Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
L'ospite
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L'ospite

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L'ospite

L'ospite

 

Suonò l'Ave.

Margherita si fece rapidamente il segno della croce e mosse le labbra.

- Angelus... Angelus...

Non ricordava altro quella sera, perché ella ripeté la dolce parola almeno dieci volte. Poi le sue labbra pallide si fermarono del tutto, semiaperte, quasi ad aspirare il vento che recava, vibrando, i rintocchi dell'Ave. Ma, quando l'ultimo tocco morì tremando in lontananza, e tutto ritornò nel gran silenzio di prima, Margherita riprese la sua preghiera, gemendo, tanto che s'udiva il suo bizzarro latino:

- Angelus Domini nunziavit Maria e concepivit Spiritui Santo... Ave Maria, grazia piena... che freddo che ho, Dio mio... abbiate pietà di me. Dio ti salvi, Maria, piena di grazia, il Signore è teco... Oh, Dio, Dio mio, come soffro, come son triste... Ecce ancilla Domini...

Di questo passo lamentandosi, gemendo, con la testina appoggiata al tronco di un elce, ella disse la sua preghiera.

Veniva dalla montagna un vento freddo, e la luna, color paglia, cominciava a risplendere traverso gli elci, nel cielo ancor vivo. Gli elci erano solo dieci o dodici, in fila, lungo il muro degli orti, ma bastavano, con la luna, con la tristezza del crepuscolo invernale, a dar l'illusione di un bosco. E Margherita ci credeva, ci credeva tanto che le sembrava proprio di esser sulla montagna, quattro mesi prima. Cioè, le sembrava e non le sembrava. La luna, gli elci, la sera, la sua stessa angoscia le ridonavano - come del resto gliela ridonavano ogni sera - l'illusione di trovarsi nuovamente lassù, nel suo sogno e nella sua felicità; ma ora il freddo ed il vento le facevano nello stesso tempo sentire come lontano era il sogno, come perduta era per sempre la sua felicità.

E il vento ed il freddo della triste sera accrescevano la sua angoscia.

Nel cielo limpido, che la luna, a misura che riluceva di più, rendeva diafano come il cristallo, si sperdevano certe nuvole color rame e fumo, allungandosi, sfilandosi, che sembravano pensieri di tristezza indicibile e d'angoscia sovrumana.

E Margherita, col viso in su, la testa sempre appoggiata all'elce, gli occhi smarriti in quel mare di tristezza infinita ch'era il cielo con quelle certe nuvole, gemeva sommessamente, sommessamente, invocando la morte.

Certo, grande sventura doveva esser la sua se si sentiva tanto infelice, con un profondo dolore scolpito sul viso delicato e bianco.

Eppure era una storia così semplice e facile a indovinare!

Ella aveva diciannove anni, ed era innamorata. Una cosa semplicissima, ma c'era un po' di complicazione nei particolari. Ora sentite come stavan le cose.

Quattro mesi prima un gruppo di persone gaie e distinte, signori, studenti, ufficiali, bambini e qualche vecchio, fecero una scampagnata ed una escursione sulle montagne. Margherita, i fratellini e la mamma, erano tra le persone più distinte, giacché erano persone ricche, non per altro. Non avevano alcun titolo, alcuna nobiltà, nessun'altra distinzione. Margherita poi non possedeva neppure quella bellezza che attira e fa dimenticare ogni altra cosa, anche se è una bellezza fredda o sciocca o stupida.

Del resto, è sempre meglio ammirare una ragazza bruttina, intelligente, graziosa e... ricca, che una fanciulla bellissima, senz'anima e senza dote, non è vero? Margherita non era bella, ma molto intelligente, e suo padre s'intendeva di rendita, di cartelle e di chequès, come se non s'intendesse di null'altro. E graziosa poi, assai, assai. Era bianca, delicata; ma le mancava molto per esser bella: le mancava la perfezione del profilo, del contorno, della bocca, di tutto.

Però, ridendo, faceva le fossette, e gli occhi pensierosi le sfavillavano. Poi sapeva quanto valeva e possedeva un modo tutto suo per trattar la gente, tra l'affabile e l'altero, tra il serio e il sarcastico. Con gli uomini però restava un po' timida, sulle prime, e non pareva dessa. Non aveva esperienza della vita, non aveva mai fatto l'amore, forse mai amato, e sognava ed aveva paura del gran mistero. Perciò s'intimidiva davanti ai giovanotti - spiritosa con i vecchi, con gli ammogliati e con le donne - e sotto il loro sguardo l'anima sua si sentiva smarrita, il suo sguardo diventava incerto, arrossiva, e qualche volta aveva voglia di piangere, sembrandole che i complimenti fossero caricature.

Fu così che, durante la salita alla montagna, Silio Boly, dopo averla accompagnata per un pezzetto, restò indietro ad attendere un ufficialetto, suo amico. L'ufficialetto spacconava con una borsetta ad armacollo e canticchiava un'arietta tragica. Pareva un conquistatore, o per lo meno non dimostrava di accorgersi della consunzione molto avanzata della sua divisa.

Silio gli disse dunque, canzonando, ma in modo di non essere inteso da altri:

- Signorina Margherita, di qua, signorina Margherita, di ... corpo di bacco, sai tu quanto può possedere, Leandri?

- Cosa ne so io? - rispose l'altro meravigliato. - Se non lo sai tu che sei del paese! Se vuoi, non la conoscevo ancora.

- Dicono che è spiritosa. È una sciocca, io non so dove la trovino spiritosa.

- Cosa le stavi dicendo?

- Questo e quest'altro.

Per cinque minuti, Silio continuò a dir corna della povera Margherita; ciò non ostante, poco dopo la raggiunse di nuovo e riattaccò discorso. Forse voleva divertirsi semplicemente, far dello spirito, ma, ad ogni modo, Leandro Leandri, l'ufficialetto, pensò che con le ragazze ricche non bisogna scherzare, specialmente quando si è spiantati, come Silio; un avvocatino praticante, gran ballerino, gran suonatore di chitarra, gran ciarlatano, e con le tasche vuote. Anche Boly non era bello, ma s'imponeva con la sua persona alta ed elegante e con le sue ciarle.

Salivano sempre, ed era di sera.

