Luigi Guanella: Opere edite e inedite
Luigi Guanella
Andiamo al monte della felicità…
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ANDIAMO AL MONTE DELLA FELICITÀ INVITI A SEGUIRE GESÙ SUL MONTE DELLE BEATITUDINI

IV.

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IV.

Beati quelli che piangono, perché saranno consolati.

San Matteo, 5

  1. [29]Sei in una valle che è detta di lagrime, or com'è possibile che tu non pianga? Quelli che son già venuti prima di te hanno pianto essi medesimi sì vivamente che tu raccogliendo le loro lagrime ne formeresti un lago da farvi galleggiare entro una gran nave. Ma come tu scorgi, piange a cagion d'esempio il coccodrillo e i gemiti dell'animale non sono compatiti da veruno, perché se si duole è quando dopo aver mangiato troppo sentesi lo stomaco crepare per mezzo. Il pianto di chi si duole sol perché peccando ammalò nel corpo o peggiorò nella estimazione umana, non è gemito che giunge in alto, epperò né commuove il cieloottiene beatitudine. La felicità è per quelli [30]che, mescolando le proprie con le lagrime di Gesù, sospirano per aver offeso Dio. Ah, gemiti pietosi di chi si addolora, come è vero che voi intenerite gli angeli del paradiso! Nondimeno anche questo pianto ha i suoi gradi di intensità e quindi di beatitudine. Può essere che tu ti dolga come il figlio che dice: "Mi rattrista il pensiero d'aver passato la notte in bagordi, perché sapendolo il padre mi caccierà da casa". Ovvero ti rammarichi dicendo: "Mi duole di essere stato nel disordine, perché il genitore sapendo dirà: Ahimè, che tante mie cure hanno giovato a fare del mio figlio uno scapestrato". Or chi non vede che la compunzione di questo secondo figlio è contrizione perfetta ed è dolore che tosto riunisce i cuori del padre e del figliuolo? Così piaccia al cielo che tu, rammaricandoti per tante tue colpe, ti affligga come giovinetto amante che ripensando ai torti cagionati par che non trovi maggior consolazione che in effondersi in lagrime di tenerezza.

  2. Gesù Cristo alla sola vista dei [31]peccati degli uomini parve morire di doglia nell'orto degli olivi. Luigi

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Gonzaga in ricordare qualche legger fallo che ebbe la sventura di commettere nella sua tenera fanciullezza, sveniva poi di dolore ai piedi del confessore. Pietro per colpe più gravi pianse finché ebbe vita. La tradizione ricorda che le lagrime scendeva<n>gli dalle gote in tale abbondanza da formare come due scanellature. Girolamo, il dottor massimo, per le colpe della sua gioventù si ridusse a piangere nella grotta di Betlemme ed a percuotersi il petto con un sasso di quella rupe sclamando: "Signore, abbiate pietà di me peccatore". Ah, se tu pensi alla miseria di un cristiano in colpa grave, possibile che non ti disciolga in amarissimo pianto? Figurati un uomo che in un momento perda il vedere, il sentire, il poter parlare e che per poco sia convertito come già la moglie di Lot in una statua di sale, questo è il danno che gliene deriva per la perdita del bene operato fin qui. Figurati che lo stesso, ritenendo ancora un senso di vita, udisse [32]le grida de' suoi e del paese ad esclamare contro di lui: "Fuori lo iniquo! Sia maledetto lo sciagurato!", e che intanto a colpi di pietra lo scagliassero nell'abisso di un orrendo precipizio. Intanto laggiù l'attendono mille leoni furiosi, mille tigri sanguinosissime. Sopra il capo del tristo è il peso della divina giustizia e le grida dei santi e degli angeli che intuonano in coro: "Voi siete giusto e santo, o Signore14. Santa cosa e giusta è che voi condanniate pure alle torture d'inferno i ribelli superbi". Eccoti, o fratello, l'orrore di una colpa grave. E tu che forse sei reo di molteplici peccati mortali, credi che sia omai tempo di aprire nel cuore la vena del pianto e di far sgorgare dagli occhi non più rivi, ma torrenti di pianto?

