Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione C. Guanella
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Deposizione sulla serva di Dio Caterina Guanella (1910)

Fede

Sessione XII - 28 novembre 1910

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Sessione XII 13 - 28 novembre 1910
LIV.[XII-2] Mi consta da osservazioni nella casa paterna e poi nella parrocchia di Savogno che ancor giovinetta e per tutta la vita dava la massima importanza alla meditazione, co­minciando dai 15 anni circa, sotto la guida dello zelantissimo prevosto Bianchi don Gaudenzio, il quale lasciò memoria felicissima di zelo e santità. Io teneva d’occhio la Serva di Dio nel suo meditare lunghissimo al mattino per qualche ora prima dell’avemaria nella sua camera e poi in chiesa, per quel maggior tempo che le permettevano le sue occupazioni. Negli ultimi anni la nostra buona mamma, che conosceva l’indole della figlia, lasciavale libertà ed allora anche per l’intera [XII-3] mattinata, sino alle undici, passava le ore nella chiesa sdigiunandosi solo al mezzodì. In quel fervido pregare io vedea, ed altri con me, la Serva di Dio raggiante nel volto: si sarebbe detta estatica, non si accorgeva dei rumori e delle persone che le passavano intorno, non avrebbe mai rotto il silenzio per continuare fervida nella sua unione con Dio. Colle persone confidenti, per esempio le cognate Marianna e Margherita, che le parlavano giunta da chiesa, poneva l’indice alle labbra quasi per dire: « Mi fareste piacere a non interrompermi nelle mie comunicazioni con Dio ». Quando la buona mamma scusava la figlia presso il padre che, di fibra ardente benché di fede robusta, - 537 -avrebbe veduto meglio nella figlia disinvoltura e attività maggiore, allora il padre soggiungeva: « Il pregare di Caterina ci farà meglio che il lavorare ». Sarei troppo lungo se descrivessi lo specialissimo fervore di preghiera nelle novene e nelle festività più solenni dell’anno. Ne parlava tanto tempo prima e coi suoi discorsi persuadeva le sorelle, le amiche e più tardi le figlie della parrocchia di Savogno e in ultimo le Figlie di Maria di Campodolcino, delle quali era superiora, a fare lo stesso. I suoi esempi erano calamita così attraente che parecchie figlie e nipoti venivano da Gallivaggio, da Chiavenna, da Savogno per trattenersi alcun poco con lei. Da Savogno venivano le figlie Succetti, Motalli, Rogantini. Da Chiavenna [XII-4] venivano le nipoti Buzzetti, da Gallivaggio le Sterlocchi, da Montespluga le nipoti Gianera. Dessa poi conversava con tanto fervore di Dio e del paradiso che prevedendo la sua prossima fine taluna volta diceva: « Dimorate ancora un poco perché io non potrò più vedervi ». Parecchie di queste figlie trasse al culto ed al proposito di verginità.
LV. La Serva di Dio io la vedeva vivere di fede e di carità nella santissima Eucarestia. Generalmente nelle domeniche e nelle feste ci trovavamo insieme nella chiesa di san Rocco in Fraciscio per ricevervi ambedue i santi Sacramenti. Io, minore di lei, riceveva anche nei giorni antecedenti esortazioni dalla Serva di Dio per bene accostarmi. Vedeva poi che colle sue compagne ed amiche s’infocava a discorrere spesse volte ed emulare il fervore delle giovani più esemplari.
Nella gioventù si comunicava più volte (cioè tre o quattro volte) alla settimana; dopo i trent’anni circa, quotidianamente. Quanto all’apparecchio ed al ringraziamento, io rimaneva non solo edificato ma ammirato: entrava ella in chiesa assai prima di me, nei primi albori del mattino, ed era ultima ad uscirne, a sole alto. Nella continuazione di tale frequenza aveva talvolta contrarii i fratelli e le sorelle, aveva contraria l’abitudine del tempo, residuo di giansenismo.
LVI. [XII-5]Sceglieva nella chiesa il suo posto in angolo ­remoto; prostrata, inginocchiata sul banco, vi rimaneva come un angelo di marmo adoratore, non sentiva i rigori del ver­no benché fosse bagnata nelle vesti; interrogata, raro si dava - 538 -per intesa, per questo la Serva di Dio passava per modello di devozione, per modo che, incontrandola anche per via, ella abbassava lo sguardo e gli altri parimenti, o rispondeva al saluto con un semplice accento di carità.