Dovevano passare una notte ed il giorno dopo sulla montagna, nelle stanze e nelle capanne addossate al santuario, fra i boschi.

Per le signore e per i bimbi s'eran già mandati dei materassi e delle coperte, e gli uomini dovevano accomodarsi come potevano, ma del resto tutti prevedevano di passar la notte divertendosi.

E salivano sempre. Il sentiero era aspro, fra grandi graniti spaccati, ma a momenti apparivano delle piccole pianure, donde si godevano vasti panorami, e il timo olezzava, e poi cominciavano i boschi e venivano le felci, e il sentiero rasentava dei ruscelletti pieni di giunco e di frescura.

Nessuno si accorgeva del lungo cammino faticoso, tra le ciarle e le risate. I bambini erano i più coraggiosi e infaticabili.

E Silio Boly accompagnava sempre Margherita. L'ufficialetto dalla borsetta ora guardava sempre in alto, verso quei due, deciso di tenerli d'occhio. Peggio per Boly, che aveva destato la sua curiosità.

Margherita vestiva semplicemente di grigio biancastro e teneva una sciarpa rossa intorno al collo e la mantellina sul braccio.

Leandri seguiva la figurina elegante con ostinazione, e la vedeva sempre più in alto, andare svelta e diritta, senza stancarsi mai. Nei luoghi stretti Silio la lasciava passar davanti, e una volta quello della borsetta vide l'amico porger la sua mano alla fanciulla per aiutarla a varcare una piccola rupe. L'ufficiale se ne stizzì, avrebbe voluto raggiungerli e mettersi a corteggiar Margherita, per far dispetto a Boly, ma non poteva arrivarci. Li guardava sempre come un incantato; un signore lo sopraggiunse e gli diede uno spintone dicendo:

- A che pensate?

Poi passò oltre, lasciandolo offeso e mortificato. Dopo tutto, cosa gli doveva importare se quei due camminavano insieme?

Sotto i boschi alti la sera avanzava e il silenzio era dolcissimo, solenne. I pigolii degli uccelli sembravano preghiere, e c'era tanta poesia nei piccoli sentieri tracciati tra le felci e vicino alle fontane, da non potersi ridire.

Dietro alle spalle dei viaggiatori, nello sfondo degli alti elci, l'occidente rosso gettava il suo riflesso sino ai boschi, sino al cielo leggermente cinereo.

Prima di arrivare alla chiesa, i ragazzi e le persone che precedevano si fermarono su un ciglione, su un muricciuolo che dominava una verde radura, aspettando che tutti arrivassero. E le ragazzine, cinque o sei belle bambine, intonarono la Marcia Reale, con certe vocine alte, di uno strano effetto su quell'altura, in quel gran silenzio maestoso. Leandri si sentì venir le lagrime agli occhi, benché Ninnìa Farina cantasse precisamente l'inno, storpiato in questo modo:

 

 Viva il Re! Le armi imparate,

 Le bandiere al vento sciolte,

 Siam di fronte alle rivolte.

 Viva in lui la libertà... la libertà;...

 

Fu così che finalmente raggiunse Boly e Margherita, e non li lasciò per tutto il resto della strada.

Le ragazzine precedevano cantando sempre la Marcia Reale, e tutti gli altri, in gruppo, seguivano, quasi al passo di marcia.

- È un luogo incantevole - diceva Leandri con aria stanca. - Hai tu dei boschi quassù, Boly?

Il giovine si morsicò la punta della lingua, perché non aveva né boschiterre, né quassùlaggiù, ma fu pronto a rispondere:

- Io no, ma la signorina sì!

- Sì, molti - affermò semplicemente Margherita, che si metteva la mantellina, dietro ordine della madre.

L'ufficiale credé capire qualche cosa nella vivace risposta di Boly, e se ne ingelosì. Fu in quel momento che cominciò a far complimenti con la ragazza, ma venivano accolti così freddamente che pensò:

- O è davvero sciocca, o son giunto tardi.

Tuttavia continuò a perseguitare la graziosa coppia con la sua presenza, anche quando arrivarono e quando si riposarono.

Boly lo mandava al diavolo ogni minuto, e più d'una volta fu per dirgli:

- Fammi un po' il piacere, levamiti dai piedi, mio caro, tanto la dote di Margherita non fa per te!

Nella chiesa, ove giunsero ch'era quasi notte, c'era altra gente; gente che abitava lassù da qualche giorno per far la novena alla Madonna, protettrice delle montagne.

I nuovi arrivati furono accolti festevolmente e vennero messe a loro disposizione due o tre delle vecchie stanze incomode addossate alla chiesa.

Si cenò naturalmente male, ma subito dopo tutti uscirono sulla spianata e cominciarono i balli, i suoni e le avventure.

La luna spuntò, rossa ed immensa, dal lontanissimo mare, e tutti restarono estatici davanti all'improvviso spettacolo. Una grande, sublime gioia era lassù, in quel luogo strano, lontano dal mondo. Pareva un sogno, con la chiesa screpolata, i boschi immobili nella calda notte, i grandi fuochi accesi sulla spianata, ove i bimbi ballavano e le chitarre trillavano ridendo e singhiozzando. A poco, a poco la luna fu dimenticata, ed essa, per vendicarsi, fece impallidire la luce dei fuochi e illuminò tutti i volti.

E Leandri continuava a spiare Boly e Margherita. Siccome Margherita era sempre festeggiata, nessuno trovava che ridire se Silio l'avvicinava troppo; ma l'ufficiale sorrideva malignamente.

Boly suonò la chitarra e cantò appassionatamente un'aria del David Rizio, del maestro Canepa, poi volle ballare anch'esso e ballò sempre con Margherita.

Ora, siccome molti signori e signore, che non avevano voglia di ballare, erano andati a far delle escursioni poetiche, Leandri vide ad un tratto che anche Boly e Margherita mancavano dalla spianata! Non c'era alcun male e nessuno ci badò.

Ma l'ufficialetto restò male, e, per levarsi certe idee di testa, si mise a ballare come un disperato, senza levarsi la borsetta, che dava gran fastidio alla sua dama, una ragazzina di quindici anni, molto sventata.

- Cosa ci ha dentro? - gli chiese con curiosità. - Perché non se la leva?

