condotte al nostro ricovero di San Pancrazio; si vedrà in seguito il da farsi... Intanto in parrocchia di san Giuseppe si è tosto costituito un comitato di soccorsi e don Bacciarini sta svolgendo la sua attività suscitando iniziative e provvedendo al ricapito dei soccorsi. Sarei tornato stamane sui luoghi del terremoto se me lo avesse permesso la salute, e accompagnai col desiderio e l’augurio il nostro chierico di San Giuseppe, Ballini, che vi si recò col pio e valoroso studente universitario Aldo Villani... Anche Roma sarebbe stata vittima della medesima sciagura se la scossa fosse durata violenta qualche minuto di più; il nostro sacerdote don Zaffaroni, che celebrava in San Giuseppe, se ne fuggì spaventato in sacristia. Si dice che il Signore abbia voluto aver misericordia di Roma per risparmiare la sede del Vicario di Gesù Cristo.
Qui a San Giuseppe abbiamo intanto solennissimo triduo di ringraziamento e di penitenza predicato dai nostri e da mons‹ignor› Marelli, e la predica, tenuta a chiusa ieri dall’illustre vescovo di Bergamo, commosse sino alle lagrime. Il Signore abbia pietà dei poveri popoli! Le Case della divina Provvidenza pregano per questo il Cuore misericordioso di Gesù e nell’ora del dolore offrono e prestano tutta la loro opera modesta per il sollievo di tante sventure 2.
Venerdì scorso l’eminentissimo cardinal Giustini, nostro protettore, si degnò di visitare le nostre case di San Giuseppe, di Monte Mario, di San Pancrazio. Manifestò grande bontà e benevolenza, si dichiarò contento di ogni cosa e mostrò di aver compreso lo spirito e l’indirizzo, i bisogni e le difficoltà dell’opera nostra. Si mostrò sorpreso delle prove di carità delle nostre suore a San Pancrazio, e della colonia di Monte Mario concepì le più liete speranze. L’eminentissimo Giustini era - 890 -segretario del compianto card‹inale› Ferrata alla Congregazione e vi ebbe opportunità di conoscere l’indirizzo delle opere nostre. Noi dobbiamo essere grati all’eminentissimo, e professiamo qui all’illustre e sì benevolo protettore riconoscenza perenne e piena sommissione.
Alla S‹acra› Congregazione dei Riti trovai che furono trascritti e collazionati i processi diocesani della serva di Dio Caterina Guanella e vi si è ben animati per proseguirne i processi apostolici. Domani probabilmente passerò a Ferentino. La mia salute par che migliori 3.
La sera stessa del 18 da Ferentino, ove si era recato, ci scrive in termini brevi il nostro don Luigi:
Mentre don Aurelio passava ieri negli Abruzzi, io me ne venni a Ferentino, dove sono tracce del terremoto e lo spavento nella popolazione che passava la notte all’aperto. Ieri sera mons‹ignor› vescovo stesso scendeva in piazza e nelle strade per indurre il popolo alla quiete e a riposarsi nelle case. Il popolo domandò una processione solenne con la reliquia di sant’Ambrogio martire e sarà oggi contentato. Si accorre in folla alle chiese ed ai Sacramenti. Nella nostra casa qui qualche lesione e null’altro. Preghiamo e speriamo. Domani sarò a Roma per vedere il frutto del comitato che vi si è costituito.
E più ampiamente, ancora da Ferentino il giorno 20:
M’aggirai tra i vecchi di questo ospizio. Interrogai un vecchietto orbo: « Non vi siete sforzato di fuggire all’aperto, sentendo - 891 -il terremoto? ». « Non mi venne nemmanco il pensiero; il terremoto lo guida il Signore ed egli ci può cogliere ovunque e, se ci coglie, eccoci in paradiso! ».
Noi preghiamo tutti con molti rosari, e notte ci raccomandiamo al Signore. Il nostro d‹on› PaoloPanzeri›, sentendo [20] le prime scosse di terremoto, chiese: « Chi è? Osservate! », e continuò la recita del Breviario. Gridavano alcuni che pareano ridersi della Provvidenza del Signore, ed egli: « Partitevi di qui; siete voi con le vostre bestemmie ed i vostri scandali la causa del terremoto ».
Tutti invocarono che si portasse processionalmente la reliquia di sant’Ambrogio martire, in cui i ferentinesi hanno una fede vivissima. Dicevano: « Nella guerra di Tripoli nessuno dei nostri soldati morì o rimase ferito; il tenente De Sanctis, che era già sepolto sotto le macerie di Avezzano, ne fu liberato e sarà qui a ringraziare sant’Ambrogio; anche noi muoviamoci in solenne processione ». E ieri alle 2 e mezzo, benché piovigginasse, da tutte le vie della città si adunarono drappelli di fedeli alla cattedrale.
