Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (II corso)
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IL PANE DELL'ANIMA SECONDO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE

Evangelio della domenica seconda di Quaresima Dopo il lavoro la mercede

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Evangelio della domenica seconda

di Quaresima

Dopo il lavoro la mercede

  1. [127]Eccovi dinanzi una consolatrice ottima. Miseri noi, se su questa terra non avessimo consolazioni! Ma ne abbiamo. Consolatrice ottima è la mercede che ci è preparata dopo la fatica. E non è quella mercede qualsiasi, ma è retribuzione grande, degna in tutto della maestà del rimuneratore che è Dio medesimo.

  Gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni avevano già faticato con il divin Salvatore, quando Gesù rivolgendo loro il discorso disse: "Ascendiamo il monte Tabor". Vi andarono dunque, e pervenuti a quel vertice, il volto del Salvatore si fece raggiante a mo' di sole e le vestimenta apparvero bianche al pari della neve. Un raggio della divinità santissima del Redentore erasi fatto visibile. Apparvero anche Mosè ed Elia a parlare con Gesù. Fu uno spettacolo di paradiso. Pietro, Giacomo e Giovanni sclamarono subito: "Bonum est nos hic esse! Che bella cosa per noi ad essere qui!". E [128]continuarono <a> dire al Salvatore: "Se volete, facciamo qui tre casette, l'una

- 470 -per voi, la seconda per Mosè e per Elia e l'ultima per noi, e così dimoriamo qui sempre!". Ma Gesù udendo non fu contento. Nascose entro di sé quel raggio di divinità che illuminava così giocondamente e disse agli apostoli: "Discendiamo, perché già è l'ora. Voi poi non direte ad alcuno una parola di ciò che avete veduto, infino a che il Figliuol dell'uomo risorga da morte"60.

  Quale mercede agli apostoli che da qualche tempo eransi dati a seguire Gesù! Però una mercede assai maggiore li aspettava nel cielo. Questa mercede esimia toccherà anche a ciascun di noi. Consoliamoci tutti. Lo stesso divin Salvatore a mezzo dell'apostolo Luca fa intercedere un discorso di consolazione ineffabile, addita il paradiso e poi soggiunge: "Godete in quel ed esultate, perocché, eccola, la mercede vostra è molta in cielo"61. Consideriamola questa celestiale mercede e confortiamoci, perché dopo la fatica venga la mercede.

  2. Poniamo attenzione ad un fatto che avviene spesse volte. Un popolo di gente si trova costretto <a> rimanere in casa impedito da un tempo sempre cattivo. Intanto [129]le messi marciscono sotto alla pioggia, la noia <si> accresce nell'animo dei contadini. Tutti si fanno a desiderare con affetto il ritorno dei giorni sereni. Ed ecco dopo una notte ancor burrascosa sorgere bellissimo il mattino. Allora è una soddisfazione viva al cuore di tutti. Adulti e fanciulli impugnano solleciti gli strumenti del campo ed escono con sollecitudine. Pervenuti sul luogo del lavoro, il gaudio che ne provano <si> accresce in esaltazione. Allora incomincia un canto festoso e cento altri tengono dietro, e così si fa un applauso di festose acclamazioni. Quegli agricoltori lavorano, eppure mentre asciugano il sudore dalla fronte sono in tripudio ed in esaltazione. Vero, vero. Godono perché omai sono certi del frutto delle proprie fatiche. Fratelli miei, uno sguardo al cielo, e quando entriamo nel campo di molte fatiche stiamo in allegrezza non solo, ma in esaltazione.

- 471 -  Nel Giappone62, quando il re Taikosama pubblicò l'editto che tutti i cristiani fossero condotti ai supplizii ed alla morte, fu un tripudio in mezzo a tutti quei cristiani. Corsero <a> vestirsi a festa. Si affrettarono [130]in banchetto di fraterna carità. Di poi uscivano in cantici di giubilo e gridando: "Al paradiso, al paradiso!", si affrettarono al luogo del martirio. Il tiranno ne rimaneva sbalordito, ma i confessori intrepidi della fede non ponevano termine in esclamare: "Al paradiso, al paradiso!" ed esibire il proprio corpo al tormento ed alla morte. Che ne pensiamo noi? Ah, se abbiamo fede, noi pure dobbiamo rallegrarci nel colmo di molte fatiche, e non solo rallegrarcene ma esultarne, perché dopo la fatica è la mercede.