- Eh, diavolo! - diss'egli impacciato. - Cose necessarie.

- Uno specchio? Il pettine? - fece l'altra, ridendo. - Il binoccolo?

- Oh, no, no, niente affatto!... - rispose egli, mordendosi un baffettino, cioè la punta di un baffettino. Avrebbe voluto dire d'averci il binoccolo, ma temé che la ragazza glielo chiedesse. In realtà, non ci aveva nulla.

E così passò l'ora. Boly tornò solo, inosservatamente, e Margherita riapparve con altre signorine. Leandri, còlto da un eccesso di vera gelosia, le andò vicino e la guardò sfacciatamente.

Ma essa non gli badò; aveva il viso bianchissimo, più del solito, e su quel pallore alabastrino spiccavano le labbra, rossissime, quasi sanguigne. I suoi occhi poi erano pieni di sogno e di sgomento. Rideva, ma con gaiezza febbrile: s'era levata la mantellina e la sciarpa, e pareva avesse tutti gli ardori della febbre.

 

- Margherita, Margheritina mia, che cosa ti stai facendo! - le diceva quasi ogni giorno zia Baingia, ch'era la sua balia, scuotendo la testa con grande compianto.

Zia Baingia aveva allevato Margherita e, siccome stava vicina di casa, andava spesso a trovarla. Le voleva molto bene e avrebbe voluto vederla accasata con un re. Ora, quando le dicevano che Margherita faceva l'amore con l'avvocatino Boly, zia Baingia ne provava moltissimo dispiacere e quasi mettevasi a piangere. E sempre le ripeteva:

- Margheritina mia, che cosa ti stai facendo? Non stai forse bene in casa tua, non sei ragazzina ancora, non puoi sposare un uomo ricco e conforme al tuo grado?

Margherita diceva sempre di no, negava e pregava la balia di non credere alle lingue cattive.

- Io non conosco quasi neppure questo Boly - diceva. - Sono sciocchezze che dice la gente, perché ho ballato con lui al monte.

Diceva così, sorridendo a fior di labbra, ma in fondo al cuore sentiva un'angoscia infinita e le sembrava di odiare zia Baingia perché parlava male di Silio Boly, di cui in realtà era perdutamente innamorata, e col quale si scrivevano, in attesa di giorni migliori.

Si capisce facilmente: per Margherita non c'era un altro cristiano più bello, più buono e più nobile di Silio Boly. Quando gliene parlavano male, perché era povero e non aveva ancora una posizione, ella odiava la bocca che pronunziava le male parole, e sentiva di disprezzare tutta l'umanità, che pretende la grandezza e la nobiltà non nel cuore e nella mente, ma nelle tasche delle persone. Margherita ne piangeva come una bambina, ma sperava nell'avvenire.

In casa sua sapevano tutta la storia, e le parlarono chiaramente:

- Non vogliamo che tu ami costui!

Ma come era possibile non amarlo? C'era una volontà superiore che l'imponeva, che vinceva ogni altra volontà. Non era forse la volontà di Dio? Margherita soffriva e dimagrava, e desiderava morire, ma ogni lettera di Boly le ridonava ogni forza ed ogni speranza.

- Voi lo vedete, Dio mio, - diceva, pregando, coi gomiti sul davanzale e gli occhi vaganti sulla verde linea delle montagne, - io non posso vincere perché voi lo volete. Come posso io vincere? Egli è buono, è nobile, è grande ed io l'amo per ciò. Non potrò mai amare nessun altro, o Dio mio, o Dio mio, o Dio mio!

E scendevano le lacrime, con quell'angoscia acuta che pare voluttà, e giorno e notte, ovunque fosse, con chiunque fosse, ella pensava e sognava di lui, desiderandosi vicina a lui, stretta a lui per tutta l'eternità. Perché, infine, che cosa è l'amore, che cosa è la passione se non il desiderio vivo, invincibile, continuo, di trovarsi vicino a una data persona? Salvo poi a non provarci più alcun gusto quando ci si è vicini.

Ora avvenne un caso straordinario. Si era agli ultimi di ottobre, dopo una pioggia dirotta che aveva lavato i tetti e le montagne, dando ad ogni cosa la dolce tinta umida e decisa delle belle giornate d'inverno. Anche il cielo era diventato più azzurro e limpido, e gli elci dell'orto avevano ora il colore fosco e lucente delle foreste nordiche. Di notte, la luminosissima luna d'ottobre, su quel cielo limpido che pareva d'acqua, smaltava il paese, allagandolo dell'argento liquido più puro, ed in una di queste notti meravigliose arrivò in casa di Margherita un ospite. Si chiamava Antonio Arau, ed aveva trentasei anni. Era di buona statura, d'un'eleganza piuttosto pesante e poco ricercata. Era bruno, bronzino di volto, con la bontà e la semplicità scolpita sulla fronte, sugli occhi tranquilli e sulla bocca sorridente. Aveva poco spirito, una coltura molto mediocre e moltissimi denari.

Cavalcava stupendamente, cacciava cinghiali e caprioli come altri può cacciar passerotti, ed aveva anche viaggiato molto. Ma, dopo tutto, era un signore da villaggio, cioè una cosa volgare e poco interessante. Veniva per giurato alla Corte d'Assise, ed essendo molto amico della famiglia di Margherita, andava ad ospitare in quella casa, come il padre di Margherita ospitava in casa degli Arau, allorché si recava nel loro villaggio. Da quasi cinque anni però Antonio non era più tornato nella città; si stupì quindi grandemente quando vide che il suo amico aveva una figlia grande e vezzosa come Margherita.

Al suo arrivo tutti erano usciti nella corte per dargli il benvenuto, mentre smontava da cavallo.

Era notte, e alla luce della luna sotto i pergolati spogli Margherita sembrò ad Antonio più bella ed elegante di quel che realmente era. Gli sembrò una signorina di venticinque anni, e provò una specie di soggezione facendo la sua conoscenza.

- Io l'ho lasciata quasi bambina - disse, e non seppe farle alcun complimento, per cui ella lo giudicò male e sorrise di lui.

Antonio Arau fu ricevuto con gran festa; portava dei regali magnifici, e gli fu assegnata una camera fra le migliori della casa.

