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PENSIERI INTORNO ALL'ANNO SANTO 1886 Lezione VI San Francesco e san Domenico nella famiglia cristiana |
Lezione VI
LX. [80]Datevi con ogni studio all'acquisto della perfezione e della divozione, e con essa cercate di rendere preziose tutte le vostre azioni.
LXI. Abbiate continuo presente il timor di Dio: esso terrà vivo nell'anima vostra lo spirito di compunzione e di umiltà.
LXII. Pensate quanto sieno facili gli uomini a cangiare pensieri ed affetti, e quanto poco sia da fidare in essi. Quindi ponete tutta la vostra fiducia in Dio, che mai non si muta.
LXIII. Scegliete un confessore che sia dotto e di molta sperienza nel dirigere le coscienze, scopritegli tutta l'anima vostra e seguite in tutto i suoi consigli.
LXIV. [81]Ogni volta che avrete il bene di ricevere Gesù,
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chiedetegli qualcuno de' suoi doni più preziosi, per quell'amore incomparabile con che si degna visitare l'anima vostra.
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1. Il pontefice Leone xiii, nella sua enciclica intorno al Terz'ordine, confrontando i tempi di Francesco e di Domenico con i tempi nostri, così si esprime: "Conosciuti abbastanza sono quei tempi con le loro qualità e buone e ree. Profonda e robusta la fede cattolica, infervorati dal sentimento religioso crociavansi a schiere e bello reputavano salpare per la Palestina, risoluti di vincere o di morire. Ciò non ostante licenziosi oltremodo correvano i costumi e strettissimo era il bisogno di tornare in vigore la vita cristiana. Ora, parte principalissima della vita cristiana è lo spirito di sacrificio simboleggiato nella croce, cui deve togliere sulle spalle chiunque vuol essere seguace di Gesù Cristo. E cotesto sacrificio reca seco il distacco dei beni sensibili, l'annegazione [82]di se stesso, la rassegnata e calma pazienza nelle avversità. Finalmente signora e regina di tutte le virtù è la carità verso Dio e verso il prossimo, la quale in sua possanza disarma le molestie inseparabili dall'adempimento del dovere, e per quanto gravi sieno gli affanni della vita, ella sa renderli non pur sopportabili, ma soavi".
Per questa ragione e con questo intendimento lo stesso sommo pontefice temperò in modo le Regole del Terz'ordine di san Francesco che dai molti del tempo nostro potesse di leggeri essere fedelmente osservato. E in più lettere encicliche raccomandò il Terz'ordine, e in questa del giubileo universale commendollo altamente, augurando che il Terz'ordine entrasse buon amico appo le famiglie cristiane. E con il Terz'ordine insinuò la divozione al santo rosario, che la Vergine benedetta consegnò a Domenico da darsi ai cristiani come arma poderosa di difesa contro agli eretici d'allora, i manichei e gli albigesi che in molta parte furono maestri e precursori degli errori di mente e dei vizii di cuore degli attuali framassoni.
2. [83]Trovatisi per divina provvidenza un dì due poverelli a pregare sulla tomba di san Pietro in Roma, l'un d'essi, Francesco, disse: "Io vo', mercé il divino aiuto, istituire
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un Ordine di religiosi che diffondendosi a tutta la terra spargano col buon esempio la dottrina di Gesù Cristo". Ed il secondo pellegrino, di nome Domenico, giunto testé da Spagna continuò: "Ed io, la mercé dello stesso Signore, vo' fare altrettanto con altro ordine di frati predicatori, ed ho fiducia che la Vergine benedetta mi aiuterà presso Dio". Ora la madre di Gesù Cristo e Madre nostra consegnò a Domenico il rosario, Francesco poi chiamollo nella chiesa sua di santa Maria degli Angeli e lo rassicurò parimenti dell'aiuto del suo divin Figlio e Salvatore. Intanto Francesco col Terz'ordine e Domenico col santo rosario si fecero udire ai grandi ed ai piccoli in ogni angolo di terra ed entrarono custodi e protettori nelle cristiane famiglie. Sono trascorsi testé settecento anni dal loro transito al cielo e noi ci abbracciamo tuttavia con fede e con pietà al Terz'ordine di san Francesco, al rosario di san Domenico[84]. Oh, sieno sempre ben salutati Francesco e Domenico nelle case nostre!
