Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Da Adamo a Pio IX (II)...
Lettura del testo

DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO II

XLIV. L'oriente ricade nella notte dell'errore

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XLIV.

L'oriente ricade nella notte dell'errore

  <1.> [284] Dall'oriente è venuta la luce. Ma gli uomini dell'oriente non la conobbero, o conosciutala non la curarono. Questa luce di fede, di scienza, di costume santo venne agli occidentali, e questi ne furono più riconoscenti. In occidente si fe' giorno grado a grado che sull'oriente scesero le ombre di notte. Mistero! Scorgiamolo questo avvenimento nell'ultimo periodo che chiude il sesto secolo.

- 357 -  <2.> Misera Costantinopoli, la Roma pagana per tanta sua incostanza e crudeltà! Ieri cattolica, oggi eretica. Ieri applaudiva al Vicario di Gesù Cristo, oggi lo condanna ad un Calvario di patimenti.

  Una donna, Martina, vedova dello incestuoso Eraclio si presenta al popolo in atto di dire: “Ecco la vostra imperatrice!” E additando il figlio Eracleona soggiunge: “Ecco il vostro augusto!” Ma il popolo tumultua: “Non vogliamo che una donna ci domini. Martina s'abbia tagliata la lingua. Ad Eracleona si amputi il naso e si mandino allo esiglio”. Martina ed Eracleona mutilati partono alla volta del Chersoneso.

  Eraclio morendo aveva lasciato due imperatori, due cesari, tre imperatrici. Al potere poi salgono due nipoti dello stesso, Costante e Teodosio.

  3. Intorno a Costante imperatore stava340 in Costantinopoli Pirro, succeduto a Sergio. Pirro non ottenendo che il popolo accettasse in massa [285] la sua eresia monotelita grida: “Rinuncio ad un popolo ricalcitrante”. Paolo gli succede e si inchina alla presenza di Pirro, che chiama santissimo. Il pontefice sospende l'approvazione al patriarcato di Paolo.

  Stefano, suffraganeo a san Sofronio patriarca di Gerusalemme, viene in nome di quella Chiesa e supplica che l'eresia sia schiacciata dalla pontificia autorità in Roma. I vescovi d'Africa non si recano di presenza, ma inviano scritti diretti così: “Al beato signore innalzato all'apice apostolico, il padre dei padri, il santissimo papa Teodoro, di tutti i pontefici supremo...” e lo supplicano parimenti a ricevere loro lettere di unione.

  Siria, Palestina, Egitto avevano le chiese chiuse e vedovate dai loro pastori per le irruzioni dei maomettani. Il pontefice, allora san Martino, manda suoi vicari per provvedervi. Di poi lo stesso pontefice aduna un concilio in Laterano per conquidere l'eresia monotelita.

  Eraclio aveva emesso la sua esposizione, detta Ectesi, e avevala ritirata. Il figlio Costante alla sua volta pub<b>lica un - 358 -formulario nel quale espone le diverse ragioni dell'una parte e dell'altra sulla quistione dell'una o delle due volontà in Gesù Cristo, e conchiude con dire: “Non se ne parli oltre, pena la maledizion da parte di Dio, e da parte nostra la deposizione dei vescovi o l'esiglio degli altri”.

  4. San Martino in udire sclama: “Dunque la verità non si può esporre chiaramente?... Non temo l'ira dello imperatore di Costantinopoli. Rispetto la verità del Re del cielo”. Tantosto invia a Costantinopoli decreto di condanna degli errori di Sergio e di Pirro. Intanto entra nella sala conciliare ed espone: “Eccoli i personaggi: Sergio, Ciro, Pirro... Ecco le proteste dei vescovi cattolici... Gli scritti [286] di Sergio, di Ciro, di Pirro sono questi...” e li esamina e ne discopre gli errori e le contraddizioni. Di poi conchiude: “Questa dei monoteliti è eresia la più perniciosa di tutte, perché è tanto sottile ed infinta”. Risposero i vescovi: “Sia condannata la rea dottrina”. Anatematizzarono dunque l'eresia con l'esposizione di 20 canoni.

