Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione C. Guanella
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Deposizione sulla serva di Dio Caterina Guanella (1910)

Carità verso Dio

Sessione XIV - 2 dicembre 1910

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Sessione XIV - 2 dicembre 1910
LXXI. [XIV-2] La Serva di Dio in tutta la sua vita, ma specie negli ultimi anni di vita, curava più gli altri che se stessa.
In Savogno era tutta per promuovere la Comunione frequente, il decoro delle funzioni di chiesa, la perfezione delle anime. Era consultata come una buona maestra di spirito. Del paese, già buono prima, si diceva di poi che Savogno si poteva circondare di mura e sarebbe stato un sol convento. Faceva scuola serale e festiva alle giovani del paese. Cooperò assai perché una decina di buone figlie entrassero, monacandosi, nelle case del Cottolengo e di don Bosco, facendo tutte ottima prova. Di talune, come Anna Succetti, Maria Succetti e Caterina Succetti, se ne scrissero cenni biografici ad edificazione  17. Cooperò non poco perché nella carriera ecclesiastica fossero avviati taluni giovanetti, fra i quali Pietro Buzzetti, attuale parroco di Carate Lario. Le Comunioni frequenti erano una trentina quotidianamente in Savogno e lo si doveva molto anche alla Serva di Dio, che [XIV-3] in modo straordinario sapeva curare le circostanze del momento per lasciare in ognuno pensieri di fede e di carità. - 547 -Promosse il culto di san Giuseppe dietro la lettura del mensile Il Devoto di san Giuseppe di Modena; le Figlie di Maria a Campodolcino animò coll’esempio e colle parole. Promoveva le confraternite del Carmelo, della Cintura a Savogno, dell’Addolorata a Campodolcino, delle giovani della Compagnia di san Luigi a Fraciscio. La Serva di Dio confidava anche a me, di tempo in tempo, le premure del suo zelo per animare sempre più queste pie congregazioni. Ricordo che trattandosi di levare qualche scandalo, di far ravvedere qualche sviato, si assumeva un sacco di pie pratiche ed anche di mortificazioni e penitenze e non aveva fine di raccomandare a tutti la salvezza di un’anima. Lavorava e faceva lavorare per il decoro della chiesa, e diceva alla mamma nelle ore di riposo: « Intanto che riposo, lavoro per il Signore: siete contenta? ». Alle compagne diceva: « Intanto che è festa, divertiamoci a cantare e lavorare per il Signore. La chiesa è il nostro paradiso in terra. Oh quanto dovremmo adoperarci per il decoro della chiesa! ». Ed in Savogno, a quelli che credevansi troppo sovente disturbati dai lavori per i restauri della chiesa, di costruzioni pie varie già accennate, diceva: « Il Signore che non lascia senza ricompensa un solo pensiero buono, oh quante mercedi darà a quelli che con molto sacrificio si ado­perano per il [XIV-4] decoro della sua casa! E poi la chiesa non è tanto per Iddio, come la è per il bene delle anime nostre ».
LXXII. Stando la Serva di Dio in Fraciscio, ascoltava quo­tidianamente la santa Messa, dimorando in chiesa una mezz’ora prima ed un’altra dopo. Alla sera ripeteva spesso alle sorelle ed ­alle compagne: « Adesso è l’ora bruciata crepuscolo andiamo alla perdonanza » (visita per mezz’ora al Santissimo Sacramento). Nei giorni festivi era tutta con Gesù in Sacramento. Negli ultimi anni avrebbe passate tutte le ore del giorno in adorazione continuata. Uscendo dalla chiesa, era tutta assorta in Dio. Si sarebbe detto che le locuzioni di Dio alla sua Serva l’avessero come imparadisata. Fece il viaggio con me da Campodolcino a Traona per visitare il fratello don Lorenzo. In tutte le chiese, per un ­viaggio a piedi di otto ore, diceva: « In questa chiesa fermiamoci per salutare il Signore, che intanto ci riposiamo anche un poco ».
Quest’abitudine era diventata col tempo in lei connaturale. Ricordo che giungendo a casa ad ora tarda del mattino, - 548 -­rispondeva alle osservazioni della madre: « Che volete? Io voleva fare le mie divozioni e sentire anche la Messa; non ho potuto a Campodolcino, nemmeno a Prestone, ho dovuto andare fino a Gallivaggio » (14 km di viaggio andata e ritorno).
Ripeteva la mamma: « Allora avrai visto la sorella Maria Orsola (Sterlocchi)? ».
Rispondeva la Serva di Dio: « Non ho [XIV-5] potuto, perché l’ora era già tarda e poi mi rincresceva dare incommodo. Si sa che lei ha famiglia numerosa ».
« Dunque, sei digiuna ancora? ».
« Sì, ma questo non fa niente ». In dire, se ne scusava e diceva: « Io so che con questo mio fare reco disturbo e noia, ma cerco che pochi se ne avvedano, meno che si possa: se non faccio così non mi trovo a posto e voi mi scuserete. Lavorerò con maggior alacrità nel resto della giornata e di sera ».
