Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XXII. La Chiesa di Gesù Cristo

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XXII.

La Chiesa di Gesù Cristo

  <1.> [54] Non siate pretenziosi oltremodo. La Chiesa dei viatori quaggiù si compone di pellegrini santi e di altri che sono buoni sì, ma che più o meno risentono della stanchezza in viaggiare. Tuttavia perché poco o tanto ne sono imperfetti, non ve ne prendete scandalo; meglio è che consideriate il bene che da molti si fa. Nei giorni della prova Iddio dona anche più largo il suo aiuto, nel giorno del combattimento moltissimi cristiani combattono intrepidi e ne escono spesso incoronati.

  2. Veniamo subito alle prove. I tempi e le persone della persecuzione furono in ogni epoca motivo di tribolazione e di virtù ai seguaci di Gesù crocefisso.

  Questo si avvera sovrat<t>utto nel secolo secondo dell'era - 158 -cristiana. Di Roma infedele scrive san Giovanni nella sua Apocalissi: “E vidi una donna a cavallo d'una bestia di colore del cocco, piena di nomi di bestemmia, che aveva sette capi e dieci corna. E la donna era vestita di porpora e di cocco e sfoggiante d'oro e di pietre preziose e perle, e aveva in mano un bicchiere d'oro pieno di abbominazione e d'immondezza nella sua fornicazione e sulla fronte di essa il nome scritto: Misterio, la gran Babilonia, madre delle fornicazioni e delle abbominazioni della terra! E vidi questa donna ebria del sangue dei santi e del sangue de' martiri di Gesù... Le sette teste sono i sette monti sopra dei quali siede [55] la donna... E la donna che vedesti, ella è la città grande che regna sopra i re della terra50. La donna prostituita, circondata di vizio, di crudeltà, di nefandità, è Roma pagana.

  Marco Aurelio l'abbiamo scorto assalire la Chiesa con le armi della filosofia e con la spada della persecuzione. Commodo viveva in mezzo alle dissolutezze e poneva sua gioia in mozzar nasi alla gente, in spararne i loro ventri. Adunati un tutti gli storpi di Roma e dato loro per difendersi come pietra un pezzo di spugna, li uccise tutti e volle per quest'impresa esser salutato come Ercole gigante di fortezza. Sotto di lui i malandrini correvano liberi, l'impero era in preda alla dissoluzione. Strozzato Commodo, il grande impero fu dall'esercito messo allo incanto. Caracalla con molte lotte e con uccidere il fratello nelle braccia di Giulia51, la madre, ottenne il trono. Salitolo appena, impedì alla madre di piangere il figlio assassinato e passò fuor fuori colla spada ventimila di loro perché commiseravano l'infelice genitrice e compativano all'innocente ucciso.

  Eliogabalo, gridato imperatore da una legion di soldati, ammetteva al senato giullari ed istrioni. Viveva con lingue di pappagalli e di fagiani e i cani suoi nutriva con lingue d'oca. Assassinato, se ne buttò il cadavere nelle correnti del Tevere. Decio, un oscuro soldato della Pannonia, ottenne l'impero che - 159 -riempì di crudeltà, e dopo di lui Valeriano che fatto prigioniero da Sapore, re della Persia, fu scorticato vivo. La pelle conciata e tinta in color di porpora portavasi come vessillo nei combattimenti e se ne fece in parte dei tamburri battenti. Gallieno, il figlio, godeane. A questi fu riferito un che gli avevano rubato l'Egitto, ed ei rispose: “Ebbene non possiamo forse vivere senza il lino dell'Egitto?”

  Da Commodo a [56] Diocleziano, o sia nel periodo di 100 anni, 80 imperatori occuparono il soglio di Roma. Si davan la caccia come le belve. I più erano barbari, africani, mauri, siri, arabi, traci, goti, e furono crudissimi. Di tanti, sol due o tre morirono di morte naturale. Tutti gli altri furono strangolati. All'oriente invadeva la Persia; nell'occidente, al settentrione i popoli venuti dal Sennaar dopo la confusione delle lingue. Tutti impararono da Roma a devastare e oltrepassando i confini del Reno e del Danubio spargevano di sangue l'impero. Ecco la donna prostituta, Roma pagana, colpevole più che Babilonia antica.

