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Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione C. Guanella
Lettura del testo
Deposizione sulla serva di Dio Caterina Guanella (1910)
Temperanza
«
»
[- 558 -]
T
emperanza
XCVIII
.
So
che la
Serva
di
Dio
, di
carattere
sanguigno
sensibilissimo
, molto
soffriva
ma molto si
annegava
, tanto che si
era
resa
come
morta
a se stessa. In
casa
e fuori le
dicevano
: « Ma come fai ad
essere
sempre
morta
così? Non
senti
niente? ».
Rispondeva
: « Sì, sì,
sento
,
sento
anche troppo:
sapeste
come mi
rodo
dentro
e come sono
cattiva
! Ma
cerco
‹
di
›
contenermi
, perché
mancare
di
pazienza
è un
momento
. Non vorrei
gravarmi
la
coscienza
per le
cose
e per le
persone
di questo
mondo
». Quindi in lei
era
sempre il
pensiero
di
rendere
bene
per
male
24
.
XCIX
.
So
che la
Serva
di
Dio
amava
il
canto
, come già
dissi
. Una
volta
, nel
carnevale
, in
famiglia
si faceva una
cena
modesta
.
So
che la
Serva
di
Dio
,
suggerita
dalla
madre
,
diceva
a me ed ai
fratelli
minori
: « Noi
andiamo
a
dormire
», e ci
teneva
nascosta
la
circostanza
di quella
cena
. In
Savogno
, nella
casa
vicina
alla
parrocchia
,
casa
detta
Mazzoletta
, per una
nottata
in
carnevale
si
divertiva
la
gioventù
in
ballonzare
un po’ e
- 559 -
mangiare
. Il
mattino
seguente
portavano
elemosina
di una
Messa
ed
Officio
al
curato
,
dicendo
: « Questo per una
Messa
ed
Officio
per i nostri
[XVI-5]
poveri
morti
,
caso
mai avessimo
fatto
qualche cosa di
male
in questa
notte
». Il
curato
rifiutò
dopo
qualche
anno
di
accettare
l’
elemosina
. Allora la
Serva
di
Dio
mi
diceva
: «
Povera
gente
! Certamente che sono da
disapprovare
, ma
povera
gente
! D’altra
parte
, quasi non si
saprebbe
che
dire
. Loro forse
crederanno
di non fare
gran
male
. Forse si poteva ancora
ricevere
l’
elemosina
della
Messa
e dell’
Ufficio
». Il suo
conversare
abborriva
da ogni
discorso
e
divertimento
mondano
.
C.
So
che la
Serva
di
Dio
mortificò
sempre il
corpo
coi
lavori
.
Giungeva
spossata
e
carica
di
strame
, di
fieno
che
portava
dagli
alti
monti
,
specie
nella
stagione
estiva
, come si
disse
che
lavorava
anche nelle
ore
di
riposo
. Quanto al
mangiare
,
spesso
digiunava
sino al
mezzogiorno
per
compiere
le sue
divozioni
. A
pranzo
ed a
cena
si
contentava
di
polenta
e
formaggio
, ovvero di
castagne
secche
bollite
, di
patate
semplicemente
bollite
. Quando
era
sola
disponeva
certa
farina
cotta
,
detta
melons
,
piatto
meschino
che
durava
parecchi
giorni
senza
prendere
l’
acido
.
Diceva
poi anche a me,
studente
di
filosofia
e di
teologia
: « Tu che sei
spesse
volte
solo e che ti
dispiace
il
cucinare
e non vuoi
perdere
tempo
per le tue
letture
, fa come faccio io ».
Invero
io mi
provava
, ma non poteva
reggerla
.
So
poi che alla
Serva
di
Dio
questa
grossezza
[XVI-6]
di
cibo
e
scarsezza
producevano
dolori
di
capo
,
indigestioni
,
spossatezza
di
membra
,
mali
nervosi
che la
rendevano
insonne
e
malorata
per molti
riguardi
.
