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VII.
[43]Disse Gesù Cristo dalla celebre montagna: "Beati i poveri di spirito"38. Fra cristiani che seguano la povertà si distinguono tre ordini. Hanno di quelli che sono ricchi e che non abbassano il cuore alle proprie sostanze, e questi sono buoni. Hanno dei poveri che si rassegnano a vivere poveramente, e questi sono migliori. Finalmente hanno dei ricchi che per amor di Dio si rendono poveri, e questi sono ottimi fra tutti e però beati più che altri.
Francesco d'Assisi fu tra i più perfetti. Figlio di mercante assai ricco, rinunciò a tutto per seguire Gesù nella sua povertà. Or accadde che Dio gli rivelasse di ristorare la sua Chiesa ed egli, credendo parlasse di una chiesa materiale, si accinse a riparare quella di san Damiano, presso alla quale lavorava egli stesso come un operaio indefesso. Il pio sacerdote di quella chiesa gli disponeva a cert'ora del [44]dì un pranzo abbondante39 benché frugale, ma Francesco presto disse a se stesso: "Troverai tu da per tutto un sacerdote che abbia tanta bontà per te? Non è questo il tenor di vivere che tu hai scelto; vattene dunque omai di porta in porta come un povero a chieder da mangiare per amor di Dio con un piatto, in cui non dovrai arrossire di metter tutto quello che ti sarà dato. Così hai a vivere per amore di colui che nacque povero, che visse poveramente, che nudo fu confitto in croce, e che dopo la sua morte fu messo nell'altrui sepolcro".
Disse e operò in conformità al suo buon proposito sino alla fine. Le prime volte provò in sé ripugnanza non leggera sì in domandare che in trangugiare qualsiasi avanzo di cibo che gli era gettato, ma di poi provò allegrezza spirituale consolantissima. Al sacerdote di san Damiano diceva <di> aver
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trovato "un eccellente economo e un peritissimo cuoco, che sa molto bene condir le vivande".
Al padre proprio, Pietro Bernardone, che nello incontrarlo meledicevalo, rispondeva: "Ho un altro Padre da cui ricevo benedizioni per le vostre maledizioni". Ed al fratello Angelo, che vistolo tremante di [45]freddo lo beffeggiava, rispose: "Non voglio vendere agli uomini il mio sudore, perché lo venderò a Dio a miglior prezzo". I tristi, scorto Francesco forte nella virtù, cessarono dal deriderlo, ed i buoni prendevano ad amarlo. Il superiore del monastero <in> Assisi40 parlava ai cittadini così: "Voi sapete ciò che v'ho detto di questo giovane. Voi ora non vedete che il principio della sua santità, ma ne vedrete poi il progresso; Gesù Cristo farà per mezzo di lui meraviglie che recheranno stupore a tutto il mondo". Intanto non solo egli, Francesco in persona propria, ma altresì con i compagni domandava in elemosina il da vivere. Spesso ne avevano motteggi e di tratto in tratto un tozzo di pane.
Questo modo di abnegazione pareva scabroso eccessivamente allo stesso vescovo di Assisi, ma Francesco rispose: "Stimo ancor41 più scabroso e più malagevole il possedere qualche cosa imperocché non si può conservare il suo senza molta sollecitudine ed imbarazzo. Egli è occasione talvolta di liti che bisogna poi sostenere ed alle volte ancora costringe il possessore a prendere l'armi per difenderlo e custodirlo; or tutto questo serve d'ordinario ad estinguere l'amor di Dio e del prossimo". [46]Francesco ed i compagni a quelli che interrogavano rispondevano: "Noi siamo penitenti venuti d'Assisi".
Passando dinanzi ad una chiesa pregavano: "Vi adoriamo, santissimo signor Gesù Cristo, qui e in tutte le vostre chiese che sono nell'universo, e vi benediciamo perché con la vostra santa croce avete redento il mondo"42.
