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XXV.
[161]Il sommo pontefice Leone xiii nella sua enciclica del 17 settembre 1882 così magnificamente parla della somiglianza di Francesco con lo stesso divin Salvatore: "Infatti come <a> Gesù, così a Francesco avvenne e di nascere in una stalla e di esser posto pargoletto a giacere in terra su poca paglia.
A compiere la somiglianza non mancarono, come è fama, tripudii di angelici spiriti né armonie187 pel sovrastante aere
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soavemente diffuse. Ancora, come Cristo i suoi188 apostoli, così Francesco raccolse intorno a sé alcuni discepoli, da mandar poi per la terra a predicare la pace cristiana, la salute eterna delle anime. Poverissimo, atrocemente beffeggiato, reietto dai suoi, neppur egli volle aver di suo dove posare il capo189. Finalmente, come ultimo sigillo di somiglianza, nel monte dell'Alvernia come in suo Calvario, ricevute per vie di prodigio sin allora inaudito [162]le sacre stimmate, fu nella sua carne in certa guisa crocifisso. Ricordiamo un avvenimento celebre non meno per la grandezza del miracolo che per la testimonianza dei secoli: ché mentre un dì stavasi assorto il santo nella sublime contemplazione dei dolori di Gesù e sitibondo190 di quelle ineffabili amarezze intimamente univasi al Redentore paziente, ecco apparire improvviso un serafino, e per arcana virtù che di repente da lui mosse, sente Francesco trapassarsi le mani e i piedi come da chiodi, ed aprirsi191 come da acuta lancia il costato. Da quel punto gli rimase in cuore una fiamma di eccessiva carità e nel corpo una viva e vera immagine delle piaghe del Salvatore".
Era la vigilia dell'Esaltazione di santa Croce. Un angelo, apparendo, disse a Francesco che si tenesse disposto a tutto ciò che il Signore avrebbe voluto fare. Rispose il poverello: "Son pronto a tutto, non resisterò in cosa veruna agli ordini della sua santa volontà, purché si degni <di> assistermi colla sua grazia. Quantunque io sia un uomo inutile e indegno che Dio pensi alla mia persona, nulladimeno poiché io sono suo servo, lo prego di fare in me secondo il suo beneplacito".
[163]Allora il Signore concesse a Francesco l'insigne privilegio delle sacre stimmate.
San Bonaventura scrive di Francesco: "... Vide come192 un serafino con le ali risplendenti ed infuocate, che dalla
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sublimità del cielo verso lui discendeva. Questo serafino venne con rapidissimo volo a un certo luogo dell'aria vicino al santo, e allora fra le sue ali comparve la figura di un uomo crocifisso che avea le mani e i piedi stesi ed attaccati ad una croce. Le sue ali erano in tal guisa disposte che due ne aveva sopra la testa, due per volar ne stendea, e colle altre due tutto il corpo si ricopriva... Dopo un secreto e famigliare colloquio la visione disparve, lasciandogli nell'anima un ardor serafico e impressa193 nel corpo una figura conforme a quella del crocifisso, quasi la sua carne, simile alla cera ammollita e squagliata dal fuoco, ricevuta avesse194 l'impronta dei caratteri di qualche sigillo. Perocché cominciaron subito a comparire nelle mani e nei piedi i segni dei chiodi, tali appunto quali veduti gli avea nell'immagine dell'uomo crocifisso. Le sue mani e i suoi piedi si videro traforati nel mezzo da chiodi, le teste dei quali erano tonde e nere ed apparivano nella palma delle mani e nella [164]parte superiore dei piedi. Le punte, che erano alquanto lunghe e sortivano dalla parte opposta, si rivoltavano e sorpassavano il resto della carne donde uscivano.
Aveva eziandio nel lato destro una piaga rossa, quasi fosse stato trafitto da una lancia, e sovente gettava un sangue sacro che gli bagnava perfino la tonaca".
Gesù Cristo era dunque apparso a Francesco sotto la figura di un serafino. Beato chi può intendere la grazia che è patire per Dio ed essere ricoperto delle pene di Gesù. San Bonaventura sclama: "Oh l'uomo veramente felice, la cui carne, benché non sia stata trafitta dal ferro di un tiranno, ha nondimeno portato la somiglianza dell'Agnello condotto a morte! Felice anima, che non ha perduta la palma del martirio, tuttoché non sia stata separata dal corpo per mezzo della spada d'alcuno persecutore!". Francesco ne compose un cantico di allegrezza spirituale. Attese poi a nascondere a tutti il segreto misterioso, ma Dio non permise che fosse celato a
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lungo. I pontefici nelle loro bolle confermarono il prodigio e gli applaudirono vivamente.
Francesco, essendo crocifisso con Gesù Cristo quanto allo spirito e quanto al corpo, [165]non solamente ardeva di un amore di serafino inverso Dio, ma era anche partecipe della sete della salute delle anime che ebbe il Figliuol di Dio essendo in croce. Giacché andar non poteva, secondo il suo costume, nelle città e ne' borghi a cagione della grossezza de' chiodi che aveva ne' piedi, vi si faceva condurre, tutto che languido e mezzo morto, per animar tutti a portar la croce del Salvatore. "Cominciamo -- diceva a' suoi frati -- cominciamo a servire il Signore Iddio, perocché finora noi abbiam fatto poco progresso". Intanto desiderava esercitarsi nelle opere umili di servire ai lebbrosi. Quando i tormenti erano più vivi pregava: "Signor Dio mio, gettate gli occhi sopra di me e datemi dell'aiuto, fatemi la grazia di poter sopportare pazientemente tutte queste infermità". Molti di presenza videro e toccarono le sacre stimmate.
I pontefici Gregorio ix, Alessandro iv confermarono il prodigio. In conferma delle verità delle stimmate avvennero miracoli non pochi. Benedetto xi istituì la festa delle sacre Stimmate con officiatura propria. Una Confraternita delle sacre Stimmate si eresse in Roma. Sommi pontefici, vescovi e principi presero cura perché in modo speciale fosse [166]onorato il monte d'Alvernia sul quale Francesco ricevette il prodigio delle stimmate sante.
Iddio, volendo che Francesco fosse ricolmato di quei meriti che vengono dalla pazienza, esercitollo in varie sorte d'infermità e così gravi che appena trovavasi alcuna parte del suo corpo dove non sentisse dolori violenti. Lo ridussero questi a un tale stato che non aveva più altro che pelle ed ossa, essendogli consumata quasi tutta la carne. Le sue pene più sensibili non qualificava egli già col nome di pene, ma le chiamava sorelle, per dar a divedere quanto gli fossero care.
"Valga il nobile esempio a nostra istruzione -- scrive un egregio autore -- Dappoiché il Figliuolo di Dio fu crocifisso, non vi è cosa che più ci avvicini alla divinità e più intimamente a lei ci unisca che la croce". Scrive anche l'apostolo
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san Paolo: "Coloro che appartengono a Cristo hanno crocifissa la loro carne coi vizii e colle concupiscenze"195. Ecco le massime dell'Evangelo santo. Ecco gli esempi dei seguaci illustri di Gesù crocefisso. Fortunate le anime le quali ascoltano quelle massime, che seguono quegli esempi.