3. Il cardinal Treio discorre con gioia del Terz'ordine così: "Voi mi lodate, perché, dopo essere stato onorato della porpora cardinalizia, ho preso l'abito ed ho fatto solennemente la professione del Terz'ordine del nostro padre san Francesco. Poteva io far di meno che dedicarmi intieramente al suo Ordine, io che ben conosco di essergli debitore di tutto quello che ho e di tutto quello che sono? E che? Forse il cordone di san Francesco non merita di cingere la porpora eziandio reale? San Lodovico re di Francia e santa Elisabetta principessa d'Ongaria46 lo hanno portato al pari di altri sovrani e sovrane... L'abito di san Francesco è una vera porpora tinta nel sangue di Gesù Cristo e nel sangue che uscì dalle stimmate del suo servo, laonde ella conferisce una reale dignità ai quei che la portano. Che ho fatto io dunque col vestirmi di questo sant'abito? Ho aggiunto la porpora alla porpora, la porpora
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della real dignità alla porpora del cardinalato. Così ben lungi dall'essermi umiliato, ho motivo di temere che io non abbia fatto troppo onore a me stesso e [85]che indi non pigli occasione a gloriarmene più del dovere". Gregorio ix chiamò il Terz'ordine "milizia di Cristo", "nuovi Maccabei" <i> seguaci dell'Ordine di penitenza. "Fatti coraggio -- disse il Signore a Francesco -- Io avrò cura de' tuoi figli perché perseverando fedeli durino sino alla fine del mondo. Non voglio poi lasciare a lungo impuniti i sacrileghi che si faranno a perseguitare ostinatamente i buoni tuoi seguaci. A questi poi darò ogni bene e la vita eterna, come pure a tutti quelli che loro mostreranno benevolenza e favore".
4. Francesco col suo Terz'ordine parlò a tutto il mondo, ed ei fu ben inteso. Domenico alla sua volta presentossi con il santo rosario, e fu parimenti ascoltato. I popoli cristiani, ammaestrati dal santo patriarca, giungono riverenti le mani e si rappresentano dinanzi per molte volte l'immagine di Gesù, che con eccesso d'amore viene nel loro mezzo per istruirli e poi che sale redentore al Calvario e poi che infine glorioso risorge e <a>scende all'alto, e di là ne saluta e ne porge la destra per dirne: "Eccovela, la casa mia è casa vostra, e il regno mio è regno vostro. Orsù pregate [86]e patite testé, che quassù vi è disposta gioconda sede di beatitudine". In udire tal discorso e vedere la persona adorabile di Gesù noi ci avvaloriamo ad esclamare: "Padre! O Padre!". E rivolti a Maria le gridiamo pure per un cinquanta volte: "Mamma! Mamma nostra! Cara Madre vergine Maria, fate che io salvi l'anima mia! Cara Vergine, madre di Gesù Cristo, fateci santi!". Maria noi imparammo <a> salutarla stando sulle ginocchia della genitrice nostra. Maria salutiamo allo spuntare di ogni di, Maria salutiamo al chiudersi della giornata.
"Dopo Dio -- diceva Pio ix pontefice massimo -- la nostra più grande fiducia è in Maria santissima". E Leone Xiii nella enciclica del giubileo, dopo aver dimostrato che ad ogni modo per giungere a salvezza in cielo conviene pregare, prosegue: "Per il che, o venerabili fratelli, ciascun di voi giudicate quanto grato a noi e da noi approvato sia il vostro zelo speso, massime in questi ultimi anni, per la nostra iniziativa
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nel promuovere la pia pratica del santissimo rosario. Né è da passar sotto silenzio la pietà popolare, la quale a questo proposito [87]vedesi quasi in ogni luogo eccitata47, ma è da guardare con gran cura che maggiormente s'accenda e con perseveranza mantengasi. Il che se insistiamo ad esortare, come più volte facemmo, non deve recare stupore a voi, come quelli che intendete quanta importanza abbia il fiorire presso i cristiani della consuetudine del rosario mariano, e appieno conoscete esser dessa di quel medesimo genere di preghiera del quale parliamo parte e forma bellissima, conveniente ai tempi, facile all'uso, fecondissima per utilità".