Nascondeva
i suoi
malanni
o tutt’al più
diceva
: «
Soffro
, ma perché io sono troppo
delicata
». La
vidi
più
volte
in
ottobre
e
novembre
camminare
scalza
e senza
zoccoli
sul
terreno
brinato
per la
strada
di una
ventina
di
minuti
da
Fraciscio
a
Gualdera
. Io e la
mamma
garrivamo
la
Serva
di
Dio
, ma essa
rispondeva
: « Faccio così per
assuefarmi
a tutto: si
soffre
in
principio
e poi il
corpo
si
riscalda
, poi si
sa
che un po’ di
penitenza
bisogna farla ». Per sé
era
sensibile
al
caldo
e al
freddo
e perciò chi la
vedeva
, anche nei
massimi
rigori
di
ghiaccio
e di
nevi
invernali
,
passare
da
Fraciscio
a
Campodolcino
e
Gallivaggio
bagnata
e
durarla
da
summo
mane
- 560 -
a
mezzogiorno
, erano di
parere
che senza un
aiuto
straordinario
della
grazia
ciò non si sarebbe potuto fare da veruno e
durarla
senz’
ammalarsi
e
morire
.
CI.
So
che parecchi
anni
, e anche durante l’
inverno
, non
risiedendo
il
cappellano
a
Fraciscio
, la
Serva
di
Dio
superava
le
difficoltà
del
freddo
, della
neve
, del
ghiaccio
, dell’
oscurità
per
discendere
da
Fraciscio
a
Campodolcino
ogni
giorno
infallantemente
. A
Campodolcino
arrivava
anche
mezz’
ora
prima dell’
avemaria
e allora si
fermava
davanti all’
ossario
, non
[XVI-7]
essendo
aperta
la
chiesa
, ed ivi
pregava
per i
morti
.
Calzava
al
solito
scarpe
basse
. La
strada
, appena
mulattiera
, d’
inverno
era
coperta
di
neve
portata
dalla
tormenta
. In certi
tratti
, sotto un
leggier
strato
di
neve
, vi
era
del
ghiaccio
vivo
, per cui
era
grave
il
pericolo
di
cadute
, di
lussazioni
.
Raro
è che una
donna
anche di
giorno
pratichi
quella
discesa
da
sola
; gli
uomini
, poi,
amano
le
scarpe
di
ramponi
di
ferro
,
chiamati
grappelli
. Ma, che io mi
sappia
, la
Serva
di
Dio
non ne
usò
mai. Ebbene, la
Serva
di
Dio
faceva tale
discesa
da
sola
, di
notte
, nessuno
discendendo
in
dì
feriali
d’
inverno
alla
chiesa
. La
divota
pratica
della
Serva
di
Dio
era
nota
ai
compaesani
, i quali
dicevano
: « La
Caterina
ha il suo
angelo
custode
particolare
: è un
fatto
meraviglioso
. Noi non
sappiamo
come possa
continuare
quella
benedetta
creatura
».
Interrogata
,
rispondeva
: « A
dire
la
verità
, io mi
segno
all’
uscire
di
casa
e poi
continuo
a
pregare
e poi, per la
gran
pratica
, io
vado
e vengo con tutta
facilità
, quasi senz’
avvedermi
». La
nipote
Maria
Sterlocchi
, poi, mi
riferisce
che,
dovendo
passare
davanti la
casa
parrocchiale
, quei di
dentro
ne
marcavano
il
passo
. Allora la
Serva
di
Dio
camminava
in
punta
di
piedi
e poi per non
essere
avvisata
dell’
ora
intempestiva
del
mattino
, in
ultimo
si
era
risolta
di
scendere
a
picco
quasi, per certo
sentiero
detto
il
Moladino
, con
aumento
di
fatica
e di
pericolo
. A quelle
altezze
(
Fraciscio
a circa
1300
m
,
[XVI-8]
Campodolcino
a circa
1100
m
) il
termometro
discende
a 15
gradi
centigradi
sotto
zero
ordinariamente
, quindi si può
immaginare
come la
Serva
di
Dio
giungesse
colle
vesti
congelate
a
Campodolcino
. La
Serva
di
Dio
restava
in tale
stato
per
ore
parecchie in
chiesa
e per lo più senza
sdigiunarsi
e senza
entrare
in nessuna
casa
; benché il
parroco
nipote
colla
sorella
Maria
la
- 561 -
invitassero
,
ritornava
a
Fraciscio
verso
mezzodì
.
