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IL PANE DELL'ANIMA SECONDO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE Evangelio della domenica prima di Avvento Un reo confesso |
Evangelio della domenica prima
di Avvento
1. [3]Essere trascinato dinanzi ad un tribunale duole nell'animo. Duole doppiamente quando l'accusato sia reo. Che se dinanzi stieno disposti testimoni, disposto il corpo del delitto, e a lui delinquente che gli tocchi apparire quasi immondezzaio al cospetto del sole di mezzodì, misero! Che gli rimane in questo caso? Il miglior partito è riconoscere il rigore del tribunale, prostrarsi dinanzi al giudice che presiede e dire: "Ho errato, ho errato!". Il colpevole che si confessa reo può ancora ottenere assoluzione.
Meschino me quando penso che dovrò essere presentato al tribunale di Gesù Cristo, giudice supremo! Eccolo il mio giudice. È il Signore, al quale tutti sono palesi i pensieri della mia mente, gli affetti del mio cuore. I testimoni già son disposti, e sono da una parte i santi e gli angeli e dall'altra i demoni d'abisso. Chi [4]viene a giudicare è l'Altissimo. Discende con possanza e maestà divina dal cielo. Il luogo del tribunale è questa terra che abitiamo. Ahimè, chi può stare a vedere Gesù Cristo giudice? Il sole si oscura, si annebbiano le stelle, fitte tenebre occupano l'universo, uno sgomento generale assale gli uomini che ancor vivono, un tremore inorridisce le stesse belve del deserto. La terra si apre in tremuoti, i mari si rompono in muggiti. Quest'è indizio del giudice che si approssima2.
Terribile cosa presentarsi al giudizio del Signore. Più terribile- 402 - presentarsi come reo. Che rimane a fare intanto? Il meglio è confessarsi reo e implorare pietà. O Signore, se voi badate alle nostre iniquità chi può comparirvi innanzi? Deplorevolissima da una parte è la fragilità nostra. Dall'altra, severa è la vostra giustizia, o Signore Iddio nostro. Il Salmista, che pur tanto si era doluto, non osava ancor levare lo sguardo a Dio. Noi gemiamo come quel penitente con dire: "Non entrate, o Signore, in giudizio col vostro servo, perché al vostro cospetto non potrebbe essere giustificata verun'anima vivente"3.
2. Una maestà sovrana incute ancora [5]quaggiù alto timore. Lo stesso comparire che uno faccia dinanzi alla persona augusta del Vicario di Gesù Cristo in terra, mette un fremito di sacro orrore. Or che non sarà comparire dinanzi alla persona dello stesso Verbo incarnato, Cristo Gesù?
Già gli ebrei, quando furono ai piedi del monte Sinai e che videro4 in alto la presenza di Dio, potente in far traballare il monte, chiara nel lampeggiare dei fulmini, si ebbero sì gran timore che subito dissero a Mosè: "Vi preghiamo, recatevi voi solo là, che noi ne tremiamo in tutta la persona già da queste falde. Ascoltate poi ciò che il Signore impone, ritornate che noi vi attendiamo". Ragioniamo ora così: sul monte Sinai Iddio è venuto per dare la sua Legge agli uomini, e se allora apparve con tal aspetto di terrore, che non sarà quando lo stesso Signore verrà per fargli rendere ragione de' voleri e comandi suoi? Molto più che ad apparire sarà il Figlio di Dio incarnato, che è Gesù Cristo redentor nostro.
Povero Gesù, patir tanto e ottenere sì scarsa corrispondenza dai figli redenti! In pensarvi gli stessi uomini dabbene ne concepiscono spavento non leggero. Già il [6]santo Giobbe diceva con paura di sé: "Quantunque io creda di aver fatto qualche cosa di bene, tuttavia non dirò parola, ma mi metterò genuflesso a supplicare il giudice mio"5. E Davide, che pur tanto aveva gemuto per sé e tanto lodato il Signore,
- 403 -pur contentavasi di ripetere con senso di timore: "Quando sarete a me, vi prego, o Signore, non aprite nemmen giudizio, perché io son troppo miserabile". È scritto che al cospetto della maestà di Gesù che viene per giudicare gli stessi angeli della pace se ne staranno a guisa di attoniti, che si copriranno il volto colle loro ali, che piangeranno con duolo a vista dell'apparato del tremendo giudizio. Ma se tremeranno gli angeli della pace, gli uomini del peccato oh come si desoleranno!
3. Consideriamo adesso ciascun di noi in particolare: comparire al tribunale di Gesù Cristo giudice è terrore altissimo. Per intendere meglio figuriamoci una similitudine. Un sovrano ottimo cavò dalla strada un ramingo. Era schiavo meschino ed ei ricomperollo. Gli affidò poi un ufficio nel suo reale palazzo e l'assisté di continuo. Nulla lasciogli mancar di vitto, niente di vestito. Gli concedé onori non pochi e [7]posti di riputazione. Quando ancor per sua colpa cadde infermo, curollo e in tempo di convalescenza gli usò cure paterne. Che poteva far dippiù l'ottimo monarca? Ma quel meschinello poca riconoscenza mostrò al suo liberatore. Quando lavorò, non si saprebbe se più attese allo interesse proprio o del signor suo. Fu poi sempre infermiccio, con molti difetti di scortesia e di inciviltà. Finalmente è venuto il giorno in cui il sovrano vuol decidere intorno al merito od al demerito di costui. Poveretto, se ei conosce se medesimo, come deve tremare per sé!
