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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO IV. Non è troppo quel castigo che dite dei padri nostri? |
IV.
Non è troppo quel castigo
1. [26] Tristi quelle lingue che proferiscono questo discorso intorno ai padri nostri: "Adamo ed Eva con il loro eccesso di disubbidienza ci hanno rovinati affatto. Siamo diventati come putridi cadaveri". Io domando: non è troppo quel castigo che dite dei padri nostri?...
Incominciamo dallo ascoltare in proposito ciò che ne insegna l'angelo delle scuole, san Tommaso: "L'uomo dopo il peccato ha bisogno della grazia divina per più cose sì, ma non maggiormente di prima: per guarire cioè e per meritare; prima ne aveva sol bisogno per meritare. Prima ei poteva, senza il dono sopran<n>aturale della grazia, conoscere le verità naturali, fare tutto il bene naturale, amar Dio naturalmente sopra tutte le cose, sfuggire ogni sorta di peccati, ma non poteva senza di lei meritare la vita eterna, essendo cosa superiore alle forze naturali dell'uomo...". E prosegue34 <con> dire che l'uomo per il peccato fu ferito bensì, ma non morto. E se Adamo non avesse peccato, non avrebbero potuto peccare i discendenti di lui, e forse più gravemente?... E se ancor nessun avesse peccato fin qui, non potressimo peccare ciascun di noi con disastro più irreparabile?... Perché Dio ha fatto l'uomo libero e non l'ha confermato in grazia come gli angeli un tempo.
[27] Or questa di Adamo fu colpa, ma di fragilità. Dissele il serpente ad Eva con astuzia: "Vorreste dirmi in grazia perché non mangiate di tutti i frutti indistintamente?" E quella: "Il frutto di quell'albero là ci ha proibito il Signore di assaggiarne". "E perché mo'?", aggiunse il serpente. Ed ella: "Perché, per caso, non avessimo a morire". Semplice e cattiva quella donna! Dio aveva detto assolutamente: "Voi morreste - 23 -se ne mangiaste" e l'incauta e la vana e superba comincia quel discorso che poi hanno tenuto tutti gli eretici cattivi fino a noi, con il mettere in dubbio e interpretare a modo proprio i comandi del Signore.
Eva invero mancò, ma la meschinella aveva testa da donna, che vuol dire leggera. Mangiò dunque del frutto e ne porse ad Adamo. E questi mangionne parimenti, ma spiegano i santi Padri che non ne assaporò con intenzione pessima in sé, ma per fragilità, o sia per non contristare la compagna che lo doveva accompagnare in tutta la vita. Furono nondimeno colpevoli ambedue. Si fossero almeno umiliati di cuore! Ma si umiliarono solo a metà. Dissero: "Vero che abbiamo mangiato", ma aggiunse la donna: "Ho assaporato perché il serpente mi ingannò". Ed Adamo: "Anch'io ho mangiato, ma perché me ne diede la donna che mi deste a compagna". La colpa dei nostri padri è questa e non altra. Non diciamone troppo. Nei secoli primi, quando <alcuni> zelanti sorsero a dirne di vantaggio e che Adamo e che Eva erano allo inferno, la Chiesa li fe' tacere. In quella vece i greci si inchinarono ad Adamo e ad Eva dicendo: "Avete pianto per novecento anni! Dio v'ha perdonato, noi vi veneriamo come santi". La Chiesa benedetta non li disapprovò punto questi pietosi.
2. E noi non diciamo nemmen troppo del castigo dei nostri primogenitori. Non diciamo che Dio li abbia maledetti, perché ciò non è punto [28] vero. Il Signore maledisse al serpente, perché questo era affatto maligno in sé e adoperò astuzia infernale. Fu maledetto ed ora ogni iniquità che riesce a far commetter dagli uomini è un marchio infame che si aggiunge sulla fronte di quel ceffo già sì detestabile.
Il Signore maledisse anche alla terra, e in ciò fece come un padre che maledice allo strumento di legno o di ferro con cui il figlio si ferì miseramente. Invero la terra fu maledetta e nemmen ora, dopo tanti secoli, frutta più che cardi e spine se non è coltivata col sudor di fronte.
<3.> Ad Adamo e ad Eva non maledisse dunque Iddio. Ma non lasciò di castigarli con permettere che un flagello di senso, la concupiscenza, li tormentasse di continuo. E mostrandosi in atto più di padrone che di padre, li cacciò dal - 24 -paradiso terrestre e là a custodirne l'ingresso vi pose un cherubino armato di spada fiammeggiante.