  3. La Chiesa di Gesù Cristo viveva sotto l'impero di tal donna. Oh quanti le son toccati di patimenti!

  San Callisto pontefice e martire prese il volo verso al paradiso addi 12 ottobre 222. Il corpo fu sepolto nelle catacombe o cimitero che fu detto del suo nome. Questi cimiteri o dormitorii erano immense caverne scavate per trarne sabbia da fabbricazione e nelle quali allo ingiro di Roma i cristiani presero <ad> abitare e seppellire le salme dei martiri. Nella chiesa posta allo ingresso del cimitero di san Callisto leggesi questa iscrizione: “E' questo il cimitero del celebre papa Callisto martire. Chiunque lo visiterà veramente contrito e dopo essersi confessato, otterrà l'intera remission di tutti i peccati pei gloriosi meriti di centosessantaquattro mila santi martiri che quivi sono stati sepolti insieme a quarantasei vescovi illustri, tutti passati a traverso di gravi tribolazioni, e che per diventare eredi del regno del Signore hanno patito il supplizio della morte pel nome di Gesù Cristo”. San Prudenzio52 e san Paolino - 160 -dicono che una innumerabile quantità di altri martiri furono sepolti in [57] quelle medesime catacombe. Nel cimitero di sant'Ermete sono state trovate le due seguenti iscrizioni: “Marcello e cinquecento martiri del Cristo”, “Rufino e cinquecento martiri del Cristo”. Ne' cimiteri di sant'Agnese si legge: “Qui riposa in pace Gordiano, ambasciatore delle Gallie, scannato per la fede con tutta la famiglia. La sua fante Teofila ha posto questo monumento”. Una iscrizione alle porte della chiesa di sant'Ireneo in Lione narra che dician<n>ove mila cristiani, oltre alle donne ed ai fanciulli, morirono martiri. Il sangue dei forti correva a rivi per le vie.

  Nel 202, sotto Severo, quando fu proibito che alcuno si facesse o giudeo o cristiano, si commisero tanti eccessi che già si diceva esser prossima la fine del mondo.

  4. Rispondevano i martiri in Cartagine: “Siamo cristiani... non abbiamo fatto ingiustizia... Tempo a deliberare prendilo tu, o tiranno.... I potenti saranno più potentemente condannati53... Rendiamo grazie a Dio che oggi ci fa l'onore di ricevere i martiri nel cielo per la confession del suo nome. Non temiamo i tormenti, perché la grazia dello Spirito Santo ci conforta”.

  Alla vigilia del suo martirio esulta la nobil donna Perpetua Vivia, narra la storia de' suoi patimenti ed espone le gioie delle visioni celesti. Perpetua le descrive ella medesima le sue prigionie con tal fermezza che ben vi sembra di leggere i dettati della parola di Spirito Santo. Infine Perpetua guida la mano del carnefice inesperto e sale all'alto. Felicita, esposta alla furia del leone e della vacca furiosa, non attende che a raccogliere le vesti stracciate per difendere la propria pudicizia, e intanto finito il combattimento domanda: “Alle fiere quando saremo esposte?...”. Dov'era in quell'ora lo spirito di Felicita?...

  In Roma, Cecilia, nobile patrizia, distribuisce ai [58] poveri il largo patrimonio e ne istituisce un titolo di chiesa. Rivolta poi allo sposo Valeriano intima: “Non mi toccare o l'angelo - 161 -mio ti percuoterà”. “Mostrami il tuo angelo -- risponde Valeriano -- e io ti crederò”. Aggiunge Cecilia: “Vedrai dopo che tu abbia ricevuto il Battesimo di Gesù Cristo; or va da Urbano pontefice e ricevi da lui la parola di vita”. Poco stante Valeriano scorgeva al fianco di Cecilia l'angelo del Signore. Cecilia e Valeriano appaiono poi ornati di splendida corona e Tiburzio e Massimo gridano: “Anche noi siamo cristiani... dateci anche a noi una palma gloriosa”.

  Scrive Tertulliano che i giudici indispettiti imprecavano: “Vi mancano forse precipizii per inabissarvi o corde per istrozzarvi, ché correte in folla ai nostri tribunali per essere condannati?...”. Sorgevano confessori strenui e apologisti valorosi a difendere i proprii fratelli.