Il padre di Margherita era tutto felice di aver l'amico in casa sua, e voleva lo trattassero con infinita gentilezza, perché anch'egli veniva ricevuto così dagli Arau.

Di notte, dopo cena, si trattenevano assieme fino a mezzanotte, e dopo tre giorni Antonio diventò anche l'amico intimo dei bambini. Con Margherita, invece, restava un po' troppo timido e rispettoso, benché si fosse accorto ch'ella era ancora tanto bambina e semplice. Margherita lo riguardava con cortesia, ma alle spalle gli faceva uno strano sorriso. Gli sembrava vecchio e goffo, ignorante e volgare.

Antonio non poteva pensare a questo; la fanciulla era tanto gentile e vezzosa con lui ch'egli ne restava incantato. A tavola, a conversazione, in ogni luogo, non poteva staccarle gli occhi di dosso. Doveva essere una ragazzina semplice e buona e prudente se parlava così, con tanta educazione, se era così obbediente e rispettosa, se amava e sopportava con tanta grazia i fratellini, monellucci irrequieti, se vestiva con tanta semplicità. Indossava sempre lo stesso vestitino d'indiana azzurra, col colletto bianco rivoltato, adorno di una sottile gala che le rendeva il collo più bianco e delicato. E la blusa raccolta alla vita, e le maniche larghe sino al gomito, le davano un'aria di spigliatezza e d'eleganza ch'era tutto un poema affascinante. E per affascinare Antonio Arau, ci voleva molto, molto meno di ciò. Vedeva il vestitino di Margherita anche quando dormiva, e lo rivedeva nelle vie, alle Assise, sul banco dei giurati, e infine, per vederlo ancora di più, fece di tutto per restare un'altra quindicina, al contrario degli altri giurati che lavoravano di mani e di piedi per esimersi sin dal primo giorno.

Cosa c'era infine? Una cosa molto impreveduta da tutti, fuorché da Margherita, che se ne accorse subito, e che quindi cominciò a provare per l'ospite quel sentimento o sensazione apportata dal fumo agli occhi.

Antonio si accorse del suo amore un giorno che gli dissero al passeggio come Margherita facesse l'amore con Silio Boly. Si sentì venir meno, e i suoi occhi buoni guardarono quasi ferocemente il giovine ed elegante avvocato. Eppure, per una strana legge d'attrazione, fu costretto ad avvicinarsi a Boly, che sapendolo ospite in casa di lei, gli fece mille feste.

Diventarono quasi amici.

Così, trovandosi qualche volta solo con Margherita, le parlava sempre di Boly, chiedendole s'era vero che facevano l'amore. Essa arrossiva, ma negava sempre. Antonio le credeva, perché aveva assoluto bisogno di crederle, ma non poteva mai dirle come avrebbe desiderato star lui, e non Boly, dentro il suo giovine cuore.

Avrebbe voluto dirle:

- Margheritina mia, io non pensavo punto di prender moglie prima di venir qui, ed ora tu m'hai fatto cambiar di parere. Perché lo sai, Margherita, se realmente non provi nulla per me? Lo so bene, non sono elegante come Boly, ma se tu sapessi come è gaia e piena di grazia di Dio la nuova casa che mi son edificato ora, sul confine del villaggio! Dirai che ho tanti anni più di te, ma sai... sai... io mi sento tanto giovane davanti a te... sai... alla mia età si ama in un modo straordinario, con tutte le forze possibili ed immaginabili... come non si ama altra volta... e l'amore rende giovani, e non lascia più invecchiare, Margherita... Margherita...

E tante altre cose avrebbe voluto dirle, ma non ci riusciva mai. Così i giorni passavano. Antonio ad ore credeva d'essere in casa di Margherita da un secolo, ad ore di esserci da un minuto, il tempo di un sogno solo solo...

E veniva il novembre, con una precoce estate di San Martino, che rendeva le sere tiepide e colorate. Antonio era da ventitré giorni in casa di Margherita, e gli restavano ancora sette giorni per decidersi.

Aveva preso una relativa famigliarità con la casa e con le persone; e voleva bene ad ogni angolo, ad ogni oggettino che vedeva dentro. Il viale specialmente egli amava, il viale in fondo agli orti, su cui gli elci gettavano sempre l'illusione di un bosco, ove Margherita passeggiava ogni sera. Di si vedevano le montagne, e si sentivano le capre a pascolare, e gli uccelli cantare in lontananza le melodie della solitudine e dell'amore.

Una notte Antonio si trovò come per caso sotto gli elci, ma Margherita non c'era. Pensò che avrebbe volentieri ceduto tutti i boschi cedui e non cedui ch'egli possedeva nel suo paese, pur di aver quegli elci e i pensieri che Margherita formulava, passeggiandovi sotto. E andava su e giù, vedendo sempre nell'ombra la veste azzurra, che non poteva toccare: perché non poteva raggiungerla, perché non sentire la testina graziosa che sognava sotto quegli elci, sul suo petto di forte gentiluomo? E dire solo così:

- Margheritina mia!

Ora avvenne che Antonio Arau, coi suoi trentasei anni, fece una pazzia quella sera; baciò il tronco di un elce; ma il tronco era così freddo e inanimato che un brivido gli fece tremare tutte le larghe spalle, e le mani bronzine. Poi raccolse una foglia, dura e grigia, e la raccolse bene. L'indomani doveva partire.

Sarebbe partito senza dir nulla, se quel giorno Margherita non fosse uscita di casa. Invece, verso le due, ella si vestì, e, prima di mettersi il cappello, scese per dare il buon viaggio all'ospite.

- Dunque, - disse entrando, - lei parte stasera?

Non ne dimostrava alcun dispiacere; Antonio la guardò e non poté dir nulla, ma sorrise, con un vago incantamento entro gli occhi.

Margherita vestiva quasi sfarzosamente, un abito di lana bianca pesante a fiori di seta; due larghi nastri verdi le partivano dal fondo della sottana, dopo aver formato un fiocco, e si fermavano sui fianchi sottili, poi ripartivano fino alle spalle, come bretelle, formando altri due fiocchi al di sopra delle maniche larghe.

