Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Deposizione Bosatta
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Deposizione sulla serva di Dio suor Chiara Bosatta (1912)

‹Vita religiosa›

Sessione VIII - 19 agosto 1912

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Sessione VIII - 19 agosto 1912
XXVIII. Continuazione
c) [118r]Depongo che a seguito delle preghiere e della offerta fatta dalla Serva di Dio per la sua sorella superiora, questa in breve tempo, neppure in una settimana, migliorò contro l’aspettazione di tutti e dei medici dottor Re di Rezzonico e dottor Roncoroni di Pianello, i quali affermarono essere questa la guarigione di uno sopra cento; la convalescenza fu pure brevissima cosicché suor Marcellina fu subito restituita ai suoi uffici. In me e in poche altre della casa la guarigione di suor Marcellina, per quanto umanamente insperata, era sempre ritenuta come un fatto sicuro per effetto delle preghiere che la Serva di Dio diceva di aver fatto, in una al sacrificio della sua vita per ciò stesso. In questo sentimento mi raffermai [118v] ancora più quando la sentii esprimersi con queste parole significative: « Adesso io ho fatto tutto ». Devo anche aggiungere che spesse volte ebbe ad esprimersi nei riguardi della casa in queste ed altrettali maniere: « La casa andrà avanti; Dio benedirà la casa ».
Nel corso di quest’ultima sua infermità, specialmente gli ultimi tre mesi, ella riceveva divotamente tutti i giorni la santissima Eucaristia, alla quale pregava che io la preparassi con qualche breve esortazione. Noto in particolare la cura scrupolosa di mantenersi digiuna con grandi stenti per comunicarsi. Le capitò una volta che la sua infermiera Agnese Morelli, - 659 -suora, si fosse scordata di darle il solito ristoro medicinale prima della mezzanotte ed ella non sapendo dell’ora lo prese da sé; subito dopo avvedutasi che era sorpassata già d’un poco la mezzanotte ne ebbe e manifestò un grave rammarico, indi raccoltasi un poco in sé di botto esclamò: « Ciò non succederà più un’altra volta ». Un’altra volta infatti poco [119r] prima di mezzanotte la Serva di Dio sentì la voce della infermiera che la avvertiva essere vicina la mezzanotte e che prendesse il suo ristoro: il che prontamente ella fece. Ma intanto suor Agnese dormiva; appena fu desta (e tutto ciò io seppi dalla stessa suor Agnese) la Serva di Dio la interrogò: « È stata lei a chiamarmi prima della mezzanotte per il ristoro? ».
« Ma io no » rispose suor Agnese.
« Allora replicò la Serva di Dio sarà stato il mio angelo custode ». Avvicinandosi la sua fine, ella aumentava sempre gli atti della più fervente pietà per la preparazione alla morte prossima; in una a questo crescevano, come io stesso ebbi a rilevare, le sue pene interiori, tra le quali ella a sostenersi si stringeva fortemente al suo Crocifisso, che teneva sempre a sé vicino, esclamando: « Io vi ho crocifisso, sono stata io, perdonatemi! Misericordia, mio Dio! ». E mai da lei si ebbe alcun atto od espressione di impazienza, sibbene sentendo in se medesima la forza del male e degli interni affanni, tra le sue contrazioni [119v] e l’occhio languido lasciava trasparire la sua piena uniformità al volere di Dio. A questo proposito richiamo che ella stessa m’ebbe avvertito che quando l’avessi scorta nell’accasciamento e languore pressoché morente, la confortassi con una giaculatoria indulgenziata da lei medesima suggeritami e che suona perfetta rassegnazione e fiducia in Dio; ricordo presso a poco queste parole: « Salvate l’anima che avete redento col vostro sangue ». In quei momenti io credendo imminente la sua fine, per tre o quattro volte so di averle impartita la sacramentale assoluzione sub conditione. Devo anche dichiarare che alle predette sue estreme pene interiori si alternavano consolazioni spirituali equipollenti; da un momento all’altro ella cambiava d’aspetto: prima atroci sofferenze poi espressioni, e dagli occhi e da tutto il viso, di ­interna gioia e tranquillità; espressioni