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VIENI MECO LA DOTTRINA CRISTIANA ESPOSTA CON ESEMPI IN QUARANTA DISCORSI FAMIGLIARI Parte terza LA CARITÀ COMANDAMENTI DELLA LEGGE DI DIO Sesto e nono comandamento I. Una Pentapoli di vizii |
I.
1. [211]Siamo presso a una terra sciagurata. Non poniamovi il piè dentro perché è un abisso. Guardiamo da lungi perché è un puzzo che soffoca. La terra è sprofondata sotto ai piè di questi che vollero immergersi nel fango di città dissolute187. Erano cinque di numero ed erano poste in pianura feracissima. Ma come è possibile che Dio scorga l'iniquità e non la perseguiti? Vide che omai toccava il colmo. Allora fece piovere da alto un fuoco di fiamme e di bitume che in breve ora seppellì le abitazioni, ne sprofondò il suolo e convertì questo piano in un putrido lago di vizio che chiamasi ancora oggidì Mar Morto perché, sebben quelle acque sieno molte, sono morte perché imputridiscono senza risanare mai. Siamo presso alla Pentapoli del vizio. Oh come ci duole trovarci qui! Ma pregheremo Dio tutti per non rimanerne punto
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punto ammorbati. Guardiamo alla detestabile per abborrirla con odio più acerbo.
2. [212]Un fanciullo si trastulla innocente al prato. Guarda all'alto. Gli angeli par che lo salutino con dirgli: "Ave, dolce nostro compagno". Ma l'incauto pone il piè fra i pruni e s'addormenta. Non l'avesse mai fatto. Una serpetta esce e morde e spande il suo veleno nel corpo del giovinetto. Meschinello, egli diventa come una massa di puro veleno e uccide quelli che accosta con furore altissimo. Sciagurato figlio! Eri innocente pari ad un angelo. Incauto, hai posto il piè fra quei teatri, in mezzo a quei compagni. Hai voluto dormire presso a quei libri che mai avresti dovuto aprire e ascoltasti i discorsi di quei compagni che mai avresti dovuto udire. Or eccoti con il veleno del vizio.
3. Sciagurato, non hai più parte sana! Quella mente che poco stante si elevava in alto, lieta come una luce di sereno dì, adesso si è fatta cupa cupa, china il guardo a terra e cerca in quella soddisfazioni tormentose. Quel cuore che poco stante era sede dell'Altissimo ora è diventato un abisso di Satana. Non speratene più bene di sorta. La memoria dello sciagurato rimescola fatti [213]e ricordanze che salgono su come un Vesuvio di fiamme. Non son più sani gli occhi, non più le orecchie, non la lingua. Il corpo è divenuto un piagato che ammorba. Il povero Davide che fu in questo frangente, benché se ne liberasse di poi, sclamava nondimeno: "Misero me! Misero me! Quand'ero in quello stagno mi trovava in ogni genere di mali".
4. È male che uccide l'anima, è male che ammorba il corpo. Quanti, oh quanti che cadono di fresco nella sepoltura! Volgete l'occhio là. Sopra quelle tombe è scritto: "Vizio impuro! Vizio impuro!". Oh!, se il giovine riesce a scamparla, crescerà furioso a tormento maggiore di sé ed a danno di innumerevoli altri. Non è peccato che si commetta con maggiore facilità e con frequenza più detestabile. Più volte, con il pensiero o con il discorso o con il fatto, uno può peccare in un dì. Quante volte pecca in una settimana, quante in un mese e in un anno, e quante in trenta, in cinquanta anni che ancor può vivere quaggiù? Intanto ogni eccesso ricade con
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peso enorme sopra il cuor dello sciagurato. [214]Ogni iniquità propria è un fuoco infernale che nutrito in cuore vuole fuori scaturire. Chi potrebbe enumerare i peccati di scandalo che uno commette? Arrigo viii, che pur era sovrano cristianissimo, dopo che si abbandonò ad eccessi detestabili divenne la pietra di inciampo d'una vasta nazione. Inghilterra seguì l'esempio iniquo e si rese protestante, e così con il costume perdette anche la fede. Quanto bene non avrebbe potuto fare Sansone! Quanto Salomone! Ma prevaricarono ambedue.
