Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (I corso)
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IL PANE DELL'ANIMA PRIMO CORSO DI OMELIE DOMENICALI ESPOSTE IN UNA MASSIMA SCRITTURALE

Evangelio della domenica terza dopo la Pentecoste Una gioia celeste

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Evangelio della domenica terza

dopo la Pentecoste

Una gioia celeste

  1. [231]Gran cosa è che da terra possa partire una voce e giungere in alto a produrre una gioia celeste. Questa voce deve partire da un cuore dolente. Appena che incomicia quaggiù, già ne risuona del suo gemito pietoso il paradiso. I santi e gli angeli in udire ne esultano. Ascoltatene in proposito la parola dello stesso divin Salvatore.

  "I pubblicani e i peccatori si avvicinavano a Gesù Cristo per udirlo. E i farisei e gli scribi ne mormoravano dicendo: Costui si addomestica coi peccatori e mangia con essi. Ed egli propose loro questa parabola e disse: Chi è tra voi che, avendo cento pecore e perdutane una, non lasci le novantanove e non vada a cercar di quella che si è smarrita, sino a tanto che la ritrovi? E trovatala se la pone sulle spalle [232]allegramente. E tornato a casa chiama gli amici e i vicini dicendo loro: Rallegratevi meco perché ho trovato la mia pecorella che si era smarrita. Vi dico che nello stesso modo si farà più festa in cielo per un peccatore che fa penitenza che per novantanove giusti che di penitenza non hanno bisogno. Ovvero qual è quella donna che avendo dieci dramme, perdutane una non accende la lucerna e non iscopi la casa e non cerchi diligentemente finché l'abbia trovata? E trovatala, chiama le amiche e le vicine dicendo: Rallegratevi meco perché ho ritrovata la dramma perduta. Così, vi dico, faranno festa gli angeli di Dio per un peccatore che faccia penitenza" (San Luca cap<itolo> 15)67.

  Eccola, o fratelli, la gioia che la voce di un cuor pentito eccita in alto. Consideriamola, perché questa gioia è allegrezza celeste.

  2. Il gemito di un cor pentito eccita la gioia nel mezzo del

- 300 -coro degli angeli celesti. Si rallegrano quegli spiriti beati perché quando un peccatore si converte ritorna a Dio. Un padre che forse da tempo assai piange come perduto un figlio lontano è [233]possibile che, vedendolo presso alla soglia di casa, non ne concepisca vivi sentimenti di giubilo?... Un genitore, oh quanti sospiri ha versato sul figlio assente!

  Iddio Padre la manda <a> cercare la creatura peccatrice dal suo Figlio unigenito. Gesù Cristo per rintracciarla fa come il pastore che lascia le novantanove pecorelle che sono al sicuro, per ritrovar la centesima che s'è smarrita fra le balze. Gesù è il padre del prodigo che non si pace finché si abbraccia al figlio che ritorna. Gesù è il buon padre che ha data la vita pei figli suoi. Eppoi ha lasciata quaggiù una sposa santa, la Chiesa, con l'incarico di chiamar tutti; eppoi lascia un angelo incaricato di ridurre il peccatore dalla sua pessima strada. Impegna poi cielo e terra, i beati del cielo, i giusti della terra, perché il meschinello finalmente ritorni.

  Ed or eccolo. Le lagrime gli spuntano sulle ciglia a vista della paterna casa, si prostra dinanzi al genitore a chiederne supplicazione. Fortunato figliuolo! Qui le gioie non hanno confine. Quel ravveduto se toglie ad amare come la Maddalena, come Pietro, egli solo sarà amato [234]più che tanti innocenti, che sebben uniti non professano a Dio egual pegno di divozione.

  Oh, se il peccatore ravveduto amerà Dio ordinariamente come un giusto comune, non ne sarà nemmen dippiù prediletto, ma intanto la gioia che si muove è grande, perché colui che si piangeva come perduto finalmente si è ritrovato. E noi potendo cagionare in alto gioiaprofonda, ritardiamo a dolercene, come si deve <fare> di vivo cuore da chi ha peccato?...

  3. Miriamo più particolarmente a questa consolazione angelica. Gli angeli sono i ministri dello Altissimo. Gode un ministro quando scorge un trionfo pel suo signore. Che esaltazione per Gesù Cristo in vedere che mercé de' suoi patimenti ancora un peccatore è venuto a lui! Che gloria per Iddio in scorgersi da tutto il paradiso che, grazie alla bontà divina, uno da sciagurato si è convertito in santo!... E quanto agli angeli,

- 301 -essi che sono puri spiriti e compagni dell'anima degli uomini quaggiù, anch'essi ne tripudiano in vedere che un'anima dippiù si aggiunge al loro coro in paradiso.

  Su questa terra la miglior consolazione [235]che aver si possa è fare un po' di bene. Gli uomini apostolici che ottengono di condurre a Dio molte anime peccatrici ne provano godimento indicibile. Il Saverio ne esperimentava tanto in cuor suo che spesso diceva: "Basta, o Signore, od io me ne muoio di puro contento". Ma se l'anima avvolta ancora nello involucro di un corpo gode tanto, quanto non ne godranno quegli spiriti di paradiso, che si chiamano angelici, perché la loro virtù è di trasfondersi in ebbrezza di contento a tutto il cielo beato? Della serva di Dio Francesca Romana si ha che, essendo ancor giovinetta, l'angelo le compariva per dirigerla a perfezione. E propriamente quel buon custode mostravasi mesto quand'ella volontariamente cadeva in alcune fragilità. Ma si mostrava lietissimo quando Francesca compieva qualche buon'opera di zelo. Ed or quanto a noi che siamo meschini, piangiamo per ottener che s'accresca in cielo la gioia degli angeli santi.

  4. Questi nel paradiso lodano Dio con le loro voci angeliche. Amano Iddio con quello affetto purissimo che dal Signore medesimo hanno ricevuto. E si esibiscono servi volonterosi allo Altissimo con quella [236]gara che è propria dei fedeli ministri che godano <di> piacere al loro Signore. Per compiere lodevolmente a questi uffici, gli angeli riducono i peccatori dal lezzo della colpa a quello stato di grazia che Dio poi loro infonde. Che alta impresa è purgare dalla iniquità un'anima diabolica! E poi quest'anima la illuminano nella via del bene e poi la perfezionano fino al colmo di virtù. Così gli angeli benedetti convertono i Gerolami, gli Agostini, i Cipriani da dissoluto in santo, da tenebroso in splendente. Fratelli miei, muoviamo noi stessi gaudio nel cuor nostro.

  Quello che operano gli angeli a nostro riguardo, quello stesso lo possiamo noi a riguardo di più che un peccatore, il quale aspetta la nostra cooperazione per esser salvo. Non possiamo anche noi convertir un peccatore, rafforzare un debole, spingere più alto un cristiano buono?... Sì che lo possiamo.

- 302 -Su, che si tarda adunque?... Accingiamoci all'impresa di salvar un'anima. Noi, non potendo esser angeli, saremo almeno angelici e con esser tali accresceremo il giubilo di quei spiriti beati [237]che con sì puro affetto vegliano al bene nostro.

 

Riflessi

  1. Una gioia celeste è la voce di un cuor pentito.

  2. Questa voce rallegra gli angeli del paradiso.

  3. Si rallegrano quei buoni per la gloria che ne viene a Dio e pel vantaggio che ne viene a noi.

  4. Come in cielo tripudiano in lodare, amare e servire Iddio, così giubilano in purgare, illuminare e confortare le anime dei mortali quaggiù.





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67 Lc 15, 1-10.



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