IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
DA ADAMO A PIO IX QUADRO DELLE LOTTE E DEI TRIONFI DELLA CHIESA UNIVERSALE DISTRIBUITO IN CENTO CONFERENZE E DEDICATO AL CLERO E AL POPOLO III LXVI. Lotte e trionfi |
LXVI.
1. [27] Personaggio virtuoso si dice colui che per acquistare la virtù risolve a far violenza a se stesso. Di questo carattere furono in genere i prodi che si armarono con il segno - 545 -di croce per liberare il santo sepolcro di Cristo. Essi combatterono lotte intrepide e raccolsero trionfi splendidi.
Goffredo di Buglione era a capo di una moltitudine sterminata di combattenti. Egli aveva coraggio da eroe ed era semplice come un cenobita. I principi guardavano a lui come a modello; i soldati avevanlo come padre, i popoli come sostegno.
I ricchi portavano a Goffredo lor tesori, le donne recavano gli abbigliamenti propri. Le sole cose che si desideravano in questi momenti era<no> l'oro ed il ferro. Nelle tende dei principali crociati si ammonticchiavano pezzi di moneta come le frutta più comuni nelle capanne dei contadini. Molti si addebitavano per regalare in maggior copia. Goffredo si contentò di vendere le proprie terre.
<2.> Goffredo marciò alla testa di ottanta mila fanti e di dieci mila cavalli. Camminava con fede e voleva che i suoi gli obbedissero puntualmente. Per questo fu bene accolto dagli ungari e poi dallo stesso imperator greco. Accompagnavano Goffredo Ugo, duca del Vermandese, Roberto, duca di Normandia semplice e coraggioso, Roberto di Fiandra, forte come Cesare in guer<r>eggiare, valente come Virgilio in poetare25. Questi partirono da Francia e fecero capo a Roma, dove invero molti ebbero a patire per parte degli scismatici.[28] Alcuni si trovò che atterriti venderono l'arme per un bordone da pellegrino e ritornarono.
In Italia si congiunse Boemondo, principe di Taranto, che d'un cubito sorpassava la statura ordinaria de' suoi commilitoni. Armigero ed eloquente, sapeva parlare con persuasione ai semplici ed agli ambiziosi allo scopo di guadagnarsi poi un regno presso a Gerusalemme. Il cugino di costui, Tancredi, piissimo e intrepido, non sapeva persuadersi che un cristiano potesse o dovesse far la guerra. Si accese quando udì che la crociata era indettata dal sommo pontefice. Altri personaggi di vescovi e di conti accompagnavano.
- 546 - L'imperatore di Costantinopoli nello scorgere tanto esercito e sì bene agguerrito disse fra sé: "Questo per me è difesa soverchia contro ai turchi ed ai cosacchi. Accompagnarmi a loro per sommettere Gerusalemme, non ho coraggio sufficiente. Meglio è che volpeggi e intanto che li assalga". Rivoltosi poi ad Ugo disse: "Giurami fedeltà". Quegli promise. Voleva che il Buglione facesse altrettanto, ma ei rispose: "Se tu aiuti i crociati, noi aiuteremo te stesso". Alessio negò gli alimenti e Goffredo si diè al saccheggio, e così diè per vivere a' suoi. Boemondo sperava che si sarebbe fra loro diviso l'impero greco.
Quistionavano però non poco, ma pervenuti alla valle di Civitot e scortala biancheggiante delle ossa dei crociati caduti, levarono alto duolo e si unirono con vincolo di fede e di carità. I fuggitivi nelle montagne discesero per congiungersi ai propri fratelli.
3. Di subito assediarono Nicea. Tagliavano le teste a quanti turchi potevano e gettavanle in parte entro le mura, e altre mandavanle ad Alessio in sacchi ripieni. Questi, scorti vincitori i crociati, venne con aiuto di soldati, ma superate le mura l'imperatore greco fece sventolare le bandiere proprie per dire: "Questa città è mia". Gliela ritolsero i crociati e intanto, divisi in due eserciti, partirono finché i turchi, [29] fortificatisi nelle pianure di Dorilea, ivi attesero l'attacco. Si accese combattimento vivissimo. Ademaro vescovo e Raimondo26 accalorarono con gagliardia, le donne stesse distinguevansi per coraggio in assistere ai feriti e portar acqua ai soldati che parevano cadere per sfinimento. In quella giornata caddero ventimila turchi.