Meschino di me quando il Signore mi chiamerà per giudicarmi! Mi ha cavato dal nulla il Signore, e poi mi redense dalla schiavitù di Satana con misericordia infinita. Sono io ritornato al peccato? Dio buono mi ha ancor perdonato. Però in dolermi come fui scarso, in ringraziar Dio come <fui> avaro! Poi quante inciviltà di bugie, di maldicenze, di lamenti! E quel servizio che il Signore invitommi <a> prestare, come l'ho fatto con tanta imperfezione... e come tolsi a lodarmene e farmi glorioso in faccia a tutti. Sicché, povero di me, le stesse opere di bene sono un panno imbrattato.
Teresa pregò un dì [8]il Signore a fargli intendere lo stato dell'anima propria. E Dio fecele vedere un fazzoletto in color bianco, ma imbrattato da molte macchiuzze nere. Disse dipoi il Signore: "Eccolo lo stato dell'anima tua. Ed ora se tu non
- 404 -fai senno, correrai manifesto pericolo di dannarti". Innorridì la serva del Signore e se ne valse in prò dell'anima sua. Ah come maggiori che quelle di Teresa sono le colpe mie e le colpe vostre, o fratelli! E noi non inorridiamo?... Tremiamo, perché a motivo della nostra grave fragilità, terribile sarà il giudizio del Signore.
4. Ma sarà anche più terribile questo giudizio da parte di Dio, e ciò per due capi. Dapprima perché Iddio odia infinitamente la iniquità, e poi perché egli è infinitamente santo. Il Signore ancora quaggiù, quando volle dimostrare il rigore della sua giustizia, mandò castighi, e questi furono sì gravi che non si crederebbero se non fossero registrati nei Libri santi. Per un peccato veniale commesso da un ebreo in portare un fascio di legne in giorno proibito, comandò che fosse sepolto vivo sotto ai colpi di pietra lanciata. Per un peccato veniale di mormorazione fece [9]sprofondare prima sepolti che morti trecento di loro, e allo indomani ne fece bruciar quattordicimila da un fuoco misterioso venuto da alto. Sicché pensatelo pur voi se Dio odia di cuore il peccato.
E come l'abborrisce tanto, lo va rintracciando per castigarlo come si deve. Egli si dichiara giudice scrutatore delle reni e del cuore6, ossia dei moti di concupiscenza e dell'ira. I moti della concupiscenza e dell'ira sono così sottili e frequenti in noi che talvolta stentiamo a giudicare se siavi stato o no peccato da parte nostra. Ma Dio non durerà fatica a distinguere la reità dei movimenti ancor più segreti. Però oh quanto avremo a temere un dì!
Molto più che Dio è il Signore della santità. Ancor quaggiù comparire dinanzi a persona in riputazione di pio e perfetto cristiano commuove vivamente l'animo. Che non sarà poi apparire al cospetto di Dio, santità per essenza? È scritto nei Libri divini che i cieli al cospetto di Dio nemmen essi son mondi quanto meriterebbe l'Altissimo7. E noi peccatori sì miserabili non ci dorremo a comparire dinanzi a sì gran maestà?
- 405 -Ah Signore, Signore, se voi guardate alla iniquità degli uomini, chi può venirvi dinanzi...?[10] Non vi ponete nemmeno per giudicare le azioni nostre, perché al vostro cospetto nessun'anima vivente potrebbe essere giustificata.
5. Altra via non è allo infuori di questo gridar pietoso a fine di ottenere misericordia da Dio. Immaginiamo dinanzi <a> suo padre un figlio che ha commesso più colpe. Ma ora è genuflesso là dinanzi e supplica di cuore. Si batte il petto, ha gli occhi molli di lagrime e geme con dire: "Ho proprio fatto male... però non vo' in avvenire commettere più questo fallo... Perdonatemi, o genitore clemente". Ditemelo, o padri: se un figlio vi supplica così, possibile che non vi lasciate subito cader i fulmini da mano? Ed il Signore, che è tanto più buono che non lo siate tutti voi, se ode che implorate pietà, credete che non vi mandi subito subito assoluti? Vi assolve, vi assolve.
Sapete con quali il Signore mostrerassi più inesorabile? Sarà con certuni che dicono sé essere buoni, e che puranco sono in credito di buoni, ma che intanto non mancano di avere dentro in cuore una superbia sottile. Questi talora si dolgono con dire: "Abbiamo pregato Dio e non ci ha [11]ascoltato... che fa egli lassù?... Ci mandò castighi non rari... or com'è che egli lascia prosperare i tristi e che fa tribolare i buoni". Rispondetemelo voi, padri. Se un vostro figlio peraltro dabbene vi tenesse questo discorso, non vi dorrebbe vivamente? Non vi pare che subito correreste8 a cercare le magagne del superbietto per rinfacciargliele una ad una tutte? Così pensate che Dio appunto giudicherà di noi, quando per caso ci volgessimo a lui più in atto di figli impazienti e superbi che di figliuoli sommessi e dolenti.
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2. Comparsa dinanzi a Gesù Cristo giudice, quanto tremenda!
3. Che gli diremo al Signore noi tepidi cristiani?
4. Iddio conosce le colpe nostre e le odia tanto.
5. Che ci rimane se non che gemere: "Pietà, Signore, non guardate alle colpe nostre"?