5. Non la intendono i mondani quanto di bene arrechi allo individuo ed alla famiglia la divozione che seco porta la pratica del Terz'ordine e del rosario di Maria. Odasi come bene il Salesio descrive il carattere di persona divota: "Credetemi, la divozione è la dolcezza delle dolcezze, è la regina delle virtù, perché essa è la perfezione della carità; se la carità è un latte la divozione ne è la crema, se essa è una pianta la divozione è un fiore... se è un balsamo prezioso la divozione è l'odore di soavità che conforta gli uomini, rallegra gli angeli... Hanno di quelli che [88]concedono tutto a sé, che in casa sono duri, litigiosi, accattabrighe: costoro non sono spirituali, ma coltivano vizii spirituali... Voi, Filotea, non sol dovete esser divota e cercar la divozione, ma dovete renderla amabile, utile e gradita ad ognuno: gli infermi ameranno la divozione vostra se saranno da voi consolati con carità; la vostra famiglia l'amerà se vi conoscerà più attenta al vostro dovere, più dolce nel maneggio degli affari, più amorosa nel riprendere; così il vostro marito, se vedrà che a misura che cresce la vostra divozione siete più cordiale verso di lui e più soave nell'amore; così i vostri parenti ed amici, se in voi rileveranno maggior sincerità, più pazienza e accondiscendenza alla volontà loro, non contraria però a quella di Dio. In una parola, bisogna quanto è possibile render la vostra divozione attrattiva, graziosa, obbligante... Se non vogliamo essere santi che
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secondo la nostra volontà, non lo saremo mai; convien esserlo secondo quella di Dio e adattarci di buon grado a quanto la propria condizione esige, senza volerci piuttosto attenere alle pratiche o mezzi di perfezione che ci sembrano migliori, e [89]senza voler uscire dallo stato in cui siamo collocati, conciossiaché ogni ape deve lavorare miele nel suo alveare e con fiori che vi nascono intorno".
Né in far ciò s'hanno molto a temere gli incomodi di stagione e di luogo fastidioso. Scrive lo stesso Salesio: "La maggior parte dei nostri mali sono imaginari più che reali. Pensate voi che il mondo creda certe pasquinate? Può essere che alcuni vi si fermino e che altri ne concepisca qualche sospetto, ma sappiate che se l'anima vostra è bene rassegnata nelle mani di nostro Signore, ogni sorta di somiglianti assalti svaniranno al vento come il fumo, e quanto più gagliardo è il vento più presto spariranno. Il male della calunnia non si guarisce mai tanto bene come per mezzo della dissimulazione, dispregiando il disprezzo e mostrando colla nostra fermezza che non possiamo essere presi, perché la calunnia, la quale non ha né padre né madre che voglia accettarla, mostra di essere illegittima...".
"Ah!, se il nostro cuore -- sclama san Gregorio Nazianzeno -- fosse in cielo, i venti della terra non lo commuoverebbero in [90]modo alcuno; a chi ha rinunziato al mondo, nessuna cosa del mondo può nuocere".
Miseri di noi se Francesco o Domenico in propagare la gloria del nome di Gesù Cristo avessero avuto tante paure! Ma appunto il sapientissimo pontefice e buon padre Leone Xiii, in accordare testé al mondo cattolico la gioia della santa indulgenza propria dell'anno santo, volle insieme porgere allo individuo amici sinceri Francesco e Domenico, ed un dono ineffabile alle famiglie cristiane, il terzo Ordine di san Francesco che al vivo ne rappresenta Gesù salvatore, il rosario di san Domenico che fidenti ci porge fra le braccia di una Madre santa, la Vergine immacolata.