  5. Tertulliano, desioso già cotanto delle scene di sangue, si converte e con focosa vena scrive l'Apologetico, nel quale grida con voce di leone: “Dio è uno ed è trino... La religion di Gesù Cristo è la verità di Dio... I cristiani sono innocenti... I rei lo siete voi, pagani crudi”. Ai giudei grida: “Andatevene lungi, che voi avete ucciso il Santo e siete divenuti l'abbominio delle genti”. Agli eretici marcioniti intima: “Veramente putrido è il fiato delle vostre parole; andatevene, che siete peggiori dei pagani infedeli. E' forse indegno o impossibile o pericoloso che il Verbo di Dio abbia assunta umana carne? Pensate al giudizio di Dio e ritornate all'unità della fede che salva”.

  I gnostici insinuavano: “Eh via, uomini innocenti essere esposti a simili trattamenti!” e distoglievano dal martirio. Tertulliano scrive lo [59] Scorpiaco, lo scaglia loro incontro e grida: “Perite voi, traditori, che a guisa dello scorpione attendete a mordere il viso che non vi scorge”.

  E rivolto a tutti intima: “Siamo tutti cristiani intrepidi. Nessuno o scolpisca o ricami o insegni nelle arti o nelle scuole dei pagani. Lodo quel soldato che, venuto avanti l'imperatore per ricevere il suo premio, levò di capo la corona d'alloro segno di costume pagano”. Finalmente scrisse un trattato intorno alla pazienza, ma confessò di se stesso; “Che dirà colui che legge in sapere che io sì debolmente possiedo la virtù della pazienza?” Focosissimo era Tertulliano. Scrisse perfino - 162 -contro la misericordia e proferì errori di cui non sappiamo ancora se appieno siasi ravveduto. Infelice Tertulliano! Tu gridi contro la misericordia, e di te che sarà mai?...

  Fra i viatori in terra anche i generosi possono cadere in qualche fallo, ma chi non compatisce al capitano per quell'intrepido coraggio che sa infondere nel cuore de' suoi soldati? Tertulliano con i suoi scritti se non poté troncare il terrore della persecuzione, certo rianimò il fervore dei cristiani al martirio.

  D'ardore eguale è stato Origene che uscì dalla scuola di Alessandria. Giovinetto, a diciassette anni confortava il padre Leonida al martirio ed egli stesso vi aspirava con sì nobile affetto che la madre per non lasciarlo uscire era costretta <a> nascondergli le vesti.

  Le sostanze dopo il martirio del padre furono confiscate. Origene, raccolto in casa di una matrona di Alessandria, oppugnava ivi le massime di un Paolo eretico. Poscia insegnò belle lettere per vivere. Scriveva: “Ogni giorno vediamo le fonti dei martiri traboccare, ogni giorno vediamo [60] i martiri arsi dalle fiamme, interrogati nei tormenti, decollati dalla spada...”.

  A vista di tanto Origene trovavasi ovunque presente a confortare i fratelli. Spesso non bastava il circolo di una vasta città per nasconderlo alle minaccie. Scrisse un tessuto di filosofia, di teologia, di storia nel libro detto degli Stromati54, in cui Origene a mezzo della fede, della speranza e della carità cristiana elevò il cristiano da terra per congiungersi con Dio in cielo.

  Con lo studio assiduo di quattro lustri scrisse le Tetraple, le Essaple, le Ottaple, ossia versioni della Bibbia nelle tre o sei ovvero otto colonne di altrettante traduzioni, con commenti che si avevano allora. Il collega Ambrogio aiutavalo in tante sue fatiche. Scopriva le mariuolerie dei predicanti eretici e stringeva amicizia con Giulio e con i sapienti del suo tempo. - 163 -Fu di ingegno sterminato. Mamea55, la madre di Alessandro Severo, chiamollo a sé per udirlo. Il vescovo di Gerusalemme, Alessandro, gli permise di predicare pubblicamente. Le genti o pagane o cristiane traevano in folla ad ascoltarlo e ne partivano migliorate.

  Origene ebbe lodatori senza numero e trovò chi vituperollo vilmente. I biasimi e le lodi soverchie gli nocquero parimenti. In ispiegare la Scrittura Santa valevasi molto del senso morale e mistico. Origene stesso cadde in qualche errore. Indagatore intemperante, espose la sua opinione in favore della massima che sosteneva la preesistenza delle anime alla formazione dei corpi e intorno alla ristorazion di tutte cose dopo il finale giudizio. I seguaci ammisero poi come dogma quel che egli espose sol come opinione, e così gli fecero male quelli stessi che gli erano amici.

