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1. [81]Raccogliamo i nostri pensieri intorno a due personaggi rinomati: Maometto e Carlomagno. Maometto che viene innanzi con lo stendardo di menzogna che è quello di Lucifero. Carlomagno che inalbera la croce del divin Salvatore e addita al Vangelo di verità. Maometto per quaranta giorni fu nella solitudine del deserto di Sahara per conferire con lo spirito delle tenebre, il quale coprì il lupo rapace con la pelle di agnello e inviollo al greggie fra il popolo. In presentarsi l'impostore tenne questo discorso: "Io ho pregato da solo con Dio, per quaranta giorni ho conversato con il cielo, ed egli mandommi il suo arcangelo Gabriello per istruire me, e per mezzo mio a salvare il mondo universo". E qui si adagiò in atto di predicatore [82]massimo e incominciò: "Ascoltatemi, cristiani, e voi pagani e voi giudei piegate le orecchie alla voce mia. Io Maometto, lodato e glorificato da Dio, vi parlo. La religione del cielo è quella che si contiene nel libro che vi presento, il Corano inspirato. Il segnale della divinità del volume è doppio, poiché la luna a vista di questi fogli si è bipartita. Il libro poi è divino, perché altresì contiene dottrine inarrivabili, che sono di mangiare e di bere a sazietà quaggiù per disporsi in paradiso a godere di tutte le soddisfazioni sensibili... Il Signore è l'Altissimo ed egli è quello che ha fisso e determinato per sempre. Obbediamo alla sua voce. Egli parla per me ed io grido ai principi: Allah akbar70! Dio è grande! La scimitarra alla mano! Noi moveremo guerra contro a tutti quelli che non la pensano come noi. Combattiamo! Se è fisso in cielo che nessun di noi abbia a morire, veruno giammai morrà". Maometto parlò così alle turbe del deserto e li guadagnò facilmente. Vivevano in quelle solitudini commisti i cristiani freddi ed ignoranti con [83]gli eretici bestemmiatori e
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con i pagani superstiziosi. Le dottrine di Maometto accontentavano appieno le umane passioni. I greci stessi, cresciuti alle mollezze, alle infingardaggini, non mostrarono orrore alle dottrine sensuali di Maometto. Lo pensi ognuno. Da cento anni il trono di Costantinopoli era divenuto come un ammazzatoio dei re. Dominavano in copia gli eretici paoliciani, i quali diffondevano correnti di vizio turpissimo. Tutto era pieno di iniquità, il trono, l'altare e la piazza. Incredibile orrore, ma vero! I beneficii ecclesiastici si concedevano per favore, e lo stesso patriarcato ponevasi allo incanto in favore del maggior offerente, onde il pastore era mercenario71 ed il padre si convertiva in tiranno de' suoi figli. Leone l'Armeno72 credeva alle fattucchierie. Certa strega gli si presentò dicendo: "Vero, vero, se voi perseguitate i cristiani e con i cristiani se struggete le loro immagini, voi vivrete a lunghi anni e prosperi. Voi regnerete tuttavia per 72 anni sul trono di Costantinopoli". [84]Leone credette, servì a Satana e si ebbe in guiderdone fami e pestilenze e calori di sole che soffocavano uomini ed animali. I sudditi gli si ribellarono internamente ed al di fuori l'assaltarono i barbari. Ora non è a dire come Maometto venisse bene accolto in luogo fra genti cosiffatte.
2. Daniele, delle bestie, i regni che governavano il mondo, scorse l'ultima, la quarta, che recava dieci corna. Nell'ultimo corno vide spuntare altro piccolo corno, che piccolo in quel momento crebbe di poi smisuratamente e mosse guerra ai santi e li vinse. Quel piccolo corno che cresce gigantesco è il regno di Maometto, che dal deserto si estende alla Persia, alla Grecia, alla Spagna e le sommette tirannicamente e vi introduce la corruttela nelle anime. E insieme colla iniquità negli spiriti, si attaccò un morbo strano e micidiale nei corpi. Invadeva sovrat<t>utto nello impero greco e nella Sicilia. Scoprivansi nel corpo delle persone macchie quasi in color d'olio in forma di croce. La gente [85]diveniva stupida. A mo' di pazzi fuggivano per iscansare le figure
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di spettri e di demoni che dicevano inseguirli con furore. Morivano in sì gran numero che tutto il Peloponneso73 ne rimase deserto. Il morbo menò strage per 3 anni. I cadaveri si ammucchiavano nelle città. In Costantinopoli si erano riempiuti di cadaveri i pozzi e moltissime case. I vivi più non bastavano a seppellire i morti. I cavalli cadevano colpiti dallo stesso malore. Miserandi avvenimenti!