Qui la scossa avvenuta la sera fu molto più violenta di quella del mattino. Il popolo si era riversato tutto alla campagna, gridando forsennatamente. In parecchi palazzi e costruzioni si fecero lesioni più o meno gravi. Passando mons‹ignor› vescovo nella piazza di Sant’Agata, la folla gli si strinse attorno per chiederne la benedizione che li tenesse salvi. Il vescovo confortava ed esortava a rientrare in casa, ma invano. Le donne specialmente, eccitate nella fantasia, erano risolute di stare ‹all’aperto› 4.
Il vescovo in cattedrale arringò la moltitudine così: « Abbiate fede, armatevi di speranza e di fervore, proponete di riprendere la fede viva dei vostri padri, di essere assidui alla preghiera, alla santa Messa, ai santi Sacramenti, e sant’Ambrogio s’interporrà presso il Signore ad impetrare misericordia per voi ». Il popolo affollato nella basilica rispondeva con altissime esclamazioni: « Viva sant’Ambrogio! ». E la processione indi sfilò per tutte le vie della città.
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Il terremoto non risparmiò i casolari di campagna; di notte splendono qua e dei falò accesi dagli atterriti fuggenti che vi si riscaldano le membra intirizzite.
Per la via di Ferentino passano frequenti automobili carichi di abiti e di vettovaglie, ecc‹etera›. Si lamenta che sugli alti monti e nelle valli romite vi siano paeselli scossi dal violento terremoto senza che vi si sia potuto recare ancora soccorso umano.
Gli intelligenti dicono: « Voglia il cielo che il terribile flagello serva a togliere dal pensiero di tanti nostri il desiderio della guerra! ». Piaccia al Signore che l’attuale flagello corregga i pubblici costumi! Piaccia al cielo che tanti buoni plachino la giustizia di Dio di tante scelleraggini umane e sia ricondotta una desiderata e duratura prosperità!
Oggi parto per Roma e vedrò che hanno potuto fare i nostri negli Abruzzi. A San Pancrazio si è cominciato a ricoverare sei orfani. La neve circonda gli orli di questi Appennini e il freddo si fa sentire 5.
L’Italia del 28 gennaio ospitava gentilmente la seguente lettera 6, mandata a mons‹ignor› Carlo Brera, presidente del comitato delle dame della Pia Casa dei Poveri in Milano.
Ill‹ustrissi›mo monsignore, le do notizie della nostra azione in aiuto degli scampati del terremoto.
Il nostro d‹on› Aurelio Bacciarini con d‹on› Giovanni Anessi, col chierico Ballini che si distinse nella guerra tripolitanica, percorre i monti e le valli degli Abruzzi dove non possono correre gli automobili ricchi e comodi. Si temeva della salute, anche perché, attraversando il monte Bove, si incontrano talvolta lupi rabbiosi per fame.
D‹on› Bacciarini giunse a casa sabato con gli abiti sbrandellati. All’indomani rianimò l’opera del comitato improvvisato - 893 -pro Abruzzi con una pesca e con offerte di vestiarii abbondanti relativamente alla povertà di questi sobborghi popolari. Si è pure potuto raccogliere un comitato di pochi sacerdoti per risiedere sul luogo dei paesi quasi distrutti, dove i superstiti implorano con molte lagrime le consolazioni e i tesori della carità cristiana.
D‹on› Aurelio e mons‹ignor› Bianchi Attilio partirono oggi 25 a mezzodì, malgrado il telegrafo annunciasse l’ammonticchiarsi della continua neve. Domani ripartirei io stesso con mons‹ignor› Perego, a tutti noto, e con qualche altro sacerdote per stare all’obbedienza di quei vescovi.
I nostri sacerdoti di San Giuseppe nel frattempo raccolgono intorno a sessanta gli orfani ed i vecchi sopravissuti, e le suore dell’Ospizio Pio X di San Pancrazio raccolsero egual numero di figlie minorenni, anche al disotto di due anni, e attendono a far posto per un’altra cinquantina.
Mancano i mezzi per fare di più. Se v‹ostra› s‹ignoria› volesse destinare la colletta della conferenza delle pie signore del comitato di febbraio, farebbe cosa grata. E farebbe anche cosa più grata, se volesse pubblicare su qualche giornale nostro la presente relazione.
Ci raccomandino poi di cuore al Signore e mi saluti specialmente il chiaro oratore padre Genovesi. Implorerò per tutti una speciale benedizione del Santo Padre.