5. Né havvi medicina valevole per guarire un male orrendo. Erano trascorsi duemila anni dalla creazion del mondo. Il mondo era popolato come in presente. Ma per colmo di sciagura erano peccatori gli uomini di quel tempo. Vide Dio e disse: "Duolmi d'avere creato l'uomo, ma lo castigherò"188. Mandò dunque il diluvio universale. Più tardi scagliò castighi di spada, castighi di fuoco, castighi di innondazioni e di tremuoti. Che non mandò di punizione alle quattro monarchie più potenti del mondo? Gli assiri,[215] i caldei, i greci, i romani caddero, le loro città furono distrutte e consunti i loro regni già floridissimi; quelli erano passati con le loro iniquità ed altri sono venuti in luogo loro. Pure non cessarono di continuare i delitti, e per conseguenza nemmeno cessarono i flagelli fino a oggidì.
6. Ultimo flagello e più terribile è l'indurimento del cuore, è l'annegamento di volontà. Quando vi accade di scorgere gente la quale si ride di Dio, che sprezza la sua legge, che insolentisce ai castighi, che non si commuove a verun esempio di ben pubblico od individuale, allora confessate pure che una sciagura di male è venuta in cuore degli iniqui. Il Signore quando volle mostrare l'alto suo abborrimento per un peccato e per peccatori detestabili, lasciò scritto che l'uomo fu comparato ai giumenti insipienti e che si rese somigliante a questi189. Non intendono. Non intendono, i peccatori tristi. E come non si intendono di Dio, nemmeno si
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intendono per guarire il fetore delle proprie piaghe. Non pregano un istante di cuore, non si recano ad una chiesa per [216]supplicare con qualche fervore: come si possono ravvedere? Non detestano il proprio male. O non si confessano mai, ovvero che confessandosene tacciono190 l'enormità, e così aggiungono peccato a peccato. Sant'Alfonso racconta di cristiani che per sedici volte si confessarono e si comunicarono in istato di grave malattia, che per sedici volte ricevettero il sacramento della Estrema Unzione, eppure che sedici volte tacquero gli eccessi di peccati detestabili. Altri raccontano di fanciulli che morirono impenitenti per non voler manifestare quelle sozzure. Perfino vecchi furono veduti consumare un'ultima iniquità e spirare su quella. Crudissima piaga, che sì miseramente traduce le anime a perdizione.
7. L'incontinenza è una Pentapoli di vizii. Misera l'anima che si accompagna al dissoluto. Misero il giovane che si elegge per compagna una civetta191. Erano già una spina fitta negli occhi di tanti. Or miseri i figli che ne nascono. Genitori dissoluti non sono spesso un flagello per la società? Creature infelici, che sembrano congiunte [217]per popolar la terra di ribaldi, l'inferno di dannati?... Miseri! Chi li salva? Chi li salva?
8. In cielo è una Vergine che è sorella ed è Madre nostra. Oh, quanto strazio le recano le iniquità che hanno piagato Gesù nella sua flagellazione! Ma Maria è madre di misericordia e rifugio dei peccatori. Non si è inteso mai che alcuno ricorrendo alla sua intercessione non sia stato esaudito. In cielo è un angelo benedetto, oh come veglia pietoso alla salute de' suoi raccomandati. E sono là in quella sede beata ancor molti e molte che furono già peccatori sì sciagurati, eppure sono salvi. Che vuolsi perché siate salvi voi stessi? Non altro che una risoluzione generosa. Dite: "Se tanti e tante furono salvi, perché non lo potrò io stesso?...". Attendete dunque e ravvedetevi intanto che ne avete ancor tempo.
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3. Meschinello! Non ha più parte sana.
4. È ammorbato. Quant'altri non morranno presso a quell'alito pestifero!
5. [218]È peste sì esecranda che per curarla non valgono rimedi di castigo.
6. Induriscono nel cuore e perdono il lume della fede.
7. Misero il figlio che nasce da un appestato putrido.
8. Dunque son perduti tutti i sensuali? Si perdono sol quelli che, non volendo, non implorano di cuore l'aiuto celeste a guarire.