3. Ma ottimo e potente è il Signore, ed egli da un colmo di mali e di peccati, che sono un veleno pestifero, sa trarre un tesoro spirituale di umiliazione e di grazia. Facciamoci qui lieti in viso e ricordiamo le magnifiche promesse che il Signore a mezzo del suo profeta ha fatte. Isaia guardando a Roma prediceva lietamente così: "Sarà negli ultimi giorni fondato il monte della casa del Signore sopra la cima di tutti i monti... Correranno tutte le genti... perocché da Sionne verrà74 la legge e da Gerusalemme la parola del Signore... Dalle spade loro ne farà vomeri e falci dalle loro lancie, non alzerà la spada [86]popolo contro popolo e non si eserciteranno più a combattere"75. La profezia del veggente si avverò appieno. Roma divenne luce di verità, monte santo, e i popoli d'occidente lasciato il paganesimo sclamavano: "Lassi noi che tardo abbiamo conosciuto il bene massimo dello Evangelo di vita eterna!". E tutti si affrettavano a Roma per ascoltare la parola di vita dal Vicario di Gesù Cristo in terra. Gli stessi principi a Roma venivano riverenti per essere confermati nella podestà di regnare. Gli occidentali ad una voce ripetevano: "Un re non può comandare se non è cattolico". Però giunti ai piedi del sommo pontefice giuravano così: "Io prometto in nome della santissima Trinità, primieramente, di fare che la Chiesa di Dio e tutto il popolo cristiano godano sotto il mio governo vera pace; secondo, di reprimere qualunque rapina ed ingiustizia in qualsiasi classe di persone; terzo, che in ogni giudizio l'equità vada congiunta alla clemenza- 783 -, a ciò che l'ottimo e pietosissimo Iddio possa, per l'eterna sua misericordia, perdonare a noi tutti. Così sia". [87]Alle parole ben corrispondevano i fatti.
4. Carlomagno non aveva altro in cuore che di condurre tutti i popoli d'Europa ai piedi del Vicario di Gesù Cristo. Già le principali nazioni si prostravano dinanzi al crocefisso Salvatore. Rimaneva<no> i sassoni, e capo fra essi certo Vitichindo, capitano valentissimo contro al quale invano Carlomagno aveva mosso le armi. Quando nel giorno di Giovedì santo il formidabile condottiero entrò sconosciuto nella chiesa e scorse un infante celeste nell'ostia sacratissima che si elevava nella santa Messa e quando poco stante vide il sovrano che si abbracciava in segno di carità al popolo e questi al re, e le persone fra loro a vicenda, tosto sclamò il comandante sassone: "Io sono Vitichindo76, ma non più avversario sibbene amico e servo. Or io domando il Battesimo di Gesù Cristo che salva, voglio la carità dei cristiani che fa prosperi e fortunati". Era l'anno 779, carestie e fami strazianti desolavano i popoli. Una madre fu veduta scannare tre figli e mangiarseli palpitanti e finalmente volgersi al quarto per istraziarlo parimenti. Si dice altresì che una truppa di 300 [88]lupi discorressero nel mezzodì della Francia per menare carneficine sugli abitanti già stremati di forze. Stando così la pubblica calamità, Carlomagno si stringe intorno ai vescovi e con l'appoggio loro pone quest'ordine: "Ogni sacerdote celebrerà tre Messe a fine di placare la divina giustizia. I laici con i sacerdoti digiuneranno tre dì in ogni settimana. I ricchi poi durante il tempo di carestia manterranno quattro poveri ed i possidenti daranno cinque soldi in ogni dì". Carlomagno indusse alla civiltà cristiana la Germania e l'Europa intiera. I greci ed i mussulmani ammirando la grandezza di questo imperatore mandavano <a> salutare a mezzo di ambasciate. Stando in assemblea ad Aquisgrana diceva: "Curate tutti perché sia tolto via dal clero ogni malo esempio e dal popolo ogni scandolo contro ai casti
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costumi, a ciò che Dio non ci punisca togliendoci77 d'un tratto quello che con tanta munificienza ci ha donato. Ricordiamoci che tutti abbiamo a morire e che compariremo dinanzi a Gesù Cristo giudice. Siamo mansueti e operiamo il [89]bene con diligenza sempre crescente. Studiamo perché tutto il popolo ben conosca il Pater, il Credo e le verità necessarie a ben vivere. Digiuniamo perché tutti siamo peccatori". Morendo nell'anno 814, Carlomagno fu vestito con corona reale in capo, nella destra gli posero il santo legno della croce e la spada gli appesero al fianco. Al sinistro lato allogarono la bisaccia d'oro con cui pellegrino sen veniva a Roma. La salma del grande imperatore ornata così fu additata a tutto il mondo d'occidente, il quale in rimirare pianse come un figlio alla morte del padre diletto. Stando in lagrime scrissero così: "In questo avello riposa il corpo di Carlomagno, grande e ortodosso imperatore che allargò gloriosamente il reame dei franchi e felicemente il resse. Morì ottuagenario l'anno del Signore 814".