Roma, 25 gennaio.
Sac‹erdote› L‹uigi› Guanella
P.S. Il nostro d‹on› Orione Luigi, membro del Comitato Regina Elena, lavora indefesso e non cura pericoli. L’altro giorno nel valicare il monte Bove s’incontrò con cinque lupi che fortunatamente lo lasciarono passare. Noi gli veniamo in aiuto quando si può. A Roma non si trova più ricovero per veruno. Il presente terremoto lascia orfani ben più numerosi che a Reggio ed a Messina.
Il 25 d‹on› Luigi mandò pure questi cenni affrettati:
A San Giuseppe abbiamo ricoverato cinquanta orfani ed a San Pancrazio una sessantina e giungeranno fino a cento. D‹on› Bacciarini è ripartito oggi e forse io lo seguo domani, per intelligenze con quei vescovi che sono rimasti senza clero. Quei - 894 -poveretti superstiti son rimasti senza aiuto e si desolano. Don Orione fa prodigi di lavoro 7.
Don Luigi ancora avea scritto il 27:
D‹on› Bacciarini è tra le nevi degli Abruzzi e lo attendiamo. Si possono del terremoto raccontare scene commoventi. Un sacerdote, mentre comunicava, fu colpito e cadde sulla persona comunicata salvandola da morte, mentre lui moriva fra gli spasimi. Altro sacerdote fu colpito mentre celebrava e fu dissepolto - 895 -genuflesso, morto davanti la mensa dell’altare. Un terzo sacerdote fu disseppellito morto, ma in atto così divoto che pareva mostrasse sensibilmente la gioia della santissima Eucaristia appena ricevuta. Dei due religiosi liguorini che predicavano le missioni lo scorso anno a San Giuseppe, uno rimase morto sotto le rovine della chiesa dove confessava e l’altro fu salvo per miracolo e venne fasciato a visitarci a San Giuseppe.
Una madre morì coprendo col suo petto quattro suoi figli quasi come a difenderli; difatti tre rimasero così salvi e sono al nostro Ospizio Pio X, il quarto e la madre furono schiacciati. Dopo nove giorni si estrassero ancor vivi una madre e il suo bambino, salvi sotto la cappa del camino.
Sui monti e nelle valli, lungi dalle vie frequentate, si soffre e si muore senza assistenza. Quando si avvicinano, supplicano che si abbiano almeno a confessare. S’incontrano talora parroci che dicono piangendo: « Siamo rimasti soli e non abbiamo chi ci aiuti; oh, se veniste in aiuto nostro e dei nostri superstiti! ». Il vescovo di Pescina, un carmelitano, va addolorato esclamando: « Sono rimasto ormai solo con pochissimi sacerdoti in tutta la diocesi! ».
Il nostro d‹on› Bacciarini racconta al popolo fatti che straziano e commuovono. La nostra casa di San Giuseppe si fa rifugio a quanti può, vengono talora intere famiglie che non trovano dove rifugiarsi nelle notti piovose.
Si raccontano fatti orribili di uomini-iene che profanano i cadaveri e rapiscono a perdizione la povera innocenza; c’è poi di mezzo la massoneria che lavora a rovinare e guastare gl’innocenti. Così metodisti e valdesi s’aggirano stracarichi d’oro per tirare a sé fanciulli abbandonati e dispersi profughi e fare dei proseliti per la setta. Talvolta deve intervenire la questura a difesa degl’innocenti perseguitati. I nostri avversari s’inoltrano potenti e ricchi d’oro fornito dalle sette anticristiane, e i nostri cattolici con poco denaro e male ascoltati negli uffici vanno avanti operando miracoli di carità in nome della Provvidenza che li guida dall’alto.
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Si aspettano notizie delle escursioni che don Bacciarini continua nelle regioni e presso le diocesi percosse dal flagello, Lazzaro mendicante egli stesso a prò dei numerosi affamati e pezzenti che gli si stringono pietosamente attorno.
Da ultimo una lettera scrittaci da don Luigi il 1o febbraio fra l’altro ci diceva:
Nei nostri ospizi qui, di vittime del terremoto ne abbiamo oltre a duecento; i piccoli dai due ai sei anni sono in mano alle suore di San Pancrazio. Fratelli e sorelle difficilmente si dividono, si amano intensamente; un cioccolatino, una noce che loro si dia, se la distribuiscono in parti. Questi piccoli piangono, piangono chiamando: « Mamma, mamma! ». Allora accorrono le suore e facilmente si acquietano. Giungono coperti alle volte di tigna e allora si separano e si mandano a San Gallicano. Mancano di tutto e per coprirli si ricorre ai comitati che si prestano, ma i viaggi e i disturbi sono senza fine. Qui si esperimenta la pazienza della suora e del prete nostro che vi hanno ad attendere.