I superstiti abbandonavansi alla fuga e sclamavano: "Questa dei crociati certamente è forza di Dio, ovvero del diavolo". Ma in fuggire disertavano i paesi, onde i crociati ebber a soffrire immensi disagi di fame e di sete. I cavalli perivano nello stento. Vedevansi allora capitani e soldati cavalcare giumenti e trascinar seco giovenche, maiali, cani e quant’altro- 547 - poteva sorreggerli nel cammino. Finalmente incontrarono un fiume e qui si dissetarono. I popoli cristiani dell'Asia minore incontravanli con gioia e salutavanli liberatori.
Ma furono in gran duolo quando Raimondo di Tolosa infermò tanto che omai si era fatto deporre sulla cenere per spirare in quella. I crociati pregavano con fede. Raimondo guarì e fu reputato un miracolo, onde tutti porsero a Dio rendimento di grazie.
Goffredo di Buglione in provvedere di cacciagione i suoi vide che un orso assaliva un soldato. Il capitano afferrò pel collo il formidabile animale con un braccio e con l'altro gli piantò la spada nelle viscere, ma in ritrarla si ferì e sparse molto sangue. I crociati a quella visita dolevansi più che se avessero perduta una battaglia, ma furono confortati in sapere che la piaga non era mortale.
Movendo poi da questo luogo, i crociati giunsero a Corsone nel Tauro. I musulmani per le sconfitte di Nicea e di Dorilea concepirono sì alto spavento, che fuggendo lasciavano i paesi propri in potere dei crociati.
Molti fra questi, che in un'Europa erano semplici possidenti, acquistarono territori copiosi a governare [30] in queste regioni dell'Asia; Baldovino fu adottato in figlio dal principe di Edessa ed alla morte di lui gli succedé nel governo della città ed estese il suo dominio alla Mesopotamia ed altrove.
4. Da questi luoghi i crociati guardano alla prima cattedra di san Pietro, alla regina dell'oriente, ad Antiochia cinta in giro di tre leghe da alta muraglia con 360 torri. Antiochia era altresì munita di cittadella creduta insuperabile ed era difesa da settemila cavalieri e da ventimila pedoni. I crociati volgevano lo sguardo là e pregavano. Molti eremiti traevano dalle valli circostanti a confortare i crociati. L'Europa e l'Asia stavano tremanti alla vista di ciò che ne sarebbe seguito.
I musulmani stavansi muti. I cristiani, credendoli mezzo morti dalla paura, si diedero ai godimenti e intanto assediavano la città. Ma vennero le pioggie invernali e con quelle una carestia di viveri sì penosa che, mentre prima tornavano loro a noia le parti migliori delle carni dei buoi e degli agnelli, ora - 548 -anelavano a saziarsi delle carni di cani morti. I loro cavalli in numero di 10 mila si ridussero a duemila.
Il vescovo di Puy aveva perduto il suo stendardo e Svenone, figlio del re di Danimarca, fu ucciso dai turchi della montagna. Nello esercito entrò la mortalità e lo scoramento. Guglielmo visconte27 di Melun disertò. Il duca di Normandia gli tenne dietro, ma ritornò dopo che fu richiamato per la terza volta in nome di Gesù Cristo. Lo stesso Pietro Eremita parve venir meno e ritornò, ma sol quando fu minacciato nel capo. La caduta di Pietro ridestò sì vivo stupore come se avesse potuto una stella cader da cielo. I siri intanto venivano a spiare nel campo dei crociati, e Boemondo castigolli. Ambasciatori vennero dallo Egitto a dire: "Noi vi introdurremo in Gerusalemme, città santa, ma a condizione che sfogata la vostra divozione ve ne partiate dopo un mese". Risposero i [31] crociati. "Il cielo vuole che Gerusalemme sia nostra per sempre".
Intanto davansi con severità a castigare i falli di furto e di licenza dicendo: "I peccati sono gli impedimenti che ci trattengono da occupare Terra Santa". Intanto che così si disponevano, ecco giunger notizia che genovesi e pisani erano pervenuti con armi e con provvigioni al porto di San Simeone. I crociati mossero festosi incontro ma disarmati, onde un corpo di turchi li assalse. Goffredo, come intese ciò, venne sopra con tanta gagliardia e fugò gli avversari sì rapidamente che questo suo special trionfo fu poi cantato da ingegni illustri nel linguaggio della storia e della poesia.