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A tal Silvestro, che intentava lite a Francesco per certe pietre vendutegli nella fabbrica della chiesa di san Damiano, porse il santo denari cui distribuiva certo Quintavalle disposto a seguir Francesco. Questi in dare disse: "Pigliate il pagamento che pretendete, sebben per altro non vi si debba". A quelli che esibivano per sua comodità denaro a Francesco, egli rispondeva: "Noi abbiamo lasciato, secondo il consiglio del Vangelo, tutto ciò che possedevamo, abbiamo [47]abbracciato volontariamente la povertà e ci siamo interdetti noi stessi qualsiasi uso di danaro". Accadde che un giorno, essendo in cammino, cadessero estenuati dalla fame. Allora un uomo recò loro un pane e disparve poi improvvisamente. Francesco mostrava cuor di padre verso a' suoi. Diceva: "Domandate con allegrezza l'elemosina per vivere, perché dopo voi verranno principi e signori che si glorieranno <di> presentarsi di porta in porta come voi fate. Rallegratevene perché un dì a quei che vi fan l'elemosina dirà Dio: Quello che avete fatto al minor de' miei fratelli, è come fatto a me stesso43. Rallegratevene, è l'angelo che aspira a far l'elemosina, noi mangeremo il pane degli angeli". Era nella stagione ancor calda del 1214; Francesco colse un grappolo d'uva per ristorarsi e si ebbe rampogne e percosse da un servo, che altresì gli rubò il mantello. Il sant'uomo presentossi al padron della vigna. Questi trattollo con tutta amorevolezza e Francesco gli diede il nome di padre de' frati Minori. Dopo questo esempio si diedero ai benefattori lettere di figliazione, per mezzo delle quali sono resi partecipi di tutto il bene che si fa nell'Ordine.
[48]Francesco, dispostosi a mangiare un tozzo di pane presso una fonte, magnificava le doti di un tesoro eccellente.
Dissegli allora fra Masseo44: "Ma di qual tesoro parlate, in un tempo in cui ci mancano tante cose?". Rispose Francesco: "Il gran tesoro si è che, mancandoci tante cose, Iddio ha avuto la bontà di provvederci questo pane e questa fonte, e di prepararci ancor questa pietra che ci serve di tavola". Il Signore
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non solo provvide Francesco di un pane quotidiano, ma di protezioni necessarie al suo Ordine. Ebbe inspirazioni dall'alto di presentarsi al pontefice e dirgli: "Beatissimo Padre, io resto confuso dovendo importunarvi per gli interessi dei frati Minori, vostri umilissimi servi, mentre siete occupato in molti importanti affari, che riguardano tutta la Chiesa. Vi supplico di darci il cardinale Ugolino, a cui possiamo ricorrere nei nostri bisogni, ma sempre sottomessi alla vostra autorità, perché da voi, che siete il capo del Corpo mistico, deriva ogni potere". Annuì il pontefice. Ed il cardinale lietissimo appariva poi tra i frati Minori che chiamava suoi diletti. "Oh quante volte -- scrive un autore contemporaneo e testimonio di vista -- fu veduto Ugolino dimettere umilmente le [49]insegne della sua dignità, vestirsi di un abito vile, e coi piedi nudi unirsi coi religiosi negli esercizii regolari, per imitare la loro vita evangelica!".
Francesco alla sua volta diceva al cardinale "Monsignor padre mio, subito che ho inteso che v<ostra> s<ignoria> illustrissima voleva onorar colla sua presenza il più povero e il più vile di tutti gli uomini, come son io, mi sono coperto di confusione e mi sono arrossito in riguardo alla mia bassezza, trovandomi assolutamente indegno di ricevere un onor sì grande, perocché io vi venero veramente come mio signore e padrone". Scrivendogli poneva questa iscrizione: "Al reverendissimo padre e signor Ugolino, che deve essere un giorno vescovo di tutto il mondo e padre di tutte le nazioni". Dieci anni di poi il cardinale era divenuto pontefice con il nome di Gregorio ix.
Così si avverò quello dell'Evangelio: "Chi siede di sua elezione all'ultimo posto, sarà chiamato perché presieda al primo"45. Intanto Francesco scorgeva vieppiù che beata cosa è esser povero, sì da poter levar gli occhi al cielo e dire: "Signore [50]altissimo, il Padre mio siete voi". In seguito a questa preghiera Iddio pietoso manda il pane della carità, che è il cibo nobilissimo degli angeli.