Antonio la guardò lungamente. Poi prese avidamente la sua manina e disse:

- Sì, parto... ma ritornerò!

- Allora, arrivederci! - ella esclamò, e disse qualche altra parola graziosa che Antonio non capì.

Pensava che non poteva più partire così, senza tentar la fortuna. L'abito bianco con le bretelle verdi trasformava Margherita, e questa trasformazione dava un coraggio immenso ad Antonio.

Pensò: ella non vorrà seppellirsi nel mio villaggio, per quanto bella ed elegante sia la casa mia, ma io verrò qui... andrò ov'ella vorrà, anche a Cagliari... anche a Roma. E, appena uscita la fanciulla, l'ospite parlò col padre suo e gli chiese la manina della piccola, irresistibile incantatrice.

Il padre, che aspettava questa domanda, abbracciò e baciò l'amico.

- Parti tranquillo, - gli disse teneramente, - io farò di tutto per renderti felice, e assicurare, nello stesso tempo, la felicità di mia figlia.

Antonio partì, e gli sembrava sempre un sogno. Il sole tramontò mentre egli viaggiava ancora, e tutto l'orizzonte si tinse di violetto, dolcemente, melanconicamente. E anche la nebbia, che usciva dalle terre arate, era leggermente violetta, e nello stradale i mucchi di ghiaia color sapone sparivano ad uno ad uno in quella nebbia, mentre il cavallo di Antonio Arau faceva un bel sogno come il suo padrone.

 

Cominciò allora una persecuzione continua, orribile nella sua dolcezza, per la povera Margherita.

Il padre e la madre, la balia e tutti i parenti, ogni giorno, ogni ora, ogni istante, le parlavano, con calma insinuante, di Antonio e della sua proposta di matrimonio.

- Io non lo voglio! Non voglio neanche sentirne parlare! - diceva essa con ostinazione. - Perché volete sacrificarmi? Vi son di peso? In tal caso ve lo leverò presto il fastidio! - esclamava impallidendo. E si metteva a piangere, pregando Dio di farla morire.

- Figlia mia, Margheritina mia, - diceva il padre carezzandole i capelli, - tu non senti tutto il bene che ti vogliamo. È solo per il tuo bene, solo, solo per questo. Pensaci bene. Con Antonio Arau si apre per te il paradiso. Pensaci bene. Ci penserai?

L'accarezzava tanto bene ch'ella si lasciava, per il momento, commuovere, e rispondeva:

- Ci penserò.

Ma l'indomani tornava con la solita cantilena:

- No, no, no e poi no!

Ella non lo voleva questo straniero, questo gentiluomo di villaggio. Era vecchio, aveva un brutto nome, un nome volgare, mentre il nome aristocratico e feudale di Silio Boly era il più bel nome del mondo! Ella amava Boly e avrebbe sposato solo Boly, perché altrimenti egli ne sarebbe morto, ed ella pure!

Intanto, per maggior prudenza, il padre - sapendo che questo capriccio insano, come egli lo considerava, impediva a Margherita di veder la sua fortuna - fece di tutto per troncare la corrispondenza dei due innamorati. E portò la figliuola a viaggiare per allontanarla dalla sua fissazione. Lo fece con tale destrezza che ella non si accorse punto dello scopo e lo seguì con piacere, credendo fosse una gita di pochi giorni.

Dopo essere stati una settimana presso certi vecchi parenti lontani, andarono in un altro villaggio. Margherita per poco non fu colta da un accidente allorché vide venir loro incontro Antonio Arau. Questo dunque era il suo paese? Credé l'avessero portata per farle sposare Antonio, e in un momento di terrore supplicò suo padre di tornar indietro. Ella sarebbe morta, sarebbe morta! Si mise a piangere come una bambina, tanto che suo padre si vide disperato.

- È inutile! - pensò. - Non ne verremo a capo di nulla.

Pensò anche di adirarsi, ma siccome era uomo prudente non lo fece, tanto più trovandosi in paese straniero.

- Non far la sciocca, - disse semplicemente, - non ti ho portato qui per lasciarti. Ci resteremo un giorno solo, ma fammi il piacere di non far brutta figura.

Antonio li accolse in casa sua con gentilezza squisita. Abitava con sua madre, una vecchia e soavissima donna che baciò Margherita, facendole mille complimenti, e in quella casa fresca, nuova, ove trapelava il benessere da ogni angolo, Margherita si sentì tranquilla e sicura.

Era in dicembre e faceva un gran freddo; perciò Margherita non volle uscire per visitare il villaggio, e restò accanto al fuoco con donna Tommasa, mentre le serve preparavano un magnifico pranzo.

Donna Tommasa sapeva lo scopo della visita invernale dei loro amici, ma non fece veder nulla a Margherita. Parlarono di cose indifferenti, e poi venne un momento in cui non ebbero più nulla da dirsi.

Nel caldo della bella stanza moderna, traverso le cui cortine non si scorgeva per nulla la miseria del villaggio, Margherita sentiva un vago benessere, e trovatasi un momento sola chiuse gli occhi e pensò seriamente.

Lo strazio intimo che l'aveva fino a quell'ora investita parve calmarsi, e l'immagine di Silio Boly impallidì in lontananza. Era effetto delle cose vedute negli ultimi giorni, del viaggio fatto, delle nuove impressioni, o del caldo della pace grigia, invadente e solenne della casa di Antonio Arau?

Come era buona donna Tommasa, come era fina e prudente!

Dunque, dunque, doveva Margherita chinare la testa? Tanto Boly non glielo avrebbero lasciato sposare mai, tanto la sua vita era distrutta!...

Singhiozzò, ad occhi chiusi, e di nuovo, e sempre, desiderò morire.

- Dunque, - disse il padre ritornando, - cosa si pensa? Si riparte?

- Sì! - diss'ella, pronta.

- Stanotte, stanotte almeno! - supplicò Antonio.

Siccome Margherita insisteva, gli Arau parvero offendersi, e minacciarono di non andar più a trovare i loro amici, nella loro città, se non rimanevano.

- Ma perché sei venuta se non per vedere il villaggio? - disse donna Tommasa. - Stasera faremo un giro, andremo in chiesa... vedrai la chiesa...

