Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Il pane dell'anima (II corso)
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IL PANE DELL'ANIMA SECONDO CORSO DI MASSIME SCRITTURALI ESPOSTE NELLE SPIEGAZIONI EVANGELICHE

Evangelio della domenica decima terza dopo Pentecoste La lebbra

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Evangelio della domenica decima terza

dopo Pentecoste

La lebbra

  1. [297]La lebbra è una piaga che ammorba tutto l'uomo dal capo ai piedi. Un lebbroso meschino manda un orrendo puzzo intorno che appesta l'aria. Chi è affetto da lebbra non può stare con il consorzio degli uomini. Nella società tanto è abbominevole la lebbra come il lebbroso. L'infelice è messo fuori. Si lascia vagare per i campi e si permette che strascini pur miseramente i giorni suoi.

  Leggiamo nel santo Evangelo che talvolta i lebbrosi venivano guariti dal divin Salvatore. In questo giorno, mentre Gesù veniva in Gerusalemme e che passava attraverso alla Samaria ed alla Galilea, venne a certo castello dove dieci lebbrosi venivangli incontro e dimorando poi a distanza gridavano: "Maestro Gesù, abbi pietà di noi". Il Salvatore loro disse: "Andate e mostratevi ai sacerdoti". Mentre s'avviavano furono guariti. Un d'essi rifece la strada e venne a ringraziare Gesù Cristo, gli [298]altri poi passarono innanzi. Si lamentò il divin Salvatore e disse a costui: "Dieci furono i mondati, e gli altri nove dove sono? Non si trovò altri che venisse a dar gloria a Dio fuori che questo samaritano"141.

  Tristissimo male, che tormenta il corpo quando assale e che ancor dopo che è fatto miracolosamente guarire142 lascia l'impronta della ingratitudine. Tristissima, o fratelli, è la lebbra del peccato mortale. Una colpa mortale, quale orrore! Tremiamone tutti.

  Quanto è orrenda in sé la malignità di una colpa mortale, tanto è detestabile l'uomo che la commette. Ce ne avvisa la Sapienza: "Similmente sono in odio a Dio l'empio e la empietà- 565 - di lui"143. Questa proposizione meditiamola e facciamo sì che ci riempia di salutare spavento.

  2. La piaga di un peccato mortale è pestilenza esecranda. Immaginate un uomo che giovine e robusto esca dalla città per suo diporto alla campagna. Improvvisamente l'assale uno strano malore che l'atterra. Si fa tremante nelle membra, angoscioso nel respiro e sulla fronte gli si dipinge un pallore di morte. I capegli si inzuppano di sudore e tutta una piaga [299]nera e fetida lo ricopre dal capo ai piedi. Infelice, chi lo salva? Ma ha nessuno. Chi passa lo guarda con orrore e si allontana. La sua è piaga delittuosa che gli fa perdere per forza di legge tutto quel che possiede. La malattia di lui è peste dalla quale tutti sono impegnatissimi per guardarsene. I parenti gli imprecano perché apporta la sciagura in casa, gli amici gli maledicono parimenti. I vicini poi già stanno scavando una fossa per precipitarvelo entro e seppellirlo quasi vivo prima che abbia da ammorbare tutto il mondo intorno. E quando lo sciagurato sia sepolto omai, anche allora il fumo delle esalazioni putride salirà tuttavia e la memoria di un appestato volontario sarà per sempre in esecrazione.

  Tale è la piaga di una colpa mortale nell'anima del cristiano. Un uomo fedele bensì, ma presuntuoso, esce alla campagna de' suoi divertimenti. Giuoca e si trastulla e in men che io vel dica consuma dapprima col pensiero e poi con l'opera l'esecrazione di una colpa mortale. Misero, misero! Una pestilenza di male l'ha invaso tutto. La mente è funestata, il cuore rimane trafitto, il corpo deteriorato. Guardatelo con gli occhi della fede. [300]Egli è un mostro esecrando su questa terra. Gli angeli lo riguardano con alto orrore. I giusti della terra in passargli accanto gridano: "Maledizione all'empio che con le sue bestemmie fa piovere sulla terra i fulmini del cielo". E tutti si allontanano con raccapriccio. Ed egli ha perduto per legge divina tutto il bene che ebbe fin qui operato. I demoni gli scavano la fossa d'inferno sotto ai piedi. Infelice, infelice! Quand'ei sia sepolto laggiù, il fumo delle sue esecrazioni salirà sempre- 566 - e la memoria dell'empio rimarrà in segno di riprovazione. Che dite, o fratelli? Che sia dunque un mal da poco un peccato mortale? È male esecrando. Il cielo vi guardi, il cielo vi guardi!

  3. Figuratevi ora dinanzi la presenza di una maestà veneranda su questa terra. Sia ad esempio la prima autorità del mondo, il sommo pontefice. È il giorno della sua incoronazione. Vien portato su lettiga adorna. Da lato è accompagnato dai primi personaggi nella società. Un'onda di popolo gli va innanzi e altra dietro. Canti e suoni e feste e allegrie si continuano senza interruzione. Il pontefice intanto sparge le sue benedizioni da destra e da [301]sinistra. E perché è l'uomo di Dio, ricco di virtù pari, il Signore gli ha concesso il dono dei miracoli. Osservatelo. Quanti gli s'accostano infermi o sciagurati comechessia per esser benedetti, tutti ne partono contenti perché si trovano guariti. Ed or ditemi, vi pare che in tal ed a personaggio tale sarebbe a farsi uno sfregio qualsiasi di tratto o di parola per tutto l'oro del mondo? Non mai, non mai!

