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DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO III LXIV. Esempi di fede |
LXIV.
<1.> [13] Scorgiamoli gli esempi di fede, ché nelle notti procellose di un mare sconvolto sono cari come la luce di stelle che appaiono foriere di un giocondissimo dì.
Le tenebre palpabili di un Egitto caliginoso erano prodotte dalla superbia di Enrico, novello Faraone nella regione di occidente. Enrico, come Ciro, come Alessandro, come Cesare, attentava per dominare, ma viveva come quelli paganescamente e le grida del suo cuore turbolento scomparvero come i ruggiti di mare che si infrangono sempre vinti dallo scoglio duro. Facciamoci daccapo.
<2.> Morendo Gregorio vii, non vennero meno i forti divisamenti di quella grand'anima. I cardinali, i vescovi, i maggiorenti del popolo fedele si fecero a pregare: "Signore, eleggetelo voi quegli che deve essere in questo momento capitano strenuo in Israello". Una voce celeste parve dir loro: "Eleggete Desiderio" ed eglino si rivolsero a quell'abate di Montecassino. Desiderio nello intendere si fuggì e venne applicandosi alla conversione dei normanni e dei lombardi. Ma gli altri aspettano che egli per la solennità di Pentecoste si rechi a Roma, e intanto il circondano. D'un tratto i vescovi sclamano: "Dio lo vuole! Accettate il solio al quale vi chiama il Signore". Desiderio si fa riluttante, si prova per fuggire ma i principi del popolo e le turbe escono in uno sfogo di pianto amaro e supplicano che per la comune salvezza[14] non isdegni <di> accollarsi il grave peso. Desiderio piega angoscioso il capo.
I vescovi si chinano dinanzi a lui e il salutano con ossequio dicendo: "Tu sei Pietro". Matilde, la Debora forte, viene con sue truppe, impedisce che scismatici occupino il tempio di san Pietro e s'adopera acciò il pontefice Vittore dal suo trono diriga la terra. San Ladislao, re d'Ungheria, accorre14 con - 533 -venti mila cavalli e, assicurato il pontefice contro gli attentati dell'antipapa Guiberto, aggiunge al proprio esercito i volontari di Roma e muove contro ai musulmani a Tunisi e li passa in numero di 20 mila a fil di spada, perché cessino omai da molestare i credenti.
Il pontefice ne rese grazie a Dio e ammonì i popoli dicendo: "Guardatevi da Enrico, che è da Dio percosso e dalla Chiesa è scomunicato. Guardatevi dai partigiani simoniaci che corrompono la fede e sono maledetti. Vivete in pace. Io me ne parto. Eleggete al trono pontificio Ottone vescovo di Ostia".
3. Ottone fu assunto dopo più giorni di preghiera e di digiuno e prese il nome di Urbano. Egli è il secondo di tale appellativo ed è il pontefice intrepido che con la facella della fede guida i cristiani crocesignati alla conquista di Terra Santa. Urbano si volge ad occidente e ad oriente e intima: "Io vo' seguire gli esempi di Gregorio vii di santa memoria".
Chiama sant'Ugo di Clunì e gli dice: "Aiutami con l'opera e con il consiglio". A Ruggero duca suggerisce: "Libera Siracusa dalla invasion dei musulmani e ritorna poi a me per far cessare il pericolo delle insinuazioni greche fra noi in materia di religione". Ruggero obbedisce e ristora la fede e dispone perché sieno istituiti vescovi nella Sicilia.
Intanto Urbano si dispone per passare a Costantinopoli, ma ne è impedito da Guiberto, antipapa che minaccia <di> farsi signore di Roma. Chiamò Urbano a sé anche san Brunone, che lasciando il suo eremo di Grenoble [15]dolevasi con dire: "Io son costretto <a> lasciare un paradiso di godimento". E rivolto a' suoi continuò: "Ricordatevele poi sempre le promesse che avete fatte a Dio, perché con il Signore non si scherza".
4. Accadde qui che alcuni mercanti di Bari, arrivati in Antiochia, venissero nella deliberazione di rubare il corpo di san Nicolò e trasportarlo a protezione della città natale e dello intero occidente. Mercanti di Venezia maturavano lo stesso pensiero, ma questi di Bari prevennero. Recaronsi dunque nelle ore di notte al villaggio di Mira ed alla chiesa di san - 534 -Nicolò, e levatone il corpo benedetto il trafugarono alla nave e presero l'alto mare.