Ritornarono dunque ricchi allo assedio di Antiochia, dove operarono con lavoro instancabile. Goffredo ritornò in vigore la disciplina, allontanò i vagabondi ed i mendicanti. I siri alla loro volta, incarcerato il patriarca della città, tormentavano i cristiani in quella. Ma questi facevano sapere <che> progredissero pure con fede, che quanto a sé reputavano i patimenti un guadagno, la morte un trionfo.
Gli antiocheni, oppressi alla loro volta dal tormento della - 549 -carestia, domandano tregua per tre mesi. I crociati con bonarietà loro solita l'accordano, ma ne hanno questo pro, che Baldovino venuto a conferire con Firoo, il custode delle principali fortezze di Antiochia, sentesi28 proferire per tradimento la resa della città. Acciano, il governatore, par che se ne avveda, ma Firoo dissimula e intanto voltosi al proprio fratello gli intima: "Sei tu disposto alla resa?", e inteso che no, gli tagliò d'un colpo il capo e chiamò i crociati. Boemondo salì il primo per una scala a mano. Questa si ruppe. Firoo di fretta sostituì con altra. I crociati avevano disposto intorno torri di assalto. Goffredo dalla più alta dominava a tutto il suo esercito e respingeva i dardi turchi. Questi avventando fuoco greco cercavano <di> incendiar gli apparecchi dei [32] crociati, i quali nella vigilia dello assalto in molta parte erano venuti con cantici e con preghiere vive intorno alla capitale. I turchi dardeggiavanli, ma i fervidi crociati parevano non risentirsene.
Venuta la sera in cui Firoo disponevasi a dar le fortezze in mano ai crociati, al favor delle tenebre s'aggiunse una bufera con lampi e grandini, onde i turchi stavano al riparo entro le case o fortezze proprie, quando improvvisamente con il fuoco greco i crociati accendono le munizioni della prima fortezza e rapidi si accostano alla seconda e alle altre fino alla settima. Il terror entra nell'esercito nemico. I musulmani si volgono in fuga precipitosa, i crocesignati li inseguono. I saraceni riparano entro ai loro tempii reputandosi salvi. Ma i crociati li inseguono e ne fanno orrenda strage. La gioia nei crociati fu indescrivibile.
5. Alcuni però trascorsero in godimenti pericolosi ponendosi a danzare con donna pagana. Allora venne sopra ai crociati un pericolo quanto meno preveduto, tanto più minaccioso. Il presidio della cittadella, reputata già inespugnabile, rifiutava <di> arrendersi, e intanto dalle montagne moveva un esercito di turchi per comprendere nel mezzo i crociati. A questo punto alcuni smarrirono di coraggio. Stefano di Blois disertando riferì all'imperator greco, che veniva con aiuto, - 550 -essere omai l'impresa disperata. A tale nuova Alessio, già timido per natura, si ritrasse alla sua capitale.
I pianti ed i gemiti dei crociati salivano dall'alto. Chiudevansi nelle case come in un sepolcro. Per ritrarli Boemondo fu costretto <a> dare il fuoco a quelle loro abitazioni.
Si riferisce che sant'Ambrogio29 apparisse per confortare i combattenti, che una apparizione celeste rivelasse il luogo in cui stava nascosta la sacra lancia con cui da Longino fu ferito il costato al divin Salvatore. Pochi a principio parvero prestarvi fede, ma [33] quando si ebbero prove persuasive si infiammarono maggiormente di ardore novello.
Era il giorno solenne dei santi apostoli Pietro e Paolo. I crociati confessarono le proprie colpe, si comunicarono a Gesù nel Santissimo Sacramento. Invocarono poi la protezione dei santi apostoli, e lasciati pochi per tenere in bada gli avversari nella cittadella, gli altri si incamminarono per incontrare le truppe dei saraceni delle montagne. I poveri crociati, pochi di numero, stremati di forze, infermi, poverelli nella salute, cavalcavano giumenti spossati; Ademaro vescovo precedeva. Pervennero al ponte del fiume Oronte, cui l'anno innanzi avevano tolto per primo ai nemici con un valore che lodarono poi tutte le storie e che fece atterrire massimamente i musulmani. A questo punto intuonarono cantici di invocazione e ripeterono il grido: "Dio lo vuole! Dio lo vuole!" Cadde intanto una leggier pioggia a ristorare il cammino dei crocesignati.
