Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Leonardo Mazzucchi
L. Mazzucchi, Fragmenta
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Leonardo Mazzucchi FRAGMENTA VITAE ET DICTORUM SACERDOTIS ALOYSII GUANELLA (1912-1915)

II Dopo la data suddetta in varie circostanze

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II
Dopo la data suddetta in varie circostanze
1. In seminario ero afflitto dal mal di testa, che mi doleva anche solo a far le scale.
2. I somaschi volevano farmi dei loro, ma non volli. Così più tardi monsignor Frascolla, così in principio don Bosco.
3. Andando a Valsalice in vettura con don Bosco, mi domandò come provvedere un sostegno alla congregazione. Io dissi: « Faccia una specie di Terz’ordine, così e così ». E don Bosco: « Si spieghi, ci pensi ». Ne venne fuori l’organizzazione dei cooperatori salesiani.
4. Nel della prima Comunione, in valletta di fronte a Fraciscio (Gualdera) s’appartò a pregar la Madonna e gli sembrò vedere le sue opere future. Don Luigi se ne confidò al nipote don Costantino 3.
5. A Pianello tutti gli andavano dietro, anche giovanotti: nessuno anche dalle sue parole di scherzo si riteneva offeso. Lo vidi poi accarezzare persone che gli avevano fatto del male (Innocente Crosta, eccetera).
6. [3] Verso il 1870 egli scrisse gli Ammonimenti al popolo di campagna 4 e dedicò il libro a monsignor Carsana. Egli accettò la dedica e ne scrisse. Si disse poi che questo fu causa del negato placet al vescovo, e per vent’anni don Luigi fu avversato anche dalle autorità ecclesiastiche Così don Luigi a me. A Como poté stabilirsi perché il prefetto ne pregò l’autorità ecclesiastica. Monsignor Carsana credette e fu debole. Monsignor Merizzi gli fu sempre contrario. Egli nel 1891 (10 settembre), nel pellegrinaggio comasco a Castiglione delle Stiviere, presentò al novello vescovo Ferrari i suoi preti comaschi. C’era anche - 965 -monsignor Sarto. Don Luigi non fu presentato. Altri lo presentò. E monsignor Ferrari: « Ah, è quel prete di cui oggi a tavola si è mormorato un po’? ». « No, no » rispose imbarazzato monsignor Merizzi. « Sì, sì insistette Ferrari Io lo conosco bene... ».
7. Una volta in congregazione foranea a Como monsignor Valfrè uscì a dire: « Sono stato da don Luigi e vi trovai del disordine... ». Non s’era accorto che don Luigi era presente. Passato poi a Vercelli, fu tutto di don Luigi, gli scrisse, l’invitò.
8. Don Luigi aveva chiesto il trasporto di monsignor Nicora a Como 5, ma non si volle per timore di sospetti politici.
9. In seminario don Luigi si distingueva per il fervore, la pietà, la devozione. (Confidenze di don Leone Ostinelli).
10. [4]Don Luigi nei primi tempi chiese di stabilirsi a San Bartolomeo 6. Monsignor Scalabrini non volle. Negli ultimi anni di vita don Luigi s’incontrò con lo Scalabrini a Roma 7 e gli disse scherzando: « Si ricorda? Lei ha qui una casa, io pure ne ho qui due... ».
11. Soleva scambiare la parola con tutti, trattarli con confidenza anche se non li conosceva, e nessuno si risentiva: sempre una parola buona. Li conduceva alle volte ad una visita in chiesa, a sentire una Messa (udiva il maggior numero possibile di Messe); si ricorreva a lui per preghiere, per grazie: nel 1912 la contessa Dal Verme gli chiedeva la guarigione. Tutti soleva scusare, s’atteneva al criterio di rispettare le autorità e di ­giustificarne le buone intenzioni. Osservava che alle volte non - 966 -volevano compromettersi nelle opere, a cui lasciavano libertà. Diceva: « Facciamo quel che Dio ispira, finché l’autorità non lo proibisce ». Diceva: « Bisogna avere fede grande e poi verranno i mezzi: chiedere denari a chi ne ha, trovare benefattori che desiderano di divenirlo, trattare tutti bene dando foglietti, notizie, immagini, eccetera, diffondere molta stampa, sia per nostra pubblicità e anche per diffondere le idee buone, favorire la divozione di sant’Antonio e altre divozioni per avere mezzi e poi anche far compiere atti di vita soprannaturale, di fede, di speranza, di carità... ».
12. La prima idea fu quella d’un vincolo di carità: maturò poi l’idea d’una congregazione approvata 8.
13. [5]Suole chiamarsi « da niente ». Don Bacciarini predicando per la prima Messa d’un prete novello, don Taramelli (1910), elencò don Luigi tra i preti santi. Don Luigi era presente. Dopo la Messa protestò, rimproverò pubblicamente don Aurelio. Altra volta protestò con lo stesso per un articolo sulla Divina Provvidenza intitolato Venga Don Luigi9.
14. Disse un giorno: « Quando ero solo, lasciavo fare; ora che ho dei figli, devo qualche volta difenderli e farmi sentire dai malevoli che li accusano ».
15. Non tollerava le bestemmie. Una volta sul battello nel lago di Como prese con mano un bestemmiatore e lo fece ­tacere.
16. Per la vicenda di val Bregaglia (1906) aveva fatto un voto speciale 10.
17. Un giorno don Giudici si permise di dire con disprezzo dinanzi a don Luigi: « Son suoi quei libri?... ».
- 967 - 18. Nella cappella (ora sala d’aspetto) del seminario di Pollegio don Luigi stette una notte intera in preghiera. (Così a me e ad altri don Bornaghi: fu nel luglio 1896).
19. Una volta passò a Chiavenna da don Giacomini; era senza denari, gli chiese una certa somma per un debito in val Bregaglia. Andò, pagò e ridiede a don Giacomini press’a poco la stessa somma.