Tuttavia il Signore, sempre buono, vedutili i meschini confusi e tremanti, porse loro una vestimenta di pelle d'animale e poi con bontà immensa continuò <a> dire: "Una donna schiaccerà il capo al serpente. Da donna tale nascerà uno che sarà il salvatore di tutti. E voi e gli altri se crederete in quello che io manderò, voi sarete tuttavia salvi. Un giorno io vi assumerò nel soggiorno del mio paradiso". Quanta bontà! Dopo promesse siffatte più non rincresce una vita d'affanno, nemmen dolgono le agonie di morte. La morte è il fine dei mali quaggiù ed è il principio di un godimento eterno.
4. Eva tutta infervorata credette <di> poter essere lei stessa quella donna fortunata e quando le nacque un figlio chiamollo Caino, che vuol dire "uomo dio". Ma scortasi delusa, al secondo figlio [29] pose come <nome> Abele, che vuol dire "lutto" o "vanità". Né meno è a dire che i discendenti di Adamo in seguito perdessero affatto la cognizione di Dio, perché non l'hanno perduta in universale gli uomini, né prima il diluvio né di poi. Un popolo di eletti fu scelto fra tutti, il popolo d'Israele, con il quale Iddio parlava confidentemente, ma non si nascose neppure agli altri, o gentili o pagani.
5. Il chiarissimo teologo Gousset prova con dissertazioni luminose che i pagani ammisero sempre un Dio supremo, creatore del cielo e della terra; ammisero poi altre divinità, ma come subalterne e dipendenti. Ascoltate come ne parla Omero: "Riunitevi pure, o dei e dive, e sforzatevi quanto potete, che non saprete abbassare verso terra l'altissimo Dio, impenetrabile ne' suoi pensieri; che anzi, se <se> ne diletta, solleverà voi e tutta la terra ed i mari profondi e vi attaccherà all'estremità del cielo dove rimarrete sospesi, tanto è il potere illimitato che lo fa superiore agli dei ed agli uomini". Come Omero, così la discorrono tutti i poeti ed i filosofi dell'antichità.
E non solo di Dio, ma i popoli ritengono qualche contezza della Trinità augustissima. I chinesi credono che una persona trasse il mondo dal nulla, che altra persona separò gli elementi che ondeggiano entro il caos, la terza che ha fatto il giorno e la notte. Conservano parimenti tradizione della - 25 -caduta di Eva, del serpente che la sedusse, del castigo che accompagnò. Tutti ritengono riti espiatori che ricordano e riparano i danni di quella colpa. Perfino appo certi popoli pagani d'America, il pargoletto si reca al tempio, dove il sacerdote gli versa acqua sul capo e gli dà un nome. "Non dare orecchio alla donna -- dice un proverbio cinese, e aggiunge la chiosa -- perché la donna fu la fonte e la radice dei mali". [30] Nel 1813 una popolazione dell'America settentrionale, istigata dagli inglesi a sgombrare dalla natia sua terra, rispose per mezzo d'un de' suoi capi: "Le nostre vite sono nelle mani del grande Spirito. Egli ha dato ai padri nostri le terre che possediamo, e se tale è il voler suo, questi campi biancheggieranno delle nostre ossa, ma non fia mai vero che li abbandoniamo".
Eccovi il linguaggio che risuona spontaneo sulle labbra ancora dei pagani. Ed ha chi li vorrebbe condannar tutti allo inferno!... Ma non si scorge già che di cuore sono uniti a Dio ed a noi?... Inter<r>ogatene i savi nostri. I pagani e gli eretici che sono in buona fede e fanno il ben che possono, anch'essi ottengono salute. Il genere umano è il figlio del Signore e, benché talvolta sia figlio meschino e alquanto scorretto, Dio buono non omette d'averne cura pietosa. Questi son discorsi che son conformi a fede ed a ragione. Questo discorrere rianima il cuor nostro. Quel che ne dicono certuni in castigo <e> in demerito dei padri nostri è esagerazione cruda al cuore del cristiano pio.
2. Iddio maledisse al serpente ed alla terra.
3. Infligge ad Adamo e ad Eva un castigo.
4. Caino, "uomo dio", ed Abele, "lutto".
5. I figli di Caino, gli idolatri, conservano tuttavia qualche cognizione di Dio e della Trinità augustissima.