  Gli atti del concilio si traducono dal latino in greco e si mandano a Costantinopoli ed in oriente. Il Tipo di Costante vi è condannato. Or che ne avverrà? La persona del pontefice è in mano a Dio. San Martino continua: “Non temo lo sdegno del re; per la verità Dio mi aiuta anche a subire la morte”.

  Intanto si rivolge a Giovanni, vescovo di Filadelfia, e gli parla: “Sia tu mio vicario nelle terre d'oriente. Le regioni di Canaan, di Ammon, di Moab, di Madian, di Edom, di Aram341, di Assur ricevano la tua parola. Le conquiste di Alessandro, di Ciro, di Nabucco, di Sesostri, di Nembrod342 provino l'autorità del Vicario del Signore e benedicano a Dio”.

  Gesù Cristo, primo pontefice su questa terra, si fece intendere ed amare con patire sulla croce. Il pontefice, primo Vicario del divin Salvatore, con soffrire ottien che gli uomini l'amino e gli obbediscano. Costante risponde a san Martino: - 359 - “Se il pontefice non vuol approvare il valore delle mie decisioni, esperimenterà ben egli la prova dei tormenti miei”. Intanto impone ad Olimpio: “Affrettati a Roma e riconducimi prigioniero quel vescovo san Martino che distribuisce nella chiesa la santissima Comunione”. Uno scudiero s'accosta per ucciderlo e quando gli fu vicino più nol vede.

  Succede Teodoro Pelluro, che grida: “Infamia al pontefice, che bestemmia la Vergine Madre di Dio e che è ribelle allo imperatore!” Risponde il santo: [287] “Io non sono punto come tu dici”. E i vescovi circostanti sclamano: “Anatema a chi dirà od a chi crederà che papa Martino abbia combattuto un punto solo della fede! Anatema a chi non sia perseverante sino alla fine nella fede cattolica!” Gridò Martino a' suoi satelliti: “Pera io solo, ma salvate i miei”. E i vescovi replicarono in coro: “Morremo con te!” L'accompagnavano dunque nella via dell'esiglio e della morte, ma furono ricacciati.

  San Martino camminava solo con i suoi carnefici seguito da sei servitori, ai quali fu permesso di recare in servigio al pontefice un vaso per bere.

  Martino soffriva assai per mali di gotta e per altri incomodi. Fu incarcerato per 93 giorni. Introdotto alla presenza dello imperatore, iscorse che soldati e ciurmaglie di ribaldi erano incaricati a deporre contro di lui. Disse allora: “Quello che volete fare, fatelo pur presto... In nome del Signore non fateli giurare questi testimoni”. Allo indomani per le vie della città il pontefice era trascinato col ludibrio, come già il divin Salvatore nel passaggio di Gerusalemme343. Era spogliato del suo pallio, squarciato nelle vesti, con un collare di ferro al collo e dietro il carnefice che seguiva con spada sguainata gridando: “E' condannato a morte”. Costantinopoli ascoltava e vedeva, né punto muovevane lamento. Ah, quali tenebre di fitta notte scendevano sopra la città! Moriva il patriarca Paolo, e questi in udire dalla bocca dello imperatore cotali trattamenti fatti a Martino disse: “Basti fin qui”.

  Gli fu commutata la pena di morte in quella di condanna - 360 -nella carcere di Diomede344 per tre mesi, e poi allo esiglio nel Chersoneso Taurico, l'attuale Crimea. Martino per qualche fu privo di senso e parve morirne. Nello esiglio sostenne molto di fame e di stenti. Scrivendo alla Chiesa di Roma lamentavasi: “Mi mostrai io forse nemico alla Chiesa [288] ché non mi mandate almeno un po' di pane o di olio a sostentarmi la vita?” San Martino morì nel bacio del Signore nel 655.