LVII. Oggetto della sua meditazione erano i libri di san­t’Alfonso e quindi i novissimi e la passione di nostro Signore Gesù Cristo. Nel suo lungo meditare apprese il suo metodo di vita che si allegherà alle posizioni ed agli articoli e così di suo pugno scritto, intestato: Metodo di vita che io intendo di osservare per tutta la mia vita, non però sotto voto o peccato.
Riguardo alla passione di nostro Signore Gesù Cristo, la Serva di Dio mostravasi intenerita nell’esercizio della Via Crucis, che faceva nella chiesa di Fraciscio dopo la Messa domenicale; io stesso e molti con me dopo la Messa saremmo usciti di chiesa, ma la Serva di Dio apriva tosto la Via Crucis con tal fede e la proseguiva con la dicitura tanto divota, intera e spiccata e nel medesimo tempo sollecita, che bisognava per forza dimorarvi sino alla fine.
Tal pio esercizio praticava con le confidenti ed amiche nella discesa ed anche nella salita da Fraciscio a Campodolcino e viceversa, dove si recava. Che la Serva di Dio tenesse fissi [XII-6] certi punti come stazioni lungo la strada, io l’ho inteso dire più volte, benché personalmente non l’abbia marcato.
LVIII. La definizione dell’Immacolata eccitava nella Serva di Dio devozione tanto intensa da muoverla a solenni pratiche nella novena e solennità dell’Immacolata. E non solo, ma venerava la Vergine in tutti i suoi misteri e nelle sue feste e nei suoi santuarii. Dopo che in Gesù Cristo, la sua confidenza era nella Vergine benedetta. Ricordo con tanta edificazione il suo fervore nel mese di maggio, di recente introdottosi, delle mortificazioni al sabato, del suo gran lavorare per ornare gli altari della Vergine santa. Era pure divotissima dei santi, specialmente di quelli della valle e del mandamento, educata in ciò dal padre il quale, nelle serate invernali dopo il santo rosario, soleva passare in rassegna un altro rosario di Pater ai santi delle vallate circostanti. Tenerissima la sua devozione a san Rocco, in apparecchio alla festa del quale impiegava settimane intere in esercizio di canto colle compagne: radunava qualche settimana - 539 -prima legna per falò nella vigilia del detto santo, patrono del luogo. Il canto era ordinato a condecorare le sacre funzioni nella solennità del santo. Vivissima la divozione della Serva di Dio ai patroni della parrocchia, santi martiri Primo e Feliciano  14, santa Maria Maddalena di Pianazzo, san Guglielmo e più altri.
LIX. [XII-7] Ai tempi parmi della Serva di Dio non guari si parlava del papa, ma ricordo che la Serva di Dio ne parlava con venerazione altissima. All’avviso del vescovo per la santa Cresima, pareva estatica di ammirazione. Dei sacerdoti ne parlava pure con grande venerazione, ne compativa i loro difetti. Il padre, uomo di fede e di autorità che per 24 anni resse il Comune, era rigoroso e non la perdonava nella sua franchezza di carattere, e non poche volte correggeva quelle abitudini che nei sacerdoti del luogo a lui parevano difetti. Ora non è a dire quanto la Serva di Dio se ne addolorasse e come alzasse la voce in difesa, anche se la critica fosse giusta, parendole sconveniente che il laico, per qualsiasi titolo, toccasse la fama del sacerdote. Ed in questo argomento posso ricordare del sacerdote cappellano Francesco Mascioni, il quale, benché degno sacerdote, conduceva vita un po’ secolaresca.




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13
La sessione xi, tenuta il 22 novembre 1910, fu riservata alla nomina di due giudici aggiunti.


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Feliciano non è compreso tra i santi tradizionalmente venerati nella chiesa parrocchiale di Campodolcino; cfr. Gian Giacomo Macolino, Istoria della miracolosa apparizione di Maria Vergine in Gallivaggio, Milano 1708, pp. 259-260. I fratelli Primo e Feliciano sono ricordati nel Martirologio romano alla data del 9 giugno.


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