Narrasi che ad incuorarli apparissero i martiri Giorgio, Demetrio e Teodoro. Qui fu un prodigio. Pochi crociati stesero al suolo centomila saraceni. Il cielo visibilmente mostrossi in favor dei cristiani. Molti dei turchi si convertirono. I crociati diedero gloria a Dio; scrissero in occidente esponendo: "Quaranta città sono soggiogate. Affrettatevi e aiutate <a> compiere l'opera di Dio". Ad Alessio imperatore scrissero con forte lagno per tanta sua mala fede. In questo momento Ademaro, che sì bene aveva tenuto il posto primo di capo spirituale- 551 - della crociata, infermò e morì, lasciando nel duolo i suoi che il seppellirono con mestissimo rito.
6. Volevano poi marciare sopra Gerusalemme, ma temettero i calori estivi, e intanto il califfo d'Egitto ne prese possesso. Nell'ottobre seguente ripresero il cammino e giunsero a vista di Gerusalemme. I crociati sentivansi il cuore battere in sussulti. [34] Un vivo fervore animavali di gioia e di timore. Strinsero d'assedio la città e si diedero alle opere di lavoro e di preghiera.
Insorse dubbio che la lancia venerata e che recavasi innanzi nei combattimenti fosse la vera che trafisse il costato al divin Salvatore. Nel giorno di Venerdì santo quaranta mila si adunarono per conferire in proposito. Si trovò chi espose per primo di averne avuta celeste rivelazione, e gli si proferì a sostenere la prova dal fuoco. Fu dunque accesa un'immensa catasta ed egli, invocato il santo nome di Gesù, vi si mise entro. Dimorò qualche momento nel mezzo e poi n'uscì illeso dalla parte opposta. Allora fu una tenerezza indescrivibile. Il popolo dei crociati si rovesciò addosso <a> lui per avere una reliquia de' suoi abiti, un capello del suo capo. In questo agitarsi fu chi trascorse a strappare non solo un ciuffo di capegli od un pizzico dei peli della sua barba, ma gli strapparono, nel fervor di divozione, pezzi di pelle dal corpo, e poi l'onda di gente in premere intorno a lui gli ruppero le coste e la spina dorsale, per cui in breve ebbe a morirne.
In trascorrere nella Fenicia i crociati avevano eccitato immenso desiderio e vivissimo contento nei cristiani di quelle regioni. Una colomba cadde in mezzo a loro, che portava sotto le ali le disposizioni del campo nemico. L'ebbero per un felice augurio. Giorni di poi iscorsero la luna tinta di sangue e questo li accorò alquanto. Avevano istituiti vescovi a Lidda ed a Ramla30. Pervenuti poi a vista di Gerusalemme, avevano riempiuto di acclamazioni e di sospiri tutto l'aere intorno. Quanti affetti in quei cuori generosi! Tancredi venne a passar la notte in orazione presso al Monte degli olivi. Pregava con la - 552 -pietà di un angelo al Getsemani, quando al mattino seguente cinque turchi l'assalsero. Tancredi levossi in un baleno, ne stese morti due e fugò gli altri e fece ritorno al suo campo.
I cristiani potevano assediare le mura di Gerusalemme[35] solo per metà. Gerusalemme era cinta da doppia muraglia. Ora un cumulo di stenti colse i crociati nostri: fame, sete, disagi senza misura. La fontana di Siloe e il torrente Cedron eran disseccati. Con isforzo generoso fecero cadere le prime mura, ma restavano le seconde, dalle quali i turchi saettavano dardi e cacciavano innanzi il fuoco greco per infiammare.