come questa: « Che ­contentezza! Io vedo il Signore! Che bellezza di paradiso! ». - 660 -E stringendosi tutta in sé: « Io muoio di contentezza! Che bello morire e volare [120r] in paradiso! ». Faccio notare che queste interne pene e consolazioni si avvicendavano in lei da ben tre mesi, come io le ebbi a scorgere. Altre volte in questi suoi avvicendamenti di gioia spirituale, avvicinandosele per qualche cosa la sorella suor Marcellina e suor Agnese, come esse mi ebbero a dichiarare, faceva cenno che si allontanassero dicendo: « Via, via, che non mi lasciate vedere il Signore ». Qualche ora prima della sua morte, avendo suor Agnese acceso in camera un fuocherello, essendo io presente, esclamò: « Via, via quel fuoco »; questa espressione io subito la interpretai nel senso che essa non volesse aver che fare col fuoco del purgatorio. In quelle circostanze e mezz’ora prima di spirare, io volli introdurre di traforo alcune orfanelle che la vedessero per l’ultima volta, ma essa subito ad esclamare, facendo intendere che si allontanassero: « Via, via le orfanelle ». Come volesse far evitare a loro impressioni dolorose. Mi aveva detto il giorno prima: « Presto presto io resterò secca secca, ma e faceva cenno in alto con le mani l’anima, [120v] l’anima... ». Faccio pure notare che tre ore prima della sua morte, dovendo io recarmi nella vicina parrocchia di Musso, nella quale eziandio era economo spirituale, per la dottrina quaresimale ai ragazzi, la Serva di Dio mi manifestò il suo desiderio che ritornassi presto dicendomi, come anche alcuni giorni prima: « Venga presto, venga presto, perché io voglio e devo morire nelle sue mani ». E prima e in queste ultime ore della sua vita, quando io le annunciavo la vicinanza della sua fine dicendole: « Oh, ancora pochi giorni e poi avrete il paradiso! », ella esclamava con ansia: « Come sono lunghi anche pochi giorni! ». E poche ore prima della sua morte, avvisandola che omai le restavano soltanto dei brevi momenti di vita, ed essa con sempre crescente ansia ad esclamare: « Ma anche poche ore come sono lunghe ad andare in paradiso! », sempre manifestando il suo desiderio di essere eternamente con Dio. Essendo imminente la sua fine, io esposi il Santissimo Sacramento all’adorazione in chiesa per la sua agonia e la Serva di Dio, essendo stata ragguagliata [121r] della pia funzione, manifestò tutta la sua riconoscenza, come anche per le preghiere che sapeva farsi per lei e nell’ospizio e dalle Figlie di Maria (n. 70 orsoline). Ricordo i santi - 661 -olii di averglieli amministrati qualche tempo prima e forse due volte durante la malattia. E mentre io le raccomandavo l’anima, presente suor Agnese e non so se qualche altra, la Serva di Dio chiuse santamente gli occhi.
A richiesta del giudice delegato. Se la Serva di Dio avesse dato segno di sua particolare divozione al sacro Cuore di Gesù, specialmente lungo l’ultima malattia, il teste rispose:
So che al sacro Cuore di Gesù portava specialissima divozione e ne teneva il manuale della divozione tra i suoi libri speciali di pietà, e una divozione particolare professava eziandio alla santissima Vergine addolorata. Alla sua morte si manifestò fra tutti quanti la conoscevano, segnatamente tra le settanta orsoline che dicevano: « Adesso l’abbiamo protettrice in paradiso! », si manifestò unanime [121v] sentimento non tanto di rimpianto come di venerazione verso di lei, così che da tutte parti si esclamava: « Se non è santa quella !... Se non è santa quella !... Quella è una vera santa che pregherà per noi! ». Io poi in particolare, per la grande e santa impressione che mi faceva quell’anima, e prima che morisse e soprattutto appena morta manifestai a me stesso e anche (dopo morta) alla sorella Marcellina il desiderio di levarne il cuore e vedervi dentro conservandolo religiosamente in casa. Fu la superiora Marcellina che mi contrastò il mio desiderio dicendo: « No, no, che crederei di farle male! ».

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