- Me ne importa molto della vostra chiesa! - pensò Margherita con disprezzo. Tuttavia, dopo pranzo, uscì e andò in chiesa, e poi venne recata quasi in processione, di casa in casa.

- È la fidanzata di Antonio Arau - dicevano tutti. Furono feste, gentilezze, cerimonie da non dirsi. Le donne regalavano cose graziose alla visitatrice, e tutte le dimostravano apertamente quanta adorazione le avrebbero consacrato, venendo essa a stabilirsi fra loro.

Intanto Antonio restava rispettosamente lontano, e solo verso sera osò avvicinarsele. Ella sedeva accanto al fuoco, davanti al gran camino di granito, ed era in quell'ora dei crepuscoli invernali quando tutta la pace e la poesia della vita si raccolgono nelle stanze ben chiuse, ben arredate e illuminate dal fuoco. Antonio restò ritto dietro la sedia di Margherita. Fosse caso, o fosse previdenza altrui, si trovarono soli.

- Come t'è piaciuto il nostro paese? - domandò.

- È bellino - diss'ella con indifferenza.

Il calore del fuoco la faceva arrossire, e guardava con strana intensità le brace luminose. Sapeva dove Antonio sarebbe andato a finire, e ne provava uno strazio profondo, ma non pensava alle parole da rispondergli.

- Dunque, - diss'egli, dopo una lunga pausa, - dunque non verresti mai ad abitarlo? - E mormorò tremando: - Margherita?...

Ma mentre egli stesso si stupiva del coraggio che aveva a dir queste parole e questo nome, Margherita, la quale sentì bene il suo tremito, pensò indegnamente se tutto ciò non era commedia. E la sua amarezza crebbe, le inondò tutta l'anima, tutto l'essere, le allagò la bocca e le labbra. Fu così ch'ella disse, vivamente:

- Ah, è per questo che mi hanno portato qui? Lo sapevo, lo sapevo! Ma perché mi volete far morire?

Chinò la testa e singhiozzò. Antonio diede uno sbalzo. Questo sì, ch'era un sogno, un delitto, una cosa orrenda! Eppure egli sapeva ogni cosa, ed il padre di Margherita gli aveva detto:

- È una bambina ostinata, che non vede la sua fortuna. Ora io te l'ho condotta qui per farle toccare con le sue mani il bene che le recherebbe un suo solo cenno di testa. Prova un po' tu a farle dire di sì!

- Non piangere, Margherita, - disse Antonio, sedendosele accanto, - non ti hanno condotta qui per farti del male, e, se vuoi ripartire, ripartirai in questo stesso momento. Ma senti, - soggiunse poi scherzando con la morte nel cuore, - senti che vento; ci sono tutti i morti per l'aria. Non temi i morti?

- Io temo i vivi! - diss'ella sorridendo.

- Sì, giusto! Ma i vivi che vogliono recarti danno e infelicità?

Margherita capì subito che alludeva a Boly e si sentì stringer la gola, ma non disse nulla. Boly si allontanava sempre più, sfumava in quella grande e grigia oscurità invernale. Margherita non lo sentiva più dentro di sé, come prima; le sfuggiva con quel gran desiderio di stargli vicina che prima la dominava sempre.

Non desiderava più di star vicino a nessuno; desiderava solo di morire, e tutti i suoi sentimenti si assopivano in questo desiderio di sonno infinito. Perché non la lasciavano in pace? Perché la tormentavano ancora?

- Margherita, - disse Antonio dopo un lungo silenzio, - è tanto che aspetto! Non vorrai dunque rispondere mai? Io farò tutto quello che tu vorrai. Verrò nel tuo paese, se così ti piace; andrò dove ti piacerà. È per questo?

E si passò una mano sulla bocca, per nascondere il tremito delle sue labbra. Al riflesso del fuoco, l'iride dei suoi occhi buoni pareva una fiammella, e Margherita vedeva solo quella luce nella gran penombra che la circondava dentro e fuori.

Doveva rispondere sì? Ora le sembrava una cosa naturale e necessaria, assolutamente necessaria.

Ma non poteva parlare, non poteva muover la lingua; le sembrava che i suoi denti fossero una catena di montagne, in un paese oscuro.

- Perché non mi rispondi, Margherita? Tu non sai che supplizio è questo tuo silenzio! Dimmi qualche cosa, una sola, una sola parola! - Le prese una mano e la strinse fra le sue, calde e vigorose.

- Senti, - continuò, - io so ogni cosa tua, ma lo vedi tu stessa che è una sciocchezza. Boly è spiantato, i tuoi non lo vogliono, e poi non è un'anima buona, credi, perdonami...

Ma Margherita non aveva nulla da perdonare; quelle parole, in quel momento, non le recavano offesa come altre volte. Tutto le sembrava naturale. Antonio riprese:

- Io non ti chiedo che di lasciarti amare, uno, due mesi. Se, dopo questo tempo, tu non mi ami ancora, io mi ritiro. Ma rispondi dunque!?...

- Ma cosa devo rispondere? - diss'ella alfine, con voce di stupore.

Egli le strinse ancor più la manina, sorrise, e disse con gran dolcezza:

- Rispondi come ti dico io.

- Come?

- Che mi permetti di amarti per qualche mese, durante il quale non corrisponderai altro...

- Sì! - esclamò essa con semplicità.

Antonio toccò il cielo col dito.

Nella grigia oscurità della stanza, Margherita sentì le due fiammelle degli occhi di lui penetrarle fino all'anima e frugargliela tutta, ma non ne provò alcuna impressione, né dolorosa, né gioconda. Anche ciò le parve una cosa naturale e semplice, e quando Antonio le attirò la testolina e la fece posare sul suo forte cuore che batteva come una campana a festa, non sentì che l'impressione del panno fine della giacca sulla guancia delicata, e restò così, desiderando ancora e sempre la morte. Anche la morte, ora, le pareva una cosa naturale, la più semplice e necessaria delle cose.

Subito si sparse la voce che Margherita era fidanzata con Antonio Arau. Zia Baingia, la balia, parea ballare sulla punta di un ago per l'allegrezza, e tutti in casa erano contentissimi della vittoria.

Ma, ritornata nella realtà Margherita moriva di spasimo e di rimorso.

Che aveva, che aveva ella fatto?

