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UN FIORE DI RIVIERA SPARSO SUI CAMPI DELLE ATTUALI CALAMITÀ IL TERREMOTO AD ISCHIA ADDÌ 28 LUGLIO 1883 I. Quindici minuti secondi di terremoto |
I.
Quindici minuti secondi di terremoto
1. [23]Gerone, l'antico re di Siracusa, si ha che pel primo inviò una colonia di abitatori nell'isola d'Ischia, nel golfo di Napoli. Il terreno d'Ischia è vulcanico e si ha pure dalla storia che più volte fu sobbissato da tremuoti, stando gli imperatori Tito, Antonino, Diocleziano. Dal mezzo dell'isola si erge il monte Epomeo, e di questo si ha altresì che nel 1301, aprendo orrende bocche al suo vertice, seguì <a> vomitare per due mesi torrenti di fuoco, fiumi di lava. Più recentemente, cioè addì 4 marzo 1881, altro tremuoto rovinò in un istante più che 300 case e seppellì centinaia di persone. Ma la sciagura toccò il sommo testé.
2. Nelle giornate opportune del luglio 1883 erano in Ischia gran numero di forastieri arrivati dalle città circostanti e [24]da fuori d'Italia stessa. Sono nell'isola in copia acque termali e minerali, atte a dar salute agl'infermi, a riconfortare i sani. Non mancavano i vini prelibati dell'Epomeo, coltivato a vigneti. Più spesso, dal lato di oriente d'esso monte, i muri di sostegno ai viticci si adergono a modo di anfiteatro e sono di tratto in tratto frammezzati da casini di campagna belli a vedersi, utili a godersi. Gli abitanti poi dell'isola d'Ischia si distribuivano già nell'ordine seguente. A Casamicciola anime 4217. A Lacco Ameno 1761. A Serra<ra> Fontana 1972. A Forio poi 6791. I più vivevano dei guadagni che in quell'isola amena recano i villeggianti.
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3. Avvennero segnali di un vicino disastro, ma gli isolani cullandosi nei loro ozi rispondevano: "Non ci inquietate". Era fra gli altri l'illustrissimo Mennella, vescovo suffraganeo, personaggio tanto pio che dotto il quale dirigeva in casa propria un osservatorio. Or egli ponendo attenzione accurata scoprì segnali di un terremoto probabile ad avvenire. Ne porse avviso sollecito, ma non fu creduto. Fu [25]altresì un uomo del popolo il quale osservò: "I vapori delle termali non salgono già chiari e trasparenti, ma si addensano oscuri e neri. Quest'è indizio manifesto di fiamme più vive che s'avvolgono nelle viscere della terra, e dello scoppio d'un tremuoto. Fuggiamo! Fuggiamo!". Gli risposero i cittadini: "Tu sei un pazzo". Il celebre Denza dal suo osservatorio di Moncalieri telegrafò avvisando ad Ischia: "Il terremoto! Il terremoto!".
4. Ma non fu più in tempo. Erano le ore 9 e minuti 25 della sera 283 luglio 1883. D'improvviso s'udirono due rombi, paragonati da alcuni allo sparo di 200 cannoni e da altri al fragore di diecimila catene insieme scosse. Di repente l'isola traballò per lo spazio di quindici minuti secondi. Gli ufficiali di un piroscafo, che stava ancorato nella notte, udirono4 un eco confuso di grida, un rovinio di case, e poi <videro> una nebbia fitta di caligine che elevandosi cresceva sempre più fitta. Nel giorno seguente scrivevasi: "La catastrofe supera qualsiasi previsione, lo spettacolo è spaventevole... Non più una casa, non più una strada; gli alberghi, i [26]sontuosi alberghi son crollati, quali totalmente, quali in gran parte. Dovunque sono crepacci, macerie, morti. Il monte Epomeo emette vortici di fumo e giù dal vertice manda torrenti di macerie infuocate a rovesciare i bei vigneti, i casini ameni. Nel piano d'Ischia sonosi aperte fenditure, sgorgarono in più luoghi fonti infiammate. Sono morti in maggior numero gli abitatori. Chi poté scampare s'aggira confuso e istupidito verso le rive di mare gridando: La vita! La vita! S'affollano entro ai piroscafi accorsi da Napoli, e nella folla alcuni cadono nelle acque e ne sono poi tosto ripescati". Intanto molti
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sepolti vivi attendevano la mercé di pietosi che affrettandosi avrebbero ancor potuto salvarli. Sommerso fu tra gli altri il vescovo Mennella. Gli scavatori attesero per liberarlo ed egli di sotto le macerie dirigeva i lavori gridando: "Sto qua, salvatemi... più di qua... Un colpo di là... Da questa parte... dall'altra", e la voce poco a poco diventava più fievole, e l'accento: "Salvatemi!" più arrantolato, poi gemiti sordi... poi più nulla... la morte. Sanfelice, il cardinale arcivescovo di Napoli [27]che era accorso, dispose al compianto confratello mestissimi funerali. I fanciulli all'Ospedale della Misericordia perirono pure con immensa pietà di tutti. Gruppi di villeggianti che divertivansi ai rinfreschi nei caffè, o che si divertivano ai suoni festosi, scomparvero come al precipitare di un traboc<c>hetto. Per pochi giorni si accalorarono lavori di escavazione per estrarre uomini ancor vivi od almeno corpi morti, ma poscia le esalazioni si addensavano in modo orrendo, i cadaveri al calore scolavano; agli scavatori, in trar su dalle macerie i corpi morti, restava loro in mano un membro staccato di braccio o di piede. L'odor cadaverico omai minacciava <di> produrre una peste egualmente micidiale. Allora pronunciò l'autorità civile: "Il luogo d'Ischia sia convertita in una terra di cimitero, si sparga di acido fenico, si copra con istrati di calce viva. Si salvino almeno i superstiti all'immensa sciagura". Quindici minuti secondi di tremuoto hanno dunque tramutato un Eden di godimenti terreni in un catafalco di immenso duolo. [28]Quindici minuti secondi di tremuoto nell'isola d'Ischia, ecco un pensiero per tutta la vita!