  3. Ed ora vuoi tu convincerti se pianga di cuore? Osserva ciò che fa colui che è in lutto. Questi non cessa mai di dolersi, perché il male che deplora gli è sempre presente. Intanto non si cura del vitto, non bada al vestito. Un pezzo di pane che ammollisce [33]colle sue lagrime e un cencio di vestimenta gli bastano in tutto il tempo di duolo. Mentre persevera nel

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suo cuore il dolore, non pensa a divertimenti, non osserva le vanità mondane di gloria o di ricchezze. Sente nell'animo l'afflizione epperciò pensa a rammaricarsi. L'unico pensiero di chi è in lutto è di riparare in qualche modo alle perdite sofferte. A questo mirano i pensieri della mente, a questo le forze del corpo, a questo tutte le occupazioni della vita. Questo è il costume di chi è in lutto. E tu che deplori le colpe della vita, come ti diporti tu? Ricorda che il tuo pianto, perché sia sincero come quello dei Davidi e degli Agostini, deve mutare in meglio i costumi del tuo vivere. Che direbbero gli avversarii tuoi se vedendoti piangere non scorgessero altresì in te mutazion di cuore?

  4. Tu devi piangere sinceramente le colpe per meritarti le consolazioni che Dio ha promesso a chi davvero si duole. Figurati un giovinastro che dimorando alla foresta sia lo spavento dei viandanti.[34] Rappresentati ora lo sciagurato ferito mortalmente e moribondo omai nel lago del suo sangue. L'infelice si sente nel cuore il rimorso della colpa, sotto ai piè vede spalancato l'inferno e sopra il capo la giustizia di Dio che ve lo precipita. Quale orrore! Figurati che in quel momento un uomo angelico sia pervenuto e che di subito abbia potuto cambiare quel cuore indurato in un cuore contrito, e la bruttezza di quell'animo in uno splendore di ornamento angelico. Intanto il paradiso si è spalancato sul capo dell'avventurato e gli angeli il salutano: "Ave, dolce nostro compagno". L'inferno ha perduto la sua preda e si inabissa e i demoni ruggendo di rabbia si partono. Nel cuor di lui si è già fatta una calma altissima e nella mente una luce celeste che giunge sino a Dio. In questo momento l'anima, che è in un eccesso di giubilo, gode in esclamare: "Ho pianto ed or sono salva!", ed in dirlo dispiega le ali da questa bassa terra per venire a posarsi in cielo. Quale felicità! È la felicità della Maddalena che ha inteso [35]da Gesù le parole: "Ti sono perdonati i tuoi peccati"15, è la felicità della vedova e del centurione

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che si vedono l'una risuscitato il figlio e l'altro guarito il servo per la misericordia dello stesso Gesù. Ti piacciono queste consolazioni? Ebbene deplora i falli tuoi, che lagrimando sarai tu medesimo consolato.

  5. Ammira ora in questo insegnamento la discrezione di Gesù. Egli come padre ottimo e sapiente ha cominciato <a> dire al suo fanciullo: "Getta quella terra di meschino interesse, che è fango vile". Indi aggiunse: "Vomita altresì da te quel fiele di rancore, che è veleno il quale ti attossica l'anima". In questo luogo ti parla: "Vedi, o figlio, le brutture che la passione di avarizia e quella di collera hanno impresso nell'anima tua? Ebbene deplora il danno tuo". Le lagrime del cuore purgano la coscienza. Mano a mano che tu piangi, si farà calma nel tuo cuore; il tuo spirito poi, illuminato dagli occhi della fede e della carità, spingerà lo sguardo fino a vedere la consolazione degli angeli e la beatitudine dello Altissimo.

Riflessi

  1. [36]La felicità in terra è piangere intorno a Gesù i propri falli, come il figlio che deplora i torti fatti al genitore.

  2. I figli bennati si rammaricano senza misura per i disordini commessi, e tu come è che piangi i tuoi gravi peccati?

  3. E piangendo hai tu imparato ad essere virtuoso di poi?

  4. Ricorda che in proporzione dell'amarezza del pianto Iddio ti donerà il fervor delle consolazioni.

  5. Sicché tu, che hai già scacciato dal cuore il tristo affetto di avarizia e di ira rabbiosa, discaccia altresì ogni bruttura di peccato e purifica l'animo tuo con la lavanda di un pianto salutare.

 

 





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14     Cfr. Sal 145(144), 17.



p. 198
15     Lc 7, 48.



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