Interrogata
, la
Serva
di
Dio
rispondeva
: « Io proprio non
sento
il
bisogno
di
mangiare
, né di
riscaldarmi
: non
farei
che
perdere
il
tempo
e farlo
perdere
agli altri ».
Per me,
teste
,
pratico
perché
nativo
del
luogo
e
informato
delle
circostanze
, l’
esercizio
suddetto
continuato
per parecchie
invernate
sino alla
morte
è tale
fatto
da
riputarlo
non solamente
eroico
ma anche
meraviglioso
e
straordinario
affatto. Di questo
sentimento
erano
pure
le
persone
di
senno
che ne
osservavano
i
passi
.
CII
.
So
che la
Serva
di
Dio
osservava
i
digiuni
della
Chiesa
con
scrupoloso
rigore
tutti, ma specialmente quelli della
Quaresima
. In questi
ultimi
aggiungeva
la
mortificazione
di non
bere
vino
giammai e
diceva
poi alle
sorelle
ed alle
amiche
: «
Guardiamo
poi di non
rompere
la
Quaresima
in quest’
anno
. Io per me non
verrei
nemmeno alla
fiera
di
San
Giuseppe
in
Chiavenna
, perché
là
v’è quel
benedetto
nostro
cognato
[XVI-9]
Guglielmo
(
Sterlocchi
) il quale, non lo farà con
cattiva
intenzione
, ma ci
aspetta
al suo
crotto
e ci
tira
dentro
per farci
bere
. Oh che
stizza
! Io faccio anche la
screanzata
e
scappo
via
indignata
, perché
rompere
la
Quaresima
è una
gran
pazzia
». La
Settimana
santa
la voleva
passare
con
polenta
ed
acqua
, senza
companatico
, e
diceva
: « Anche quel
buon
barbone
di
muratore
—
era
un
buon
cristiano
,
muratore
forastiero
di
vall
’
Intelvi
che
lavorava
in
casa
—
nella
Settimana
santa
fa così. Si
stenta
a fargli
bere
un po’ di
siero
. Eppure
vedete
come fa
girare
quella
cazzuola
a
rab
boccare
25
i
muri
della
casa
». Noi di
famiglia
osservavamo
con
sorpresa
tale
fatto
, ma ben
conoscendo
la
pietà
della
Serva
di
Dio
si
diceva
: «
Lasciamola
fare: la
Caterina
non si
sa
come
faccia
, ma bisogna
lasciarla
fare e si
vede
che il
Signore
l’
aiuta
».
Da
giovinetta
ricordo
che la
Serva
di
Dio
per
sfamarsi
voleva
contentarsi
dei
pomi
di
terra
cotti
, come si
dice
, sotto l’
acqua
.
Sentiva
il
bisogno
di
nutrirsi
con qualche
abbondanza
e il faceva con questo solo
cibo
.
Probabilmente
le
gravavano
di
notte
lo
stomaco
, onde al
mattino
raccontava
i
sogni
strani
e
- 562 -
l’
immobilità
di
persona
da cui di
tempo
in
tempo
era
sorpresa
. In questo io non
vedevo
intemperanza
di
sorta
, ma
piuttosto
un
effetto
di
debolezza
cagionato
da
cibo
poco
nutriente
.
p. 558
24
Cfr.
Rm
12, 21.
p. 561
25
Originale
:
riboccare
.
«
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