20. Don Giacomini espose a don Luigi l’idea di costituire a Savogno un fondo per una pia fondazione. Don Luigi tirò fuori 50 lire, don Giacomini protestando [6] non le voleva, ma don Luigi le gettò in terra e don Giacomini dovette raccoglierle.
21. Don Bacciarini mostrò un giorno i flagelli e cilizi usati, che aveva trovati in un ripostiglio della camera di don Luigi a Milano.
22. Insisteva sulla frequenza della parola di Dio, con molti racconti storici, aneddoti, eccetera.
23. Insisteva perché si avessero sempre idee ortodosse, ­papali; mostrava sdegno del naturalismo che è nel mondo, ­eccetera.
24. A Pianello viveva con trentasei centesimi al giorno. Qualche volta gli bastava un po’ d’insalata. (Così Guerrina Crosta).
25. Soleva attirare le persone, che ne restavano con­ten­te, dando loro il braccio, tirandone i capelli, urtando due teste (che forse non andavano d’accordo), legando due fasce (idem), dando uno schiaffettino, uno spruzzo d’acqua, eccetera.
26. Ci teneva a legarsi e moltiplicarsi i benefattori con regali, corrispondenze, saluti, eccetera. Così con le autorità. Instancabile nei viaggi, tutti per questo. Giunti in una casa, per mezzo del portinaio o dei campanelli elettrici, non lasciava quieto nessuno. Voglia di far presto, di far molto e di muovere a fare. Diceva: « Io son fatto per abbozzare, per suscitare: gli altri ordineranno, completeranno ».
27. Disse un giorno (1911): « Potrei campare al più un otto o dieci anni ». Ma ripetutamente nel 1912 si diceva stanco, vecchio, non lontano dalla morte; « Condurvi a Roma, - 968 -[7] materialmente e moralmente e poi andarmene » 11. Avrebbe desiderato di ritirarsi da superiore, se lo si poteva sostituire, per pensare all’anima sua.
28. Fa spesso star presenti alla Messa in chiesa. Insiste perché si dica l’Ufficio in chiesa. Predicando familiarmente ­interroga e apostrofa uno o l’altro dei presenti, fa stare attenti; riepiloga infine quanto ha detto, chiedendo agli stessi uditori.
29. Una sera in direzione a Como vide sulla scrivania un piccolo verme. Mi disse: « Lo vedi? Un verme. Che cosa siamo noi? Piccoli vermi! ». E stette così in silenzio, pensieroso, sereno.
30. Qualche volta esprime il timore di esser di peso alla casa; non vorrebbe speciali riguardi. Alle volte si fa portar via cibi speciali: vuole cibi comuni. Qualche volta (a Santa Maria di Lora) polenta fredda e insalata. Ricordo qui l’episodio dell’intingolo di uova (zabaglione) in un venerdì del giugno 1906 alla mensa di Como, me presente. Quando è in viaggio non bada ad intemperie, sta senza cibo. Una volta a Milano verso le due o le tre del pomeriggio ancora digiuno entrò da un amico pasticciere per mangiarvi una fetta di panettone.
31. Ripete che si speri sempre nella provvidenza del Signore, che tutto provvede. Le case che si cominciano con niente son quelle che prosperano.
32. Lo si vede recitar sempre il suo Ufficio in chiesa.
33. Infaticabile nel predicare, faceva talora nelle case cinque o sei conferenze al giorno.
34. [8]Mostrava grande delicatezza nell’accennare a mancanze eventuali di riguardo per lui. Qualche volta diceva: « Desidero che arrivando in casa mi si metta al fatto, magari a tavola, di tutto ».
- 969 - 35. Stanno sempre in mente le parole con cui ci commosse emettendo in Como la sera del 24 marzo 1908 i suoi voti: ci ringraziò perché poteva in grazia nostra professare vita religiosa.
36. A Milano in uno di questi giorni parlò del castigare i ragazzi, del metterli lungo tempo alla pianta, per delle colpe che dinanzi a Dio non sono colpe: « Le loro lagrime mi fanno fremere: è ragione sufficiente di espellere gli assistenti che vi mancano; è contro l’educazione, l’umanità ».
37. Donna Maddalena Albini Crosta mi disse (4 novembre 1912): « In occasione del pellegrinaggio lombardo a Roma nella scorsa primavera, dinanzi all’atteggiamento umile e rassegnato di don Luigi per certa mortificazione fattagli, padre Beccaro mi disse: Nei suoi processi di canonizzazione bisognerà tener conto di questo ».
38. A Roma si comprò a don Luigi così don Lavizzari  un paio nuovo di scarpe; dopo qualche giorno non si trovarono più: non avendo altro da dare, le aveva passate ad un accattone.
39. A Roma così a me per averlo sentito don Pedrini nel novembre 1912 l’inizio dell’opera [9] di don Luigi fu in casa appartenente all’Arcadia che gli chiese in affitto per le suore il prezzo convenuto di L. 800. Appena i padroni videro suore e ricoverate, cambiarono parola e chiesero L. 1200. Dopo qualche anno di grandi migliorie fatte da don Luigi al locale, lo licenziarono esigendo L. 100 di danni. Il commendator Canevelli accomodò la vertenza pagando di suo la metà. Le prime elemosine per le sue opere in Roma così notizie raccolte dallo stesso e dette a me nella stessa data le chiese a San Carlo al Corso, frequentata dai fratelloni 12 che invece di fargli buona accoglienza lo fecero perfin uscire dal banco di chiesa in cui si era messo, cosicché per ascoltar la Messa dovette inginocchiarsi sul nudo terreno.
40. Don Bosco così don Luigi a don Pedrini, che me ne informò il 18 novembre 1912 aveva incaricato don Luigi - 970 -della conversione definitiva e istruzione d’un giovane ebreo. Don Luigi lo fece. Desiderando però il giovane dopo il Battesimo rivedere i suoi e non avendo mezzi, don Luigi ottenne da una pia contessa L. 100. Ma ella le spedì direttamente a don Bosco, il quale saputa la pia astuzia di don Luigi lo chiamò ad audiendum verbum: unico rimprovero che don Luigi ebbe da don Bosco e accolse senza lamento, ma con qualche fatica.