Il flagello del terremoto produce nei buoni meraviglie di fede e di rassegnazione; in molti tristi provoca sentimenti di rabbia, di furore, di disperazione, che poi sfogano con un vocabolario orribile di bestemmia, di turpiloquio, di pratiche brutali crescenti con forme sempre più infernali.
Domattina manderemo due nostre suore, per le quali è disposta una baracca con piccolo oratorio, a ricevere e confortare sui luoghi del terremoto quelle figlie che, salve dal terremoto, hanno a salvarsi poi dalla fame, dal freddo, dalla neve che vi è alta mezzo metro. Vi andrà pure l’indefesso nostro don Bacciarini, allo scopo di dare soccorso anche ai poveri vecchi che vi periscono pure di fame e di freddo. Stiamo provvedendo per il ricovero loro.
Questo per il corpo, ma per l’anima? Si dice, ed è facile a credersi, che i flagelli non diminuiranno finché non se ne tolga la causa: la bestemmia, il turpiloquio, la profanazione dei giorni festivi, l’infedeltà, ecc‹etera›. In Roma oggi si fa digiuno ad olio per continuare la promessa votiva fatta dai nostri padri allo scopo di liberarsi dalla peste. Oggi non solo Roma, ma tutta l’Italia e tutta l’Europa e tutto il mondo dovrebbe fare al Signore una promessa votiva per essere salvo da tanti disastri fisici e morali. Il Santo Padre consacrò un giorno tutto il [23] popolo cristiano al Cuore sacratissimo dal divin Salvatore. I pontefici succeduti infervorarono la fede e la pratica santa nelle anime dei - 897 -cristiani. Perché non tutti i cristiani corrispondono alle sollecitudini ed ascoltano la voce del Vicario di Gesù Cristo?
I minimi Servi della Carità hanno per loro conto fomentato questo culto del sacro Cuore, così nella congregazione delle Figlie di santa Maria della Provvidenza. Si è eretta la chiesa del sacro Cuore di Gesù dove sorge l’opera che passa sotto il nome di Casa della divina Provvidenza. Ora l’egregio ing‹egnere› Perrone sta studiando il disegno dell’illustre comm‹endatore› Aristide Leonori per gli altari-monumenti del Calvario e del santo Sepolcro. Speriamo di porre mano alla costruzione nella vicina primavera. Sarà un tempio unico in Europa, come in America è unico quello di Washington, riproduzione genuina dei monumenti di Palestina copiata di persona dallo stesso ing‹egnere› Leonori. Alla costruzione di questo santuario vennero e vengono offerte da più parti d’Italia. Il sacro Cuor di Gesù concede man mano le grazie che gli si domandano dai fedeli, e questi alla loro volta porgono l’obolo della fede e della carità propria. Anche in questo modo il sacro Cuore di Gesù faccia ravvedere le coscienze dei governanti e dei popoli delle singole nazioni, perché tutti siamo peccatori al cospetto del Signore.
Tornando al terremoto, qui commuove ogni giorno l’affetto delle povere madri che percorrono ansiosamente i diversi ricoveri per cercare, con tenera pietà e sollecitudine materna, dei loro nati. Talora molte famiglie di Roma ci chiedono per la loro mensa uno o più bambini e poi, quando si tolgono, si rinnovano scene di tenerezza.
Don Aurelio, come ho detto, si reca domattina ad Avezzano con due suore e vi si porterà probabilmente insieme un ottimo sacerdote di Castano Primo in soccorso spirituale e morale di tanti sciagurati.
Tutti, in alto e in basso, pregate e fate pregare. Domani sarò dal Santo Padre a presentare il cereo della Purificazione. Ringraziamenti a mons‹ignor› nostro vescovo di Como che si degnò scrivermi incoraggiamenti.
Crediamo che i lettori siano soddisfatti della semplice esposizione, necessariamente un po’ disordinata, fatta sopratutto con la stessa prosa nitida e gradita di don Luigi, a cui nessun commento - 898 -o spiegazione potrebbe aggiungere pregio. Ad altro numero nuovi particolari.




p. 887
1
L’articolo fu compilato da Leonardo Mazzucchi (1883-1964) utilizzando materiale epistolare dell’A. e articoli di stampa; brani di altri corrispondenti, inseriti nel testo originale, sono trascritti in nota.


