Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione C. Guanella
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Deposizione sulla serva di Dio Caterina Guanella (1910)

‹Vita esemplare›

Sessione VII - 7 marzo 1910

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Sessione VII - 7 marzo 1910
XXVI. [VII-2]So che la Serva di Dio teneva i suoi parlari ordinarii intorno ai bisogni materiali, morali e religiosi dei poveri. So che si privava con molta industria di tutto ciò che poteva essere superfluo nel vitto, nel vestito, nella regola di casa, per soccorrere i poveri. Ricordo le famiglie Succetti Giuseppe, detti Zampeder, la famiglia Succetti con 5 figli tutti muti. Con questi muti si faceva vicina, specialmente alle ragazze, onde provarsi per farle ammettere alla santa Comunione. Ricordo le ammalate Maddalena e Marianna Succetti, la prima tisica e la seconda inferma ad una gamba. La Serva di Dio diceva spesso alla Marianna: « Dio non può non premiare la vostra carità e vedrete che morendo la sorella, essa dal cielo vi otterrà la salute ». Fu veramente così, perché nel della morte della Maddalena, contro ogni aspettazione, la Marianna poté discendere fino [VII-3] alle Grotte per un tratto di sentiero scosceso di circa mezz’ora di cammino, e questo mentre da circa due mesi appena poteva fare un tratto di circa venti metri per recarsi dalla casa paterna alla casa della sorella Maddalena sposata a Succetti Giuseppe. So pure della carità usata a certo Succetti detto Zampeder, vecchione di oltre 80 anni che di tanto in tanto chiamava in casa parrocchiale per dargli un pranzetto o per portarglielo sul piazzale della chiesa, dove il buon vecchione con altri due, Giovan Succetti e Pelasci passavano le intere giornate di bel tempo occupandosi il più delle volte in preghiere in chiesa e fuori. Ricordo che al Succetti Zampeder, che si doleva di lasciare due nipotini in questo mondo triste, la Serva di Dio diceva: « Chiamateli poi con voi intanto che sono innocenti ». Quindici giorni dopo la morte esemplarissima del Zampeder detto, i due figliuoletti dai 5 ai 7 anni, belli ed innocenti, furono seppelliti in un medesimo funerale con meraviglia ed edificazione dell’intero paese. Ricordo che la Serva di Dio consumava parecchie ore di notte in cucire vesti nuove e rattopparne di vecchie per i poveri. Nei giorni festivi colle donne del paese si occupava, col debito permesso, alcun poco in lavori di carità. Ricordo le sue ansie allo smarrimento di certo Succetti di Dasile, il quale compiute le sue devozioni al mattino - 522 -di una festa si smarrì e fu pianto [VII-4] perduto per tre giorni, e fu poi ritrovato. La Serva di Dio ne ebbe grande allegrezza, lo ritenne alcun poco in casa, non l’abbandonò più e lo fe’ oggetto di sue cure. Ricordo le molte cure che la Serva di Dio usava verso certi deficienti del paese, del Comune e del mandamento di Chiavenna, per il cui collocamento ero io interessato presso il Cottolengo di Torino, dove io mi recavo le due o tre volte ogni anno con una comitiva di tali infelici. Non è a dire con quanta fede di quei miseri ne parlava a me stesso, con quanta fede ne parlava ai parenti, come ne godeva in saperli ricoverati. Si dava poi cura per aiutare per la provvisione di un discreto corredo. So che le parole ed i consigli della Serva di Dio incuoravano me a proseguire nelle opere di carità e praticamente infervoravano gli altri, quasi discorsi attinti alla grazia e ad un certo dono soprannaturale. Ricordo parimenti le cure più che ordinarie della Serva di Dio, quando si trattava di mandare giovani a monacarsi nelle case di Mornese (di don Bosco) o nella casa del Cottolengo di Torino, come dirò in altro luogo.