Seguiamo il card<inale> Alimonda, il quale grida forte: "Ah, se fosse tromba la mia voce, vorrei l'anno del giubileo bandirlo così forte che tutti i miei diocesani ne sentirebbero il
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suono dai fiumi alle montagne, dalle pianure alle Alpi! Ma più che semplice voce, più che squillo di tromba metallica si leva la parola del santo padre Leone xiii, la quale vola più alto delle nostre montagne, sopravvola alle Alpi dell'Italia, passa i nostri mari ed echeggia [91]per il mondo dall'uno all'altro confine, e congiunta a quella del papa ci è la parola di tutto l'episcopato, di tutto il clero cattolico che indice e divulga il giubileo; parola che si compone di immensi suoni prodotti da quel suono supremo, suoni che qui e là si direbbero dispersi, ma che si incontrano, si raccolgono, formando un solo concento: Giubileo, giubileo!".
O anime sante, che libere d'ogni affanno già vi state beando in cielo in quel torrente di sovrane dolcezze, e che godete di far risuonare di continuo quel beato regno di lodi e di benedizioni a Dio, o voi mille e mille volte fortunate! Oh quanto avete ragione di sciogliere perpetuamente inni e cantici al Signore! E quanto io v'invidio! Ah, voi ora più non sentite quel crudele martirio che è per me il vedere le grandi offese che in questi tristissimi tempi si fanno al mio Dio, e l'ingratitudine orrenda onde vengono ripagati i pegni dell'amor suo, e il niun pensiero che si danno gli uomini della perdita di tante anime!
[92]O anime beate! Anime di paradiso, deh vi prenda pietà della nostra sventura! Interponetevi per noi presso al trono della divina misericordia, sicché ci dia a gustare anche a noi una stilla almeno di quelle dolcezze e faccia splendere sopra di noi un raggio di quella sì chiara conoscenza che voi possedete. Anzi voi stesso, o mio Dio, degnatevi <di> scoprirci almen di lontano quella gloria immensa che voi serbate in cielo a chi combatte da prode, mentre dura il sogno di questa misera vita. O anime care, che vi struggete in un beato incendio d'amor di Dio, confortate il vostro intelletto, sicché conosciamo quale godimento sovrano debba essere il vostro in pensare che eterna è la vostra felicità, e di qual gioia ineffabile
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dee inebriare il vostro cuore la certezza che il vostro godere non finirà mai...".
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Seguono le orazioni come a pag<ina> 1848.
LXV. [93]Tra i vostri santi avvocati vi sia sempre sommamente caro lo sposo purissimo della Reina dei vergini, san Giuseppe; vedrete a prova quanto egli sia pronto a far grazie d'ogni maniera.
LXVI. Nei giorni in cui l'uggia e la tristezza vi assale, non lasciate punto quel poco di bene che siete soliti di fare: non togliete nulla alla misura consueta della orazione e della penitenza. Non per altro vi tormenta lo spirito maligno, se non perché le smettiate. Anzi fatene più di prima, e vedrete come Dio sarà pronto a consolarvi.
LXVII. Non palesate mai le vostre tentazioni e debolezze a quelle tra le sorelle che sono ancora novizie nella virtù, perché ciò non servirebbe che a sturbare vie peggio l'anima vostra e la loro. Parlatene tutto al più con quelle che sono già molto innanzi nella vita spirituale.
LXVIII. Scolpitevi bene in cuore questo pensiero: che abbiamo un'anima, un'anima [94]sola a salvare, e non si muore che una sola volta; non abbiamo che una vita la quale fugge come un lampo e non ci è che un solo paradiso di gloria che non finirà mai, e non vi riuscirà punto difficile lo staccarvi dalle cose di quaggiù.
LXIX. Il vostro unico desiderio sia di veder Dio, il vostro timore quello unicamente di perderlo, la vostra maggior pena
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quella di non possederlo ancora, la vostra allegrezza sia di ciò che vi può condurre al possesso di un tanto bene, e voi godrete una gran pace di paradiso.