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Il dottore se n'era andato assicurando che il parto doveva avvenire verso l'alba, e che lui stesso s'incaricava di costringere la levatrice a fare il suo dovere.
Le ore passavano. I due contadini si davano il turno presso il maestro: nessuno parlava, come se invece di una partoriente si vegliasse un morto.
E anche in quella faccenda i due fratelli erano gelosi l'uno dell'altro, non tanto per la donna quanto per la loro premura verso il maestro: quando arrivava Gesuino, che nonostante il suo brontolare e le sue violenze era il più debole dei due, avveniva sulla soglia un muto conflitto: Proto lo guardava minaccioso, respingendolo, e solo l'accorgersi che il maestro osservava, gl'impediva di mandar via sul serio il fratello.
Gesuino entrava trionfante, e Proto allora se ne andava arrabbiato, deciso a non tornare più.
Verso l'alba la pioggia cessò, e nel grande silenzio improvviso, il canto del gallo parve l'annunzio di un essere misterioso venuto di lontano per mettere pace nel luogo tormentato.
Anche Ornella s'era assopita: il maestro la coprì col suo cappotto, e rinnovò sul candeliere la stearica, buona parte dalla quale s'era sciolta in un grappolo di lagrime bianche. La nuova stearica invece diede su una fiammella dolce e quieta, e solo parve scuotersi quando il secondo canto del gallo penetrò come un raggio di sole dal finestrino del soppalco.
Il maestro tornò giù e preparò il caffè, mentre Gesuino sonnecchiava accanto al camino, come un cane che pur dormendo ascolta.
Anche il maestro ascoltava: gli pareva di non aver mai avuto sonno, eppure di aver dormito a lungo contro sua volontà: e nel silenzio sentiva fuori un vago scricchiolare, come se la notte s'incrinasse per lasciar passare la luce, e le cose piegate dalla bufera si sollevassero rabbrividendo, mentre dal velo d'acqua che copriva la terra, i cespugli, i giunchi della spiaggia, gli ombrelli dei funghi, emergevano come le cime dei boschi dopo il diluvio universale.
Questa impressione, di essersi salvato da un cataclisma, e con lui di aver salvato, come Noè nella sua barca, il seme di una nuova umanità, non lo abbandonò più. E sentiva di navigare ancora, in un mare più terribile del mare vero, ma la speranza di approdare era così forte che non gli lasciava più neppure il bisogno di ripetere l'antica canzone del marinaio invocante il Signore. Poichè il Signore era lì presente, era dentro la sua coscienza e la sua forza, e sopratutto nella sua volontà di vincere.
Al terzo canto del gallo arrivò silenziosa, in bicicletta, la piccola levatrice.
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