Quando se n'avvidero, quei di Mira mossero alti lamenti, ululavano con duolo vivissimo, ma la nave di Bari fendeva con prestezza le onde, e pervenuta a vista della città e sparsasi voce dello avvenuto, si incominciò una festa che continuò in tripudio per molte settimane. I popoli venivano processionalmente a salutare il santo martire e se ne ripartivano consolati spesse volte di avere o veduto o provato il buon favore di una prodigiosa grazia.
5. La fede di questi tempi, come dalla persona, così era illustrata dagli scritti di personaggi santi.
Sant'Anselmo, che nel 1086 volavasene al cielo, lasciò in molti libri le leggi del diritto canonico, svolgendovi le parti della primazia della Chiesa, della libertà di appello, dell'ordine delle accuse, della elezione e podestà dei vescovi, dei caduti, delle unioni coniugali, della penitenza, della scomunica e simili. Il cardinale Deusdedit lasciò scritta altra raccolta di canoni e pubblicò contro gli abusi dei principi e in favore dei diritti sacerdotali. Alfonso il Prode, re di Castiglia e di Galizia15, difese la fede contro ai saraceni e abolì la ceremonia con cui il re inchinava il suo capo al gran giustiziere del regno.
Ma nessuno ebbe sì viva fede come Margherita, [16] regina di Scozia. Fin dalla giovinezza tolse a vivere in continua unione con Dio; fu modello delle vergini, delle spose, delle vedove. Fra i molti figli suoi, Davide fu il più bell'ornamento del trono scozzese. In guardare al paradiso scioglievasi in lagrime. Curava i poveri come Gesù Cristo e piangevane di tenerezza. Santificò il proprio marito Malcolmo, che morendo nel 1093 ottenne l'onor degli altari. Anni di poi morì ella stessa dicendo: "Pregate per la povera anima mia; ricordatelo ai figli miei ché temano il Signore".
Non così fortunata fu la morte di Guglielmo il Conquistatore. Benevolo con i buoni ma oltremodo severo con chi l'avversava,- 535 - Guglielmo aveva dato alle fiamme Mantes16 sulla Senna, ma venuto a morte non cessava di dolersene, e donava in larga copia alle chiese ed ai monasteri e confessò pubblicamente i falli suoi.
Nondimeno appena spirato, i figli ne abbandonarono il cadavere; un privato a spese proprie ne incominciò i funerali. Alcuni monaci e laici accompagnavano il feretro, ma il lasciarono per estinguere un incendio appiccatosi lungo la via. Un privato gli contese il luogo del seppellimento, e in calarlo finalmente nella sepoltura il corpo si effuse con molto orrore e spavento dei circostanti.
Nel 1089 moriva in benedizione di personaggio santo e benefico Lanfranco, che eresse dalle fondamenta la chiesa metropolitana di Cantorberì, fece gloriosa la scuola dell'abbazia di Bec ed ebbe discepoli illustri: Anselmo, che fu poi Alessandro ii, ed Ivone, santo vescovo di Chartres.
A Guglielmo il Conquistatore era succeduto nella Inghilterra Guglielmo il Rosso, il quale seguendo l'esempio del padre aspirava per far proprio il patrimonio dei vescovadi e delle abbazie quando si rendevano vacanti.
6. Cantorberì era pure vacante; il conte Ugo eresse un monastero per chiamarvi Anselmo, ma questi temendo[17] nol facessero vescovo rifiutava <di> recarvisi. Dissimulavano gli altri, e pressatolo l'invitarono a Cantorberì. Aderì Anselmo, quando videsi tosto circondato da personaggi, da turba di popolo che supplicando a mani giunte l'indussero ad accettare il vescovado. Alcuni maligni dissero che infinte erano le ripugnanze sue, ma egli se ne giustificò.
Anselmo fu sollecito a protestare severità con i disonesti e con i simoniaci. Venuto al re Guglielmo per adunare concilii e per riparare a troppi abusi incorsi, Guglielmo rispose: "Questo mi spiace oltremodo; i proventi dei vescovadi e delle ab<b>azie sono miei, e tu del vescovado di Cantorberì osasti proferirmi in dono la vil somma di lire cinquecento?" Sparse poi voce di minaccia, onde Anselmo chiese un salvacondotto - 536 -per lasciare il paese, ma non l'ottenne. Scrisse a Roma informandone il santo pontefice, il quale staccato un legato dissegli: "Ricevi questo pallio e recalo segretamente in Inghilterra. Pervenuto poi alla corte del re Guglielmo, scopri suoi intendimenti e intanto prendine norma per conferire il suo pallio ad Anselmo".