Non giungendo soccorso d'Europa, pareva ai nostri di trovarsi a guisa del Salvatore in croce quando gemeva: "Anche voi, o Padre, mi avete abbandonato?"31. Ma in questo grave estremo pervenne una flotta di genovesi a Joppe, recando armi e viveri con eletto numero di ingegneri, di carpentieri atti a dirigere le macchine di assalto. Con lavoro incredibile adunarono travi che tagliarono dalle selve scoperte, o tolsero dal tetto o di case o di chiese, e construssero fortezze mobili e congegni di macchine poderose. Compierono poi intorno a Gerusalemme una processione in giro divoto e appiccarono l'assalto. Il fuoco greco dei saraceni pareva invadere ovunque le difese dei crociati. San Giorgio martire dicesi che apparisse loro dal monte Oliveto. Goffredo, che dall'alto di sua torre guardava a tutto l'esercito de' suoi, spinge contro alle mura la sua fortezza mobile, gitta il fuoco entro la città. Questo s'appiglia in vorticose fiamme. Un vento insorge e infervora più vivamente l'ardor delle fiamme. Gerusalemme è in un incendio vivissimo. I saraceni ritiransi entro al tempio di Omar. Tancredi e gli altri li inseguirono e ne fanno strage orrenda.
Gerusalemme si riempie delle grida di giubilo dei cristiani. Prendono possesso della città, vi imprimono ordine e legge nuova ed essi, coperti di cilizi e con pesanti croci sulle spalle, a piè nudi, cosparsi di cenere, si fanno a salire il Calvario e a visitare gli altri luoghi consacrati dalla presenza e dal sangue dell'Uomo Dio. Scrivono per rallegrarsene con tutto l'occidente,- 553 - cui eccitano con gagliardi discorsi perché accorra tuttavia a fortificare il trono [36] di Davide e di Salomone, rialzato nella persona di Goffredo di Buglione.
7. Goffredo era stato eletto con voce di acclamazione a re di Gerusalemme. Ed egli accettò, ma non volle cinger diadema reale là dove Gesù fu cinto con corona di spine. Al fianco di Goffredo stava il pio Tancredi, che aiutavagli per occupare molti paesi intorno. I fratelli di Goffredo, Baldovino e Boemondo, entrati già in Antiochia, venivano alla volta di Gerusalemme con 26 mila pellegrini. Le lettere dei crociati leggevansi dai vescovi e dai sacerdoti nelle chiese. Riaccendevano sempre più la fede e ottenevano che in numero assai copioso uomini e donne volgessero rapidi i passi verso alla Terra Santa. L'arcivescovo di Pisa veniva per surrogare il compianto vescovo Ademaro. Goffredo <di> Buglione fu paragonato a Giuda Maccabeo, a Sansone, a Salomone. Dopo aver atterrita tutta l'Asia e riempiuto di contento intiero l'occidente, Goffredo prendeva riposo sopra un sacco di paglia e conversava co' suoi colla semplicità di un cenobita. Presa Gerusalemme, ammalò e fu sepolto con universale compianto. La spada del Buglione si conserva nella chiesa del Santo Sepolcro.
L'arcivescovo di Pisa parve aspirare al comando, ma fu eletto Baldovino che cinse una corona di spine invece dello scettro reale. Baldovino opera alla sua volta prodigi di valore e Tancredi, seguendolo sempre, usa pietà ai nemici che gli chiedono la vita, e con salvare una donna saracena rinvenuta dolente per via ottiene a suo tempo che il marito di lei lo compensi ad usura con servizio importantissimo in prò di tutti i crociati32.
<8.> I greci, sempre traditori, ebbero in questa impresa il demerito della viltà e dello infingimento. Alessio per quattro anni aveva tenuto schiavo Boemondo. Non ostante tanti tradimenti - 554 - e sì gravi sofferenze, Gerusalemme è liberata. Iddio l'ha voluto, perché i [37] crociati con fede sclamarono sempre: "Iddio lo vuole!" e si adoperarono fino al sangue per corrispondere alla divina chiamata.
In questo modo la lotta conduce al trionfo. Eccole le lotte ed i trionfi della Chiesa. Incoraggiamoci tutti a quelle lotte, confortiamoci tutti in quei trionfi.
1. Carattere del personaggio virtuoso.
2. Goffredo di Buglione con i crociati entra a Costantinopoli.
4. Si dirige verso Antiochia. Stenti e smarrimenti. Soccorrono genovesi e pisani. Firoo tradisce e i nostri entrano vittoriosi.
5. Altro pericolo più minaccioso. Pregano Dio e superano.
6. Muovono verso a Gerusalemme e ritrovano la sacra lancia.
Tancredi al Getsemani. Soccorso di genovesi; assalto e presa di Gerusalemme.
7. Goffredo è acclamato re di Gerusalemme.
8. Viltà e infingimento dei greci in quest'impresa.