Silio Boly era ritornato dentro di lei, più imperioso e acuto di prima.

Ogni sera ella piangeva, guardando le montagne, e sentiva tutta la tristezza e la desolazione invernale stringerla, raffreddarla, ucciderla.

Mentre Boly le regnava sovrano in tutto l'essere, in tutto il pensiero, di Antonio non ricordava che l'impressione della giacca di panno, fredda ed aspra.

Ma la parola era data, ed Antonio doveva venire a capo d'anno per farle una visita, la prima visita.

Dopo il ritorno non aveva più veduto Boly, e non gli aveva scritto, benché avesse ricevuto una sua lettera disperata, perché anch'egli sapeva oramai la novità.

E, fra le altre cose, ora Margherita temeva qualche immane disgrazia; credeva che Boly si ammazzasse, o che commettesse qualche grande follia.

Ma non diceva nulla; operava sempre come in sogno, senza forza, senza energia. Il suo pensiero lavorava spaventosamente, e anzi talvolta ella credeva d'impazzire; ma non parlava mai, non operava mai. Si desiderava morta, o vecchia vecchia, giacché la fanciullezza le recava tanti dispiaceri.

Così arrivò capo d'anno, e di mattina giunse Antonio Arau. Questa volta veniva in carrozza, e non portava regali, per cui i ragazzini non l'accolsero con molto entusiasmo.

Baciò Margherita in fronte, e le disse:

- Come sei bianca! Sei malata, forse?

- No, - diss'ella, - ho freddo.

Per tutto il giorno, Antonio le fece la corte, a modo suo, e solo verso sera uscì. Ella aveva preso un contegno stupidino anzichenò, e provava un gran dispetto per Antonio, e avrebbe voluto dimostrarglielo, ma non poteva. Alle volte si fermava, con gli occhi spalancati, domandandosi:

- Ma sono o non sono fidanzata? - Perché sapeva bene che la gente avrebbe considerato la venuta di Antonio come visita ufficiale di fidanzato, e sentiva che ormai ell'era legata a lui.

Ma chi l'aveva legata? Ella stessa? Quando, dove, come?

Con un solo motto delle sue labbra ella aveva rotto tutto il suo sogno, il suo amore e il suo avvenire?

Come questo era possibile? Perché?

Cos'era dunque la vita?

E andava su e giù per il viale, sotto gli elci, nel freddo crepuscolo dell'ultimo giorno dell'anno.

Quando suonò l'Ave, ella si fermò e pregò, come l'abbiamo sentita nelle prime righe di questa storia. Con la testa appoggiata ad un tronco d'elce - quello stesso che Antonio aveva baciato - gemeva angosciosamente, vinta alfine da uno strazio deciso e ineffabilmente doloroso.

La luce della luna si faceva sempre più chiara e limpida, e dalle montagne salivano grandi nuvole di una bianchezza risplendente.

E la tristezza della notte aumentava. Si udivano allegri rumori in lontananza, e dai fumaiuoli saliva il lieto fumo delle cene festose. Gli uomini dimenticavano il tempo, e solo la natura immortale pareva rattristarsi per l'agonia dell'anno.

A un tratto, dopo l'Ave Maria, sullo sfondo delle nuvole bianche risplendenti come un gran tesoro d'argento, brillò un fuoco sulla cima della montagna.

Sulle prime Margherita credé fosse una stella rossa che spuntava; ma poi vide bene ch'era un fuoco, e ne fu tutta scossa. Un pensiero strano le venne subito in mente: dapprima ella stessa si stupì di questo pensiero, ma, a misura che il fuoco si faceva più vivo, il pensiero si trasformò in dubbio, poi in convinzione profonda.

E i suoi occhi, lucenti per le lagrime versate, non si staccarono più di . Era così, doveva esser così. Era Silio Boly, ch'era salito sulla montagna, in quella sera fredda, in quella sera di festa, spronato da un'angoscia mortale e fatalissima.

Era salito poiché non poteva parlare, poiché non poteva vederla, e le parlava e le gridava ora di lassù, con quel fuoco, acceso da lui.

Ella lo sentiva. Le cose che gridava il povero Silio, col raggio di quel fuoco, pallido su l'argento delle nuvole, non potevano ripetersi, tanto erano strazianti e dolorose.

Ella sola, ella sola le sentiva e le comprendeva, e il suo volto diventava cinereo per il dolore. Tese le braccia:

- Oh, Silio, Silio, prendimi lassù; abbi pietà di me e di te! Silio Boly!

Ma poi il fuoco si spense. Margherita fuggì via, verso casa, decisa di scuotersi dal sogno fatale che la rovinava; decisa di spezzare la catena che l'attaccava ad Antonio Arau.

Non voleva più morire, e non voleva tanto meno che morisse Silio suo, Silio, nobile, Silio adorato.

 

Dopo cena - alla quale avevano assistito due intimi amici di famiglia - Petrina, la serva, entrò con la bocca aperta per il riso, portando un gran piatto rosso pieno d'acqua.

- Brava, Petrina del mio cuore! - esclamò uno degli invitati.

La serva depose il piatto nel centro della tavola, ancora piena di frutta, di piatti e di tovagliuoli, e gettò un pugno d'orzo, sempre ridendo.

Margherita, ch'era stata sempre di cattivo umore, fece una smorfietta, di cui Antonio, sedutole accanto, si accorse benissimo.

- Ti dispiace? - mormorò chinandosi.

- No, e perché? - diss'ella indifferente.

Petrina levava i cestini delle frutta e i piatti, e, passando dietro la padroncina, mormorò:

- Stanotte vedremo...

Ma la fanciulla la fulminò d'uno sguardo severo, per questa famigliarità che si permetteva, e Petrina si sentì gelare.

Intanto i bambini si erano protesi sulla mensa, e, rialzando la resta ai granelli dell'orzo, li mettevano a pescare entro il piatto dell'acqua.

È un'usanza sarda dell'ultima notte dell'anno. Si mettono entro l'acqua due granelli d'orzo e si smuove un po' il liquido elemento per farli camminare. I chicchi d'orzo rappresentano due innamorati, a cui talvolta si aggiunge un terzo, uomo o donna, che rende più interessante le avventure della strana navigazione.