Guglielmo aderiva all'antipapa Guiberto. Nondimento ricevette con festa il legato e tennelo alla sua corte così splendidamente, che già da non pochi vociferavasi: "Anche i prelati di Roma si lasciano prendere all'esca dei donativi di Guglielmo?" Sant'Osmondo vescovo per un istante parve egli stesso contrario ad Anselmo. Né Guglielmo si fece ardito a proporre al legato che deponesse l'arcivescovo. Allora l'ambasciator pontificio diessi a conoscere. Partì da corte e venne ad Anselmo. Or qui dicevangli taluni: "Voi potete per ossequio al re ricevere da lui il pallio", ma l'arcivescovo soggiunse: "Il mio sovrano è il pontefice". Replicavano altri: "Voi potete almeno offerire in dono a Guglielmo una cospicua somma". Di nuovo replicava l'arcivescovo: "Ho i miei poveri a soccorrere". [18] Deposero dunque il pallio nella chiesa ed egli a presenza di una turba di popolo giubilante assunse le insegne pontificie dal santo altare. Ne scrisse ringraziandone Urbano e conchiudeva: "Io sono afflitto, o Santo Padre, di essere quel che or sono e non più quello che era dapprima".
Anselmo era nato in Aosta nel 1033. Studiò con assiduità instancabile finché, venuto a Francia ed in Inghilterra, fu eletto superiore della celebre ab<b>azia di Bec. In questa Anselmo ottenne tanta fama che i principi stessi facevano a gara per fargli visita e regalarlo. I figli della nobiltà inglese venivano raccomandati alla scuola di Anselmo, il quale a differenza di più altri che nello insegnare adoperavano troppo spesso la verga, egli usava l'insinuazione di padre amorevole, la prevenzione di educatore saggio con che ammaestrava discepoli egualmente istrutti che riconoscenti. Anselmo piaceva a tutti. Con la sua virtù facevasi amare dai buoni, rispettare dai tristi. Lo stesso Guglielmo il Rosso alla sua presenza stavasi a mo' di agnello.
Anselmo scrisse libri: Modello di meditazione sui misteri - 537 -della fede o Soliloquio, La fede che cerca intendere quello che crede. Compose in confutazione di errori allora dominanti un trattato della santissima Trinità ed altro della processione dello Spirito Santo. Scrisse altri libri con diversi titoli: Il grammatico, Della caduta del diavolo, Della volontà, Del libero arbitrio, Della verità, e più altri nei quali iniziò il metodo di insegnamento che più tardi fu detto scolastico. I suoi trattati di metafisica cercavansi avidamente. Or noi chiameremo tempo di ignoranza questo che andiamo considerando? Di sant'Anselmo ne scrisse la vita Eadmero.
7. Altro Anselmo insegnava con molto profitto a Laon. Odone17 ammaestrava pure con tanta cura da attirare a sé studiosi di tutte le nazioni. Educava poi a sì buona pietà, che i suoi allievi in numero più che <di> [19] dugento conducevali giornalmente alla chiesa e voleva che vi dimorassero con la pietà di monaci devoti. Odone in studiare il libro di sant'Agostino intitolato Del libero arbitrio scioglievasi in lagrime. Poco stante si ritrasse con cinque chierici in solitudine con Dio, finché fu esortato a ricevere la dignità vescovile.
Ivone, dopo tante sue lagrime in fuggire una dignità, venne ordinato vescovo di Chartres, dove fu come candelabro lucente, modello di sante virtù a tutto l'episcopato francese. Ivone solo fra tutti rimproverò a Filippo re l'adulterio scandaloso con Bertrada, sposa legittima del conte d'Angiò. Il pontefice Urbano, lagnandosene sovrat<t>utto allo arcivescovo di Reims, aveva scritto: "Rimproverate al re la sua iniquità o sarete voi stesso colpito da scomunica". Ivone, che intrepida aveva alzata la voce, ne fu incarcerato. Dalla sua prigione scriveva Ivone a Filippo: "Son migliori le ferite dell'amico che le carezze dell'adulatore". Il re smaniavasi di furore e minacciava Ivone. Questi cercò un salvacondotto e gli fu negato. Scrivevane allora al pontefice: "Liberatemi di questo peso del vescovado o datemi una verga di ferro atta a spezzare questi vasi di creta".