  5. Altro martello della eresia monotelita era san Massimo con il discepolo suo sant'Anastasio. Costante mandollo <a> prendere incatenato e quando fu da Roma a Costantinopoli gli intimò: “Non sei tu cristiano? Or perché ti mostri nemico allo imperatore?” Rispose san Massimo: “Se tu sei imperatore cristiano, perché non distruggi il Tipo che condanna la fede cattolica? La verità di Dio bisogna che si professi da' suoi seguaci pubblicamente”. Un vescovo Teodosio345 presente interruppe: “Che fare? L'imperatore non ne vuol sapere”. Al quale Massimo piangendo soggiunse: “E tu abiuri? Ci vedremo tutti nel giorno del giudizio”. San Massimo si inginocchiò di poi e disse: “Chiunque non confessa nostra Donna la Vergine santissima essere stata veramente madre di Dio, creator del cielo e della terra, sia anatema in nome del Padre, del Figliuolo, dello Spirito Santo, in nome di tutte le virtù celesti, degli apostoli, dei profeti, dei martiri e di tutti i santi, ora e per sempre e in tutti i secoli dei secoli. Amen”. Gli astanti soggiunsero piangendo: “Padre mio, voglia il Signore darti la forza di terminare degnamente la tua carriera”.

  San Massimo ebbe tagliata la lingua e la mano destra. Fu strascinato con obbrobrio nelle vie di Costantinopoli e poi condannato al bando. Massimo in seguito a molti altri patimenti morì addì 13 agosto 662. Sant'Anastasio lo seguì poco di poi nella via di molte tribolazioni. Il pontefice, allora sant'Eugenio, tenne loro dietro nel 658.

  6. Per tante iniquità scendeva sull'oriente la sera di una - 361 -notte caliginosa. Nell'anno 640 i musulmani conquistarono Alessandria. Era in quella città la più ricca biblioteca del mondo. Il vicario di Maometto disse: “Se quei libri concordano con [289] il Corano nostro, sono inutili, perché a tutto basta il libro santo. O sono contrari, e allora con più forte ragione si hanno a togliere”. Fu dunque distrutta quella immensa biblioteca. Erano in Alessandria quattromila bagni. Si dice che per sei mesi bruciando volumi furono riscaldati i bagni di quella città. Così i turchi sperdevano quella luce di verità in oriente, quella stessa che i monaci benedettini raccoglievano in occidente.

  I maomettani proseguendo disertarono nella Bizacena ed in Armenia e nella Nubia. Presero le isole di Cos, di Creta, di Rodi.

  7. In Siganfou, allora capitale della Cina, si disseppellì non è molto una lapide nella quale si legge che un sacerdote Olopen, “dalla vasta tonsura”, evangelizzò quello impero nella fede della Trinità, della Incarnazione, della Redenzione, della grazia, del peccato originale, del Battesimo, della Messa, della preghiera pei defunti. La Cina stessa in seguito a quest'epoca lasciò tramontare il sole della fede e richiamò l'orror della notte pagana.

  Il buio del fanatismo musulmano penetrò fino a Costantinopoli, già ottenebrata dalla dottrina di Pietro monotelita e di Tommaso ii, favoreggiatore di lui.

  8. Un Marone, dal quale furono detti maroniti i cattolici del Libano e dell'Antilibano, mantenne nelle altezze di quei monti la luce della fede. Avvalorò con quella la mente e il cuore de' suoi, i quali valendosi de' monti come di fortezze, delle valli come di nascondigli, scesero fino a Gerusalemme, fino a Damasco ed alle frontiere di Arabia sgominando gli eserciti musulmani.

  I saraceni ottennero di inoltrarsi per la via opposta fino alle mura di Costantinopoli. Fortunatamente un Callinico greco ebbe scoperto una fiamma, chiamata poi fuoco greco, che lanciata [290] dalla città sui navigli nemici bruciava uomini e navi, e non cessava di struggere perfino nelle acque. Per questo, califfo Moavia chiese pace per lo spazio di 30 anni, - 362 -pagando un tributo annuo di tremila libbre d'oro e di 50 cavalli scelti.