Con i fratelli che meno capivano il suo spirito, usava industrie varie di umiltà e di nascondimento.
Stando dinnanzi al Santissimo Sacramento rimaneva per un tempo fissa e immobile, indi apriva i suoi libri (di sant’Alfonso, di san Francesco di Sales Filotea, Riva Filotea, Miglioretti Della verginità 18) e poi tanti biglietti e foglietti che teneva legati in un volume abbastanza grosso, perché avrebbe voluto abbracciare tutto quello che le sarebbe sembrato buono. Scrisse un sunto del Quadrupani.
LXXIII. Che abbia avuto il dono delle lagrime è indubitato; che usasse sforzi per nascondersi è pur noto a più persone, per esempio la nipote Maria Sterlocchi, certa Penchi di Campodolcino, eccetera. Io ricordo che in famiglia qualche volta si diceva: « La Caterina qualche volta si nasconde a piangere e non si sa perché pianga ». La mamma, che conosceva un po’ lo spirito, interrompeva: « Lasciatela, lasciatela, non piange per capriccio ». [XIV-6] Questo avveniva dai venti ai cinquant’anni, quando si sa che nella Serva di Dio erano maggiori le pene di spirito, ovvero che in sé sentiva più pieno il fervore della divozione. La facevano piangere le meditazioni sulla passione - 549 -di Gesù Cristo e dell’Addolorata, che nella parrocchiale di Campodolcino ottiene culto speciale. In tutto questo non si notava nessuna affettazione.
LXXIV. Nel regolamento di vita della Serva di Dio si legge: « Non dormirò più che otto ore », ma non ne dormiva che sei o sette. S’alzava in ogni stagione alle tre del mattino, pregava per due ore in camera, genuflessa sopra un genuflessorio (sgabello senz’appoggio) barcollante. stavasi immobile e quasi estatica. Testimonio in parte io stesso, che dormiva in camera attigua, ma ne testifica la nipote Angelina Sterlocchi che per tre invernate dormiva nella camera stessa della Serva di Dio: ora l’Angiolina Sterlocchi è maestra a Piantedo.
All’avemaria andava alla chiesa, ora a Fraciscio, quando a Campodolcino e quando fino a Gallivaggio, per le sue divozioni e vi rimaneva lungamente, come ho detto. Ricordo che le mie impressioni erano quelle di un’anima che in sé sente profondamente le gioie ed i dolori di un cuore tutto di Dio. Tali erano le impressioni mie ogni qualvolta vedeva io pregare la Serva di [XIV-7] Dio e tali erano le impressioni che provavano altri. La sua devozione era così schietta da allontanare ogni velleità di critica.
LXXV. La Serva di Dio ricordo molto bene che, sia in Fraciscio sia a Savogno, quando si portava il Viatico agli infermi, aveva le ali ai piedi per affrettarsi ad ornare le finestre dei luoghi dove passava il Santissimo, prestando sollecita qualche drappo anche ai vicini. Nelle processioni solenni del Corpus Domini si provvedeva tempo innanzi di arredi e di progetti per renderle più decorose. Me la ho presente che, lasciato tutto in casa al terzo segno, si affrettava in chiesa per accompagnare il Santissimo Sacramento e pregava a voce alta, divota, ed era prima al letto delle inferme suggerendo atti prossimi di preparazione e tosto dopo atti di ringraziamento. Nelle processioni solenni la sua voce bellissima e meravigliosa di soprano 19 dirigeva il canto divoto. Nel resto 20, mi rimetto al sopra detto.
- 550 -LXXVI. La Serva di Dio non aveva confine nel magnificare la misericordia di Dio verso di noi: manifestava tutta l’esultanza all’arrivo del parroco nuovo di Campodolcino, del cappellano nuovo di Fraciscio, e rimaneva desolata quando per scarsità di clero rimaneva vacante specialmente la cappellania di Fraciscio, ciò che a quei tempi avveniva di frequente. Diceva allora: « Quanto [XIV-8] bene di meno si fa, specialmente anche per i poveri defunti; pare di essere affatto sperduti, che fatica maggiore per fare un po’ di bene e confortare l’anima ». Per il resto 21, mi rimetto all’anzidetto.




p. 546
17
Cfr. >nota 4.


p. 548
18
Cfr. >nota 9.


p. 549
19
Originale: tenore; cfr. paragrafo xv, p. >513.


20
« Interrogetur: an particulari cultu SS. Eucharistiam prosequuta sit; qua reverentia genuflexerit ante eam; an comitata sit eam cum portaretur ad infirmos; et in adoratione libro uta fuerit » (sessione xcvii, p. 20).


p. 550
21
« Interrogetur: an loqui consueverit de bonitate Dei erga homines et quibus piis modis; an in suis pietatis exercitiis aliquid exageratum miserit » (sessione xcvii, p. 20).


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