p. 889
2
Questa prima parte dell’articolo è pubblicata anche ne L’Ordine, anno XXXVII, n. 15, 20 gennaio 1915, p. 2, con il titolo Quel che riferisce Don Guanella, e ne Il San Bernardino, anno XXII, n. 4, 23 gennaio 1915, p. 1, con il titolo Il terremoto in Italia. Nei paesi della desolazione.


p. 890
3
Nell’originale segue: « Un confratello così ci scriveva pure da Roma il 19: “D‹on› Aurelio è sul luogo del disastro. Ha spedito qui otto orfani dei parecchi che d‹on› Luigi vuol ricoverare. Qui si fece gran funzione di suffragio domenica mattina con moltissime Comunioni... Si ebbero conversioni. Da Tivoli in su il terreno è abbassato di sessanta centimetri. Nessuna screpolatura nei nostri fabbricati, però si smossero un filo le due colonne già rotte in origine. Oggi partono carri di roba da noi raccolta in parrocchia e sarà consegnata direttamente da d‹on› Aurelio e da altri due dei nostri alle famiglie di uno dei paeselli scelti per l’assistenza. Vi son cose raccapriccianti. Le chiese crollate affatto; la gente istupidita, non vedendo per due giorni nessun soccorso, credette venuta la fin del mondo e morti tutti gli uomini... Preghiamo” ».


p. 891
4
Per l’integrazione cfr. lettera E 1884.


p. 892
5
Nell’originale segue: « L’opera nostra, svoltasi intanto a San Giuseppe, fu brevemente descritta nel seguente articoletto del Corriere d’Italia del 26 gennaio »; segue fino a p. 21 L’opera dei sacerdoti di D. Guanella per i superstiti, in Corriere d’Italia, anno X, n. 26, 26 gennaio 1915, p. 4.


6
Cfr. Don Guanella sui luoghi del disastro, ne L’Italia, anno IV, n. 28, 28 gennaio 1915, p. 4.


p. 894
7
Nell’originale segue: « Una delle suore di San Pancrazio scriveva il 28 gennaio: “D‹on› Bacciarini col chierico Ballini è sul campo del disastro a confessare gli agonizzanti e amministrare gli ultimi Sacramenti, a raccogliere feriti che disseppellirono dalle macerie. Di questi feriti ne portarono a Roma più di diecimila; sono sparsi un poco dappertutto negli ospedali e negli istituti, anche noi ne abbiamo una ventina. Abbiamo vecchie inebetite e ferite e anche una bambina di sedici mesi, altra di ventidue mesi, uomini sordi e ciechi... Qui si ebbero delle screpolature in casa... È venuto ora don Luigi, il quale disse che vuol mettere quasi una cinquantina di orfanelli e orfanelle a San Pancrazio e fra i quali la maggior parte sono lattanti; bisognerà metterne anche in cucina. Io non so come faremo. Iddio vede e provvederà. Don Luigi è venuto qui tutto bagnato e con tosse, aveva la camera calda e poteva fermarsi, ma non volle perché diceva che doveva partire con d‹on› Bacciarini e altri sacerdoti ad Avezzano e negli altri paesi a trasportare qui in automobili altri bambini prima che i protestanti facciano la strage di quelle tenere anime a rapirle nel luogo del disastro. Non può immaginare in quale stato vengono a casa, è una pioggia continua. È un viavai di gente per mettere a posto questi infelici un poco dappertutto. Venne oggi la contessa Stanga Parravicini e la moglie del sig‹nor› prefetto di Roma, e altre signore mi portarono qui una vecchia cieca, tutta massacrata, trovata da parecchi giorni nelle macerie del terremoto, e altre. In questi frangenti il buon Dio non mancherà di venire in aiuto. Saremo costrette a mettere a dormire anche in cucina. San Gaetano deve far miracoli e allargar le mura del convento, perché non si sa dove metter mano. Abbiamo ancora Gesù esposto e non mancherà di aiutarci in questi frangenti... Finché avremo forza di stare in piedi, lavoreremo giorno e notte e, quando non potremo più, qualche santo provvederà. Solo in Roma vi [22] sono più di diecimila feriti gravi; gli ospedali sono colmi, senza contare quelli negli istituti, è un vero flagello. Adoriamo i disegni di Dio, il quale permette il male per cavarne del bene... Per di lei norma, d‹on› Luigi ha già preso una buona compagnia di derelitti, in buona parte bambini che hanno pochi mesi; ne abbiamo più di cinquanta e ne vuol prendere ancora... Ora poi vuol mandare varie di noi ad Avezzano in missione per levare la gioventù che i protestanti cercano di rapire” ».


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