  6. Imperfezioni si trovano nei seguaci della fede [61] di Gesù Cristo, ma chi nol sa che tutti e solo perfetti sono i beati del paradiso?

  Origene lamentavasi che pochissimi conservassero l'innocenza battesimale, che i più ricadessero nei peccati antichi. Egli era uso predicare la domenica ed il venerdì, ma molti non andavano alla chiesa che nei solenni, e meno per imparare che per ricrearsi. Le donne specialmente ciarlavanoalto, che il silenzio ne era sbandito. Si duole che troppo erano dati alle cose temporali, all'agricoltura, al traffico, alle liti, alle corse dei cavalli, ai divertimenti. Duolsi che alcuni offerivano doni alla Chiesa, ma che non emendavano i propri costumi. Accenna a chi con gara aspirava alla dignità ed a trasmettersi gli onori della Chiesa e sostenersi in tal grado di autorità che i poveri non ardivano di accostarvisi. Lamentava che talvolta si veniva meno alla prudenza, che si aveva più cura della pecora per la lana che offre, che cura56 di un popolo a somministrare.

  Per pusillanimità o per favore si risparmiavano peccatori, in quella che per ira si punivano innocenti. Perseguitati, si offerivano - 164 -alla morte; non resistevano perché i cristiani, benché numerosi a quest'epoca del Trecento, pure non formavano tuttavia nazione. La Chiesa di Gesù Cristo è un'aia nella quale il buon frumento è misto quaggiù con la zizzania. Nondimeno queste imperfezioni, la Chiesa di Gesù Cristo sta. Ella dona in copia i martiri come abbiamo osservato testé.

  E Origene stesso, dopo avere accennato a quelle fragilità che emergevano ancora fra i cristiani del suo tempo, conchiude vantaggiosamente così: “Le Chiese cristiane, comparate colle assemblee popolari delle stesse città, sono come astri nel mondo. Chi non confesserà che i più cattivi d'una Chiesa sono tuttavia migliori della massa del popolo[62] pagano? Che se voi paragonate il Senato della Chiesa col Senato di una medesima città, troverete nel primo alcuni senatori degni di amministrare la città di Dio, laddove i senatori che dappertutto si veggono niente hanno con loro costumi che sia degno della preminenza che apparentemente li solleva sopra i loro concittadini...”.

  Noi discorriamo con pietà dei fratelli nostri. Tertulliano non la perdonava a difetti, e per non aver saputo usar misericordia uscì dalla Chiesa e si unì, almen per qualche tempo, alla setta dei montanisti. Noi non iscandolezziamoci delle fragilità altrui. Non disperiamo per le fragilità nostre. La Chiesa è un'aia nella quale il buon frumento è misto con la zizzania. Noi odiamo la zizzania, ma amiamo il buon frumento. Ammiriamo i buoni per imitarli. E nella zizzania stessa separiamo il loglio del vizio dal campo che l'ha prodotto. Dobbiamo detestare le iniquità, ma amare i peccatori per condurli a salute. Delle mancanze nostre poi dobbiamo imparare ad umiliarci e poi a confidare nella pietà di Dio.

Riflessi

1. Nella Chiesa sono fedeli cristiani perfetti e cristiani difettosi.

2. Visione di san Giovanni intorno a Roma pagana. Marco Aurelio, Commodo, Caracalla, Eliogabalo, Gallieno, Diocleziano, mostri di crudeltà.

- 165 -3. Moltitudini dei martiri santi. Catacombe di san Callisto, di sant'Ermete, di sant'Agnese.

4. Coraggio intrepido dei martiri.

5. Difensori intrepidi: Tertulliano, Origene.

6. Le imperfezioni nei cristiani sono un neo al confronto delle iniquità pagane.





p. 158
50 Ap 17, 3-6.9.18.



51 Originale: Getulia; cfr. Rohrbacher III, p. 178.



p. 159
52 Originale: Pudenzio; cfr. Rohrbacher III, p. 305.



p. 160
53 Sap 6, 8.



p. 162
54 Diversamente in Rohrbacher III, p. 187: « [...] Clemente alessandrino. Quest'ultimo intanto dava l'ultima mano a' suoi Stromati o tappeti».



p. 163
55 Originale: Manunca; cfr. Rohrbacher III, p. 290.



56 Originale: che per la cura.



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