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Ornella non si avvicinava mai al fuoco: quando aveva finito le sue faccende sedeva accanto alla tavola e cuciva il corredino per la sua creatura: egli ne sentiva il respiro pesante, e ancora non era convinto ch'ella tramasse in silenzio qualche cosa di oscuro.
A momenti si domandava se non era meglio, come Proto consigliava, abbandonarla a sè stessa e al suo istinto che dopo tutto, in un animale egoista quale era lei, non poteva che giovarle. Dopo tutto nessun vincolo di sangue li legava, e se egli l'aveva tenuta con sè per paura che si rinnovasse l'antico dramma, e per espiazione di questo, se lei adesso aveva un mezzo di salvarsi e vivere meglio in un altro posto, non c'era ragione di trattenerla.
Ma no, non è questo. In fondo egli sente che la ragione è un'altra, che il vincolo c'è, più forte di quello del sangue, che egli vuole avere la creatura di lei perchè è una derivazione della creatura che egli ha generato e ucciso, e quindi il proseguimento della sua vita stessa. E la vuole per infonderle la vera vita, che è quella del bene, mentre se Ornella se la porta via non le darà che insegnamenti di male.
Stabilito questo punto, egli è deciso a lottare, per avere lui stesso una ragione di vivere, e la forza di salvare dentro di sè la fiamma del bene.
Allora ricominciò a tentare di sedurre moralmente Ornella col descriverle la vita semplice e pittoresca del paesetto lontano: quadro antico, povero e scrostato, che egli restaurava coi colori e la vernice della sua fantasia.
– Di questi tempi anche da noi c'è freddo e neve: ma è altra cosa. Il freddo è asciutto, la neve s'indurisce e scintilla come l'alabastro: tutto è puro e vivo. E dentro quella mia casetta che spero di ricuperare presto, si vive magnificamente. C'è la cucina con un camino che ci si può riparare sotto in dieci; la saletta da pranzo guarda sulla vallata, mentre le camere di sopra hanno le finestre verso la montagna; nelle belle giornate si vedono i cacciatori coraggiosi salire i sentieri fra le roccie: sono vestiti di pelli e sembrano i padroni della foresta. Appartengono alle più ricche famiglie del paese, e gareggiano in sveltezza e ardire. Ce n'è uno, mio discepolo, che neppure tocca la bestia che colpisce; la fa ritirare da un battitore suo servo e, se la carne è buona, come per esempio quella del daino o del cinghiale, la manda in regalo agli amici, come fa il re. Spesso, alla sera, egli veniva a trovarmi, e allora erano racconti meravigliosi, di bestie che egli aveva sentito parlare, di uccelli che rubano e nascondono gioielli e monete d'oro, di lupi che un tempo erano uomini. Una volta....
Egli si provava a ripetere i racconti straordinari del giovine cacciatore, suggestionandosi col suono delle sue parole e mescolando gli scarsi ricordi della realtà alle vicende di caccia lette nei libri di avventure. Era l'unico modo di prendere l'anima barbarica della donna, ed egli aveva cura di fermarsi a tempo, sul punto culminante, e lasciarla colpita e sospesa, per riprendere poi con maggior sicurezza: così fa la tartaruga, quando prende, pungendolo con cautela, il ragno velenoso.
Qualche volta, alla sera, venivano i contadini, e Gesuino portava le castagne appena arrostite, entro un fazzoletto che scottava.
– Senti, senti, – diceva accostandolo al collo di Ornella; ma lei si piegava e sfuggiva sdegnosa. Dopo che aveva ricevuto la lettera raccomandata non permetteva che i contadini scherzassero con lei: senza parlare metteva le castagne in un piatto, versava il vino come il maestro ordinava, poi riprendeva il suo posto accanto alla tavola e cuciva, cuciva, fermandosi solo per infilare l'ago contro luce o per disfare, aiutandosi coi denti, i nodi che il filo dispettoso formava per conto suo.
Quando c'erano quei due il maestro non riprendeva i suoi racconti: sentiva che era fatica sprecata perchè lei non stava attenta, ripresa anzi dalla potenza opposta che le parlava dentro: lo stesso suo modo di trattare i contadini, indifferente e sprezzante di contatto, rivelava il suo isolamento. E anch'essi parevano intenti solo ai loro discorsi; egli però osservava che Gesuino ogni tanto guardava Ornella con la coda dell'occhio, come pronto a gettarle un laccio se lei tentava di fuggire.
– Va a finire che se la sposa lui, – pensava il maestro; e il pensiero che la vicenda andasse a finire così lo divertiva, ma il fondo della sua anima rimaneva triste, perchè triste, qualunque cosa accadesse, era la vicenda stessa.
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