- 538 - Dietro le istanze di Ivone, Ugo, arcivescovo di Lione, aduna un concilio nel quale scomunica Filippo, Enrico iv e Guiberto antipapa. Filippo alla sua volta adunò un concilio a Reims al quale citò Ivone, ma non ottenendo si rivolse al pontefice. Questi in scorgere che Filippo dolevasi dubbiamente, rimandollo.
Urbano guardò a Germania e si confortò in vedere che lo scisma veniva cessando. I principali fautori erano morti. Tiemone, che alla presenza di una turba di fedeli affrettavasi per usurpare al vescovo Altmanno18 la sua sede di Passavia, si affogò nel fiume in passarlo avanti altri. Morirono anche molti fra i difensori strenui della fede, onde gli scismatici parevano rialzare il capo, ma sentivansi replicare: [20] "La podestà che viene da Dio è potere ordinato. Che ordine ha Enrico, egli che fu assassino, sacrilego e tiranno?" Lo stesso vescovo scismatico di Naumburgo in iscorgere le lacerazione de' suoi correligionari scrisse un libro per dimostrare la necessità ed i mezzi di mantenere l'unità della Chiesa.
Urbano allo scopo di rafforzare la parte dei cattolici persuase a Matilde di sposarsi a Guelfo duca di Baviera.
8. Enrico per questo n'ebbe tanto rammarico che, disceso in Lombardia, pose ogni cosa a sacco ed a fiamme. Quando Corrado, figlio legittimo di Enrico19 e di Berta, si unì a Guelfo di Toscana, accettò il concorso delle città di Milano, di Crema, di Lodi, di Piacenza e vinse Enrico, questi chiuso in carcere minacciava <di> uccidersi. Corrado, ripudiato da Enrico perché non applaudì alle sue dissolutezze, cinse la corona in Italia. Voleva vivere perpetuamente casto, ma l'indussero a sposar la figlia di Ruggero duca di Sicilia.
In Sicilia e nella Puglia, di questo tempo, Nicolò detto Pellegrino percorreva le città gridando incessantemente: "Kyrie eleison; Signore, pietà di me!" Schernito o battuto o incarcerato,- 539 - gridava anche più forte. Regalava i fanciulli e beneficava con tutta possa i poveri. In Baviera, in Francia, nella Italia venne un male epidemico pel quale molti vennero meno. In morire raccomandavansi a Dio con segni di alta rassegnazione. Il monaco Nicolò raggiunse l'onor degli altari.
Contemporaneo a Nicolò fu sant'Ulrico, il quale si fece religioso a Clunì. Con benevolenza rara guadagnavasi l'animo de' suoi avversari, alcuni par<r>oci che temevano venissero loro meno le offerte. Diceva a' suoi: "Non domandate a veruno cosa qualsiasi e siate tardi in accettare quello che per avventura vi viene offerto". Si applicavano con assiduità allo studio dei Libri santi e per vivere contentavansi di fave e di [21] miglio. Manifestavano in capitolo le proprie colpe. Le mancanze pub<b>liche o le disattenzioni nell'ufficiatura sacra venivano punite issoffatto. Adoperavano diligentissima cura per disporre il pane ed il vino per il santo Sacrificio. Sant'Ulrico con queste regole istituiva comunità numerose al pari che esemplari.
I fedeli dell'uno e dell'altro sesso o traevano ai conventi ovvero conducevano in casa vita monastica. Certo Guglielmo adunò intorno a sé dugento monaci e scrisse Della musica, Del computo ecclesiastico, Della costituzion dei monaci e più altri libri accreditati. Vergini e maritati venivano in folla per domandare a Guglielmo una regola di perfezione, ed ei li accontentava. Villaggi intieri gareggiavano per esercitarsi nella virtù e crescere in perfezione.
Giammai fu scorto nei secoli passati esempio sì caro. Quanto viva è la luce di fede che illumina la terra! Come ravviva i cuori a virtù! Benedetto quel lume che dal cielo scende a confortare noi miseri quaggiù!
1. Le superbie di Enrico iv cadono infrante.
2. Desiderio è assunto al pontificato.
4. Da Antiochia si trafuga in Bari la salma di san Nicolò.
5. Sant'Anselmo. Santa Margherita di Scozia. Lanfranco.
- 540 -6. Vita faticosa e opere di Sant'Anselmo.
7. Odone buon maestro. Sant'Ivone. Altalena di Filippo di Francia.
8. Enrico scende in Lombardia. Sant'Ulrico20 e buon fervore delle comunità religiose.