5. Passarono anni lieti per i popoli e per la Chiesa finché i principi ricordarono i nobili esempi di Carlomagno. Ma Enrico iv se ne scostò. Parve istruirsene alla scuola di Maometto e gridò come un Lucifero: "L'Italia sono io, io la Germania, l'Europa sono io, io sono [90]tutto". E in dire toglieva anche a fare e inceppò la Chiesa di Gesù Cristo. Quando un monaco, Ildebrando, gli scrisse: "Curate a non favorire nella mia persona l'esaltamento al solio pontificio, perché divenendo io papa spiegherei primieramente lo zelo mio contro alle vostre prepotenze". Enrico iv parve gettargli il guanto di sfida e Ildebrando dovette accettare. Assunse il nome di Gregorio vii e dolendosi amaramente gemeva: "Sono venuto in alto mare, la tempesta mi ha inghiottito78, sia fatta la volontà di Dio. Or io attendo all'opera mia, a fine di non incorrere nelle minacce del Signore che intima: Maledetto colui che non intinge di sangue la spada"79. Tosto si fece ad ammonire il tiranno. Ma questi, adunati
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i propri partigiani, pretese <di> scomunicare il pontefice al quale scrisse così: "Enrico, non per usurpazione ma per volere di Dio re di Germania, ad Ildebrando, non papa ma falso monaco". E conchiudeva: "Io Enrico, con tutti i nostri vescovi ti intimiamo: usurpatore, discendi, discendi!". [91]Or Gregorio volse ad Enrico uno sguardo pietoso, ma non ravvedendosi punto, il pontefice levò lo sguardo all'alto e gemette: "Mi assista Iddio!". Indi continuò: "San Pietro, principe degli apostoli e vicario di Gesù Cristo, porgi orecchio al solenne scongiuro... In nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo Iddio, scomunico Enrico re di Germania, empio che con inaudita superbia perseguita ed opprime la Chiesa; gli interdico il governo del regno tedesco d'Italia, sciolgo i cristiani tutti dal giuramento che hanno portato e vieto a tutti ed a ciascheduno che d'ora innanzi obbediscano a lui come a re". Il superbo videsi cadere quasi novello Lucifero, però supplicò tremante: "Non mi scacciate sì tosto dal trono. Datemi un anno di tempo, ed io supplicherò con tanti gemiti il pontefice finché perdoni al misero i suoi trascorsi". E tosto si incamminò da Germania e ripassò a Francia, e giù calando con immenso stento per i ghiacci delle Alpi al Moncenisio, venne a supplicare per tre giorni ai piedi del pontefice nel castello di Canossa, gridando: "Voi siete grande quaggiù [92]ed io povero e peccatore. Pietà del misero!". Gregorio vii alfine l'abbracciò e disse: "Ti conforti la grazia del comune salvatore Gesù Cristo. Ricordalo ad ogni ora della vita. Una delle due, o tu ti converti in re cattolico e sarai grande della grandezza di Carlomagno ovvero, il cielo tolga, tu perfidii nella tirannica superbia e diverrai vile al par di Maometto pagano".
1. Maometto e Carlomagno.
2. Il regno di Maometto prenunziato dal profeta Daniele.
3. Predizione di Isaia intorno a Roma cristiana.
4. Carlomagno.