  9. Ma Costantinopoli, salva per un istante dalla scimitarra musulmana, versò spontaneamente sé e la Chiesa d'oriente in un perpetuo servaggio ed in un avvilimento irreparabile. Avvenne ciò in conseguenza del conciliabolo di Giustiniano ii, detto volgarmente in Trullo346, e che da Beda fu chiamato erratico.

  In questo conciliabolo furono approvati 85 canoni, detti falsamente apostolici e da papa san Gelasio già condannati. Mercé di questi fu approvato che non è valido il Battesimo conferito dai peccatori, che i vescovi non devono lasciare la propria consorte, che gli ordinandi si assumano, volendolo, una compagna. Per questo il prete greco ancora oggidì versa in quello avvilimento che facile è immaginare. Mercé di quei canoni è scomunicato chi digiuna in altri fuori che nel Sabato santo ed i vescovi di Costantinopoli sono dichiarati funzionari amovibili dello imperatore.

  Giustiniano mostrò d'aver perduto il lume dello intelletto perfino nella reggenza dello Stato ne' suoi interessi materiali. Nel 686 conchiuse coi saraceni pace che non doveva, e la infranse quando meno dovevalo nel 692. Nel 688 ruppe la pace coi bulgari con tanto danno proprio.

  Intanto pestava nei mortai le ossa dei poveri per cavarne monete fiammanti ad edificare palazzi e sale da festino. Pagare lentamente, mormorare contro le imposte, era delitto di morte. I contribuenti morosi si attaccavano coi piedi ad una trave alzata e si soffocavano col fumo di paglia accesa.

  Volendo distruggere per suo capriccio la chiesa attigua al palazzo suo, dedicata [291] alla b<eata> Vergine, disse al vescovo: “Recitate la formola di sconsacrazione”. Rispose il vescovo non trovarsene. Giustiniano venne alle minaccie. Allora Callinico proferì: “A Dio che tutto sopporta sia onore e gloria adesso e sempre e per tutti i secoli. Amen”. Il popolo,- 363 - stanco delle tirannie di Giustiniano, gli grida347: “Alla morte!” Avutolo nelle mani loro, gli tagliano la lingua ed il naso e così sfigurato lo mandano in esiglio nel Chersoneso.

  Nel 696 i saraceni ripresa Cartagine la seppelliscono sotto alle sue rovine. Le truppe greche, temendo castigo da Leonzio gridato testé imperatore in Costantinopoli, salutano augusto Absimaro, detto Tiberio, che tosto fa tagliare il naso a Leonzio e lo rinchiude in un monastero. Era l'anno 698. Con questi vituperi i greci alla fin del secolo sesto chiamano sopra sé l'orrore di secoli più caliginosi avvenire.

Riflessi

1. La luce di verità vien meno in oriente.

2. Eresie, scismi e incostanze a Costantinopoli.

3. Pirro e Sergio.

4. Patimenti del pontefice san Martino.

5. San Massimo prosegue <a> combattere i monoteliti.

6. I musulmani invadono l'impero greco.

7. I chinesi.

8. I cattolici maroniti.

9. Concilio erratico di Giustiniano.





p. 357
340 Originale: stavano.



p. 358
341 Originale: Aran; cfr. Rohrbacher V, p. 578.



342 In Rohrbacher V, p. 578: «di Nabuco, di Sesostri, di Nemrod».



p. 359
343 Originale: Gerusalemme.



p. 360
344 Originale: Biomede; cfr. Rohrbacher V, p. 584.



345 Originale: Teodoro; cfr. Rohrbacher V, p. 593.



p. 362
346 Originale: Israello; cfr. Rohrbacher V, p. 728.



p. 363
347 Originale: gridano.



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