XXVII. So che il Comune di Piuro aveva nominato maestro me stesso, dotato di regolare patente ma, per certi principii d’intransigenza mostrati in un libretto del 1872 5, Ammonimenti al popolo di campagna, l’autorità scolastica non approvò la nomina, ed allora [VII-5] il Comune, conosciuta l’abilità, la pazienza, la stima che in paese godeva la Serva di Dio, a lei stessa commisero l’ufficio di insegnante in scuola mista. L’esito fu di generale soddisfazione alle famiglie ed ai reggenti del Comune. La Serva di Dio compiva il suo ufficio con tanta soavità di modi e con tanta energia di parola, da non aver bisogno né di minaccie né di castighi. Quindi non ebbe mai osservazioni in contrario da nessuno. Usava economia per sé, onde avanzare regali per i suoi allievi, specialmente per oggetti di cancelleria per gli scolari. Negli esami annuali riscoteva le lodi generali, di cui la Serva di Dio non era punto desiderosa. So che lo stipendio che percepiva veniva poi consumato in casa - 523 -e in opere di carità, benché ella mostrasse di non avere diritto di sorta a disporre a suo talento del medesimo stipendio.
So che gli scolari della Serva di Dio crescevano, sotto la sua guida, alla pietà ed ai sensi di gratitudine verso la loro maestra.
XXVIII. Io non mi sono accorto giammai che nella scuola o negli oratorii festivi la Serva di Dio mostrasse sentimenti di parzialità o tanto meno di genialità verso persona veruna né verso qualsiasi ragazza. So che dominante in lei era rettitudine di intenzione, ossia un agire per puro spirito di fede. Nelle conversazioni e nei trattenimenti era un parlare dolce ed amorevole per [VII-6] attirare a sé i cuori e per dirigerli a Dio con discorsi spirituali. Rarissime volte una giovane partecipava a conversazione o ballo notturno, pure nella stagione di carnevale. Accadendo però, la Serva di Dio se ne rammaricava, ne parlava biasimando l’errore e compatendo la colpevole, la quale però raro è che non si ravvedesse. Tale fu il caso di certa Rogantini di Dasile, che poi finì col dare cattivo esempio di sé, benché la Serva di Dio l’avesse accostata e fatta accostare più volte per ricondurla a Dio.
XXIX. So molto bene che avanti a cominciare opere di bene si raccomandava al Signore e non moveva passo senza essere moralmente sicura dell’esito felice: era però ape argomentosa che sapeva raccogliere senza disperdere; non rammento che venissero giammai lamenti né da genitori né da altre persone, anzi aggiungo che quando si sapeva o si supponeva un’opera buona proveniente dalla Serva di Dio, tosto detta opera si accettava senza discussione. Si diceva: « È la Caterina che fa o dice, questo basta ».
Io dovetti fare pratiche di ben tre anni per ottenere il permesso di farmi surrogare in parrocchia e portarmi da don Bosco per indurlo ad una fondazione in diocesi. In questo periodo naturalmente i savognesi movevano lagni sul probabile abbandono del luogo da parte mia e da parte della Serva di Dio. Però bene spesso piagnucolavano [VII-7] presso la medesima, in modo speciale le persone più assidue alla chiesa. Ma la Serva di Dio soggiungeva che nessuno è necessario a questo mondo, che il Signore avrebbe provveduto altrimenti e meglio. E ciò asseriva con pieno convincimento della propria nullità. - 524 -All’atto poi della partenza, le giovani che aveva aiutato ad educare non avevano fine a raccomandarsi alle sue preghiere, e non solo queste, ma tutte in genere le persone d’ambo i sessi accomiatandosi dalla Serva di Dio dicevano: « Caterina, pregate per noi e non dimenticate Savogno. Veniteci a trovare e anche noi verremo a trovarvi, perché senza di voi sembra che non possiamo stare ». Nel fatto poi, le giovani del paese mantenevano corrispondenza epistolare di vita cristiana spirituale colla Serva di Dio, e almeno una volta o due all’anno una comitiva di cinque o sei giovani venivano per un viaggio a piedi di circa cinque ore per istrade nevose, ambasciatrici dei saluti, dei desiderii di molte altre persone di Savogno. Dimoravano poi qualche giorno in conversazione edificante colla Serva di Dio e se ne partivano riportando in famiglia e nel paese le buone impressioni riportate dalla visita alla Serva di Dio.




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Originale: 1870; si tratta di Saggio di ammonimenti famigliari per tutti ma più particolarmente per il popolo di campagna (1872), pubblicato nel vol. iii della presente collana, pp. 1-95.


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