  Pensatelo voi adesso. Il Signore nel cielo è maestà suprema. Dinanzi a lui le feste di trionfo sono perenni, perché sono perpetue. E le benedizioni che egli sparge alla terra sono efficaci, perché egli è l'autore di ogni bene. Pensatelo voi. Uno sguardo di Dio letifica i santi, un guardo pietoso dell'Onnipotente colma la terra di prosperità. Il Signore si circonda di tanti santi e di tante sante quanti furono o sono o saranno i giusti di questa terra. Ponderate or questo che son per dire: vi sembra egli che potendo, per un falso supposto, salvare un mondo da morte o temporale o eterna, si potesse recare a Dio un'ingiuria benché leggera di una colpa veniale? Non mai, non mai! Iddio è tre volte santo. Iddio è l'Altissimo. Più spiace al Signore un neo maligno [302]di colpa che non rallegrino i meriti di tutti i giusti della terra. Sicché vi par che Dio di cuore odii il peccato? Oh come l'odia! Come l'abbomina! Vi basti intendere che egli è il Signore della santità.

  4. Eppure ha ancor dippiù. Supponete un padre di famiglia il quale entrato in casa abbia scorto un vaso con entro del veleno. Quale vista! Il cuore gli batte in sussulti, il sangue gli sale alla fronte, la mano gli si fa tremante. S'accosta e

- 567 -dice: "Dunque questo fu disposto dal maligno nemico per attossicare i miei figli, per ammorbare la mia casa?". Subito trasporta lungi l'oggetto esecrabile, ne apre una fossa, ne stritola il vetro, ne spande e ne maledice il liquore mortifero. Ritornato a casa scorge un vaso somigliante al primo, ma che non contiene veruna sostanza avvelenata. Il vaso è di diaspro preziosissimo, ma <ciò> non toglie che, per l'orrore al primo vaso, scaglia il suo furore ancor su questo e lo spezza e lo stritola e ne sparge i frammenti per alta indegnazione che ne ha concepita.

  Qui mi gela il sangue nelle vene in farne l'applicazione. Che il Signore riguardi con indegnazione a noi, che siamo vasi di putrida corruzione, non è punto a [303]meravigliare. Il genere umano fu un gran peccatore e Dio l'ha punito con tremendi castighi. Ma non potremo mai intendere perché l'Eterno abbia permesso che Gesù Cristo, suo divin Figliuolo, vaso innocentissimo e senza una macchia, sia stato stritolato in tanti tormenti, quanti ne sostenne dalla culla di Betlemme alla croce sul Calvario.

  Fissiamo lo sguardo adorabondo nelle membra insanguinate del divin Salvatore. Accostiamoci al costato aperto del Salvatore morto e poi diciamo: "È così che il Signore odia il peccato!". In dirlo freniamo le lagrime, se possiamo!

  5. E piangiamo sovrat<t>utto intorno alle colpe nostre. Miseri, miseri! Quanto Dio odia il peccato, altrettanto abbomina il peccatore. Meglio esser tigre, meglio esser serpente che uomo peccatore! Tutte le creature insensate danno gloria a Dio e son dal Signore amate, perché non gli fanno torto veruno. Solo gli reca ingiuria somma il peccatore. Questi è abbominato da Dio; il peccatore l'odiano in cielo la Vergine benedetta, i santi e gli angeli. I giusti della terra invitano <a> lodar Dio i geli e le brine, ma imprecano al peccatore che offende [304]l'Altissimo. Le stesse creature insensate dell'aria, dell'acqua, dei fulmini, delle tempeste gridano: "Lasciateci libertà, o Signore, e noi inceneriremo l'iniquo che vi ha offeso!".

  Nondimeno il peccatore ha ancor questo vantaggio, che se vuole può da peccatore tornar giusto e da nemico del Signore

- 568 -ritornargli amico diletto. Fratelli, che dite? Se un di voi sentasi essere avversario a Dio, possibile che tardi un istante per riconciliarglisi?144.

  6. A tanto uopo noi dobbiamo abbominar di tanto la colpa di quanto abbiamola fin qui amata. Dobbiamo abbominar la colpa sopra ogni altro male. Meglio ammalare che peccare. Meglio esser povero che esser peccatore. Meglio morire che offendere Dio. Si perda tutto, ma non si perda da veruno la grazia del Signore!

Riflessi

  1. La lebbra del peccato è piaga pessima.

  2. Ogni paragon di male è smorta immagine della malignità della colpa mortale.

  3. Iddio più biasima una colpa che non approvi tutto il ben dei giusti.

  4. [305]Pensate che ha consegnato a morte Gesù sol perché figurava esser peccatore, benché nol fosse punto.

  5. Quanto odia il peccato, altrettanto abbomina il peccatore.

 6. Un sol riparo gli rimane al peccatore ed è di convertirsi. Se si ravvede, ritorna caro a Dio meglio che per caso non sia stato in addietro.





p. 564
141 Cfr. Lc 17, 11-19.



142 Nell'originale: partire.



p. 565
143 Sap 14, 9.



p. 568
144 Nell'originale: riconsigliarglisi.



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