- Chi mettiamo? - gridò il fratellino di Margherita.

- La padroncina! - esclamò Petrina, rimasta, con tutta la libertà permessa dalla festa di capo d'anno, presso la mensa.

- Stia con le mani secche! - disse poi vivamente al convitato, vicino a cui s'era appoggiata, e che cercava di accarezzarla.

Fece un salto, e andò ad appoggiarsi sulla seggiola della padroncina.

- Ecco, questa è Margherita! - gridò il bambino, mettendo un chicco di orzo. Ma lo mise così malamente che calò subito a fondo.

- Povera Margherita, ti sei naufragata! - esclamò Antonio, e tutti risero, tranne lei, che si morsicava le labbra.

Il padre vedeva benissimo il broncio di Margherita, e ne restava mortificato, tanto che si alzò con uno degli invitati, e si mise a fumare, passeggiando traverso la stanza.

- Lascia fare a me! - esclamò Petrina, respingendo la mano del ragazzino. - Dunque questa è la padroncina e questo è il signor Antonio! Guardi, signora Margherita, guardi come è grosso e allegro il signor Antonio!

- Che sciocca! - disse Margherita, portandosi una mano alle labbra, che finalmente sorridevano.

Antonio ne restò tutto beato, e rise.

Il granello che lo rappresentava era infatti grosso, e, appena messo nell'acqua, cominciò a dimenarsi, volteggiando allegramente. Invece, Margherita, sottile, con la coda ritta, restava rigida e si allontanava.

- Non mi vuole! - disse Antonio, mentre tutti seguivano, sorridendo, l'andamento dei naviganti. - Si vede bene che non mi vuoi, Margherita!

Ella si allontanava, si allontanava sempre; e lui, fattosi serio, la rincorreva appassionatamente.

- Guardino! - gridò Petrina. - Ora la padroncina si è voltata un poco, ha guardato... oh, come fugge, come fugge!

- Ha paura! - esclamò Antonio.

- Che sciocchezze! - diceva ogni tanto Margherita, rossa in viso e mortificata, seguendo tuttavia i granelli, con gli occhi scintillanti.

- Oh, oh, Antonio si è fermato. È strano! - disse uno dei bambini.

Anche lei si fermò. L'acqua fu nuovamente scossa da un soffio potente di Petrina, e i due granelli parvero invasi dalle vertigini. Disse Margherita:

- Così non va bene. È un forzare il destino. Si devono incontrare senza la spinta di nessuno; altrimenti è inutile.

- Vero! - confermò Antonio.

I due granelli facevano delle pazze giravolte: si allontanavano, si avvicinavano, tornavano a dividersi; ma infine ripresero il corso normale. E lei tornò a fuggire; un momento si arrestò, attese, e parve aver un colloquio con lui, a rispettosa distanza; poi scappò di nuovo. Antonio ricordò il colloquio avuto in casa sua, e si domandò se non c'era qualcosa di vero in quella rappresentazione.

Ma Petrina era seccata dell'andamento senza scopo dei due, ed ebbe un'idea.

Prese un terzo granello, e lo mise nell'acqua dicendo:

- Stiamo a veder ora! Questo è l'avvocato Boly!

Margherita le tirò fortemente il grembiale, sotto la tovaglia, mentre le orecchie le diventavano rosse come il melagrano; ma Petrina non vi badò.

Aveva voglia di ridere, e sapeva che tutto è permesso in questo giuoco di capo d'anno. Infatti nessuno si offese; solo Antonio ebbe come una specie di dispettoso sgomento, e Margherita, vedendo così rappresentato interamente il suo dramma, si sentì morire.

- Oh, che spaccone! - disse il convitato, interessandosi sommamente al giuoco.

Infatti Boly restò un momento fermo, quasi per darsi un'idea esatta della sua posizione; poi cominciò a camminare boriosamente.

- Pare indifferente! - disse Petrina. - Guardi, guardi, signora Margherita: guardi come si guardano in cagnesco col signor Antonio. Oh, Dio mio, Dio santo, si azzuffano.

- Ma che! È passato dritto, è passato avanti Boly; oh, sciocco di un Antonio, perché ti lasci battere? Corri, corri! - gridò il convitato.

Antonio diede un grosso sospiro, sorridendo, e disse:

- È inutile! Sono proprio sfortunato! Non mi resta che affogarmi.

- Ecco, ecco! - gridò Petrina. - Si vogliono... la padroncina si è voltata... aspetta! Oh, diavolo, è l'avvocato che vuole?

- Petrina, fammi il piacere! - esclamò Margherita, che non ne poteva più. Ma l'altra continuò:

- Eccoli, eccoli! Si avvicinano sempre più! Il signor Antonio si è fermato, disperato del tutto!

Margherita e Boly, entro l'acqua, si avvicinavano infatti, appassionatamente, vertiginosamente. Antonio, fermo, umiliato, guardava, addossandosi all'orlo del piatto, e il vero Antonio non sorrideva più.

Via, era una sciocchezza, eppure qualcosa di amaro e disgustoso lo invadeva, lo umiliava tutto.

E la catastrofe pareva, era anzi imminente, allorché accadde una strana cosa. Petrina soffiò nuovamente: una tempesta si scatenò nell'acqua rossa, che scintillava riflettendo i lumi, e tra i gridi e le proteste dei bambini e di Margherita, Boly calò a fondo, e Antonio corse pazzamente e baciò Margherita, stringendosi appassionatamente a lei.

Un vivo applauso, misto a gridi, a risate, a vivaci auguri, echeggiò per la stanza; e, mentre Margherita si metteva graziosamente il volto tra le mani, per nascondere il suo rossore, Antonio si proponeva di dar a Petrina, l'indomani, dieci lire di mancia!

La serva, furba, aveva forse fatto appunto per ciò tutta la commedia; ma Antonio non lo seppe mai.

- Ora mi metto io! - gridò intanto. E voltasi sfacciatamente al convitato gli chiese:

- Mi vuole con sé? Mi vuole?

- Ma sicuro! - esclamò egli. - Anche senza tentarne la prova con l'orzo.

 

Siccome veniva altra gente, Petrina accese i lumi nella stanza attigua, e fece il fuoco entro il caminetto.

Era una specie