p. 964
3
Si tratta di don Costantino Guanella (1868-1935), sacerdote della diocesi di Como, figlio del fratello Tomaso (1827-1906).


4
Saggio di ammonimenti famigliari per tutti ma più particolarmente per il popolo di campagna (1872), pubblicato nel vol. iii della presente collana, pp. 1-95.


p. 965
5
Luigi Guanella si era interessato per la traslazione delle spoglie di Luigi Nicora (1829-1890), eletto vescovo di Como nel 1887 e mai entrato in diocesi per la mancata concessione dell’exequatur; cfr. Sulla tomba di tre vescovi, ne La Divina Provvidenza, Como, settembre 1912, p. 147.


6
Riferimento al territorio della parrocchia cittadina di Como di cui Giovanni Battista Scalabrini fu priore dal 1870 al 1876.


7
Riferimento all’incontro avvenuto a Roma il 29 gennaio 1905, in oc­casione della consacrazione episcopale di Giacomo Radini Tedeschi; cfr. ­Fabrizio Fabrizi, Scalabrini e Guanella: stagioni di un’amicizia, ne L’ecclesiologia di Scalabrini, a cura di Gaetano Parolin e Agostino Lovatin, Città del Vaticano 2007, p. 500. Giovanni Battista Scalabrini morì il 1 giugno 1905.


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8
Riferimento ai Servi della Carità.


9
Cfr. La Divina Provvidenza, Milano, dicembre 1910, pp. 2-3.


10
Probabile riferimento alle dolorose circostanze che nell’estate 1906 videro protagonista il servo della Carità don Giovanni Formentelli (1874-1953): a causa di un temporaneo squilibrio psichico, egli abbandonò il suo ministero a Promontogno organizzando una fallita fuga con una donna e si rese poi irreperibile per qualche tempo, finché rintracciato in Francia fu riaccolto da Luigi Guanella; cfr. Leo Brazzoli, I Servi della Carità. Profili biografici (1890-1980), Roma 1993, pp. 446-448.


p. 968
11
I Servi della Carità erano giunti a Roma alla fine del 1903, alla direzione della Colonia agricola San Giuseppe a Monte Mario. Con l’espressione moralmente Luigi Guanella voleva invece riferirsi all’approvazione canonica dell’istituto, la cui pratica giunse alla concessione del decreto di lode Humanis miseriis sublevandis il 15 agosto 1912 e si concluse con l’approvazione definitiva delle costituzioni il 16 luglio 1935.


p. 969
12
Membri dell’Arciconfraternita dei santi Ambrogio e Carlo.


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