  3. Quale mercede? È la mercede di chi ha lavorato sotto alla sferza del sole, sotto al giogo della fatica in tutti i giorni della sua vita. La mercede indicata qui da Gesù Cristo è la corona di gloria che è fissata ai combattenti valorosi. Ad un soldato che parte vittorioso dal campo, che bella corona gli si deve cingere intorno al capo! La mercede è il pallio di quelli che hanno corso nello esercizio ginnastico e che hanno raggiunta la meta. Finalmente è la eredità che il padre ha destinata per il figliuol suo. Un padre amorevole e ricco, oh quanto gode in colmare le mani al figlio con il frutto delle sostanze sue! [131]Eccola la mercede nostra. Ella è mercede, è corona, è pallio, è eredità. Ci si deve per tutti questi riguardi. Oh come è sicura una mercede tale!

  4. E come è sicura, così è grande. Gli uomini di quaggiù la mercede ad un uomo la danno più scarsa che possono. Nel cielo si abbondantissima, perché si da Dio. Non è monarca né così generoso, né tanto ricco come il sovrano del cielo. Però mercede a' suoi fedeli seguaci vuol essere egli medesimo, che è la fonte di ogni beatitudine. Però pensatelo se tripudieremo altamente un . Grande Iddio, per il servizio di pochi anni, una retribuzione cosiffatta! In pensare e godere si accrescerà il contento nostro. Però come è che su questa

- 472 -terra, mentre curviamo il dorso sotto al peso delle tribolazioni, stiamo a modo di gementi? In alto i cuori nostri, in alto gli occhi della nostra fede! Eccola come è abbondante la mercede che ci attende!

  5. Basti per tutto ricordare che essa è mercede celeste. Ha troppa differenza fra una mercede celeste ed una mercede terrena. In terra che felicità si può sperare? Le gioie ancora più liete sono sempre mescolate da qualche tristezza, tanto sono [132]imperfetti i godimenti di quaggiù. Ma nel paradiso le contentezze sono pure, senza perturbazione. Nel paradiso la gioia nostra sarà quella che Dio partecipa della propria felicità, sarà la contentezza che innonda il cuore della Vergine, dei santi, degli angeli.

  Il cristiano Fruttuoso si incamminava al luogo del suo martirio ed era ancor digiuno ad ora tarda del mattino. Gli fu porto cibo da assumere, ma egli rispose: "Oggi è giorno di astinenza, <a> rompere il digiuno mio aspetto in paradiso". In dirlo giunse dove spiccò una palma gloriosa del martire e ascese in alto. La mercede del paradiso ha fatto sostenere tanto sangue dai martiri, tante sofferenze dai confessori, tante abnegazioni dai vergini; oh come la mercede che ci attende deve avvalorare anche ciascun di noi!

  6. Ci avvalori sovrat<t>utto nel giorno della tribolazione e della fatica. Non ci illudiamo. Il tempo che abbiamo a passare quaggiù è un giorno di lavoro. Ed or che importa che in questo ci accadano stenti di fatiche, avversità di incontri? Un giorno passa così sollecito. Ed or <è> possibile che noi ci stanchiamo per i sudori di una giornata? A quella vece son poi così durevoli [133]le gioie del paradiso! Pensiamo che queste durano finché dura Iddio medesimo. Son dunque gioie eterne.

  Buon Dio! In terra si reputa un premio esimio quando per una stagione di lavoro se ne venga<no> uno o più anni di godimento. E in paradiso, per venti o per quarant'anni di sofferenza, il Signore dispone una mercede di quaranta secoli e poi di altri quaranta milioni di secoli, e poi allegrezze che non finiranno mai più in eterno! Oh Signore, come siete grande nelle vostre retribuzioni! Per una mercede cosiffatta, che mai

- 473 -sono le tribolazioni della vita? Lo so, lo so, dopo la fatica viene la mercede. Io vo' faticare sino alla fine per essere poi sicuro della mercede un .

Riflessi

  1. Dopo la fatica viene la mercede.

  2. In vista della mercede lavora perfino giubilante l'agricoltore, ed or come è possibile che noi cristiani stiamo gementi?

  3. La mercede che ci attende è retribuzione, è corona, è pallio, è eredità. Per tutto questo è mercede sicura.

  4. Ed è mercede copiosa.

  5. È mercede che si in cielo.

  6.  E che continua per tutti i secoli.





p. 470
60 Cfr. Mt 17, 1-9.



61 Lc 6, 23.



p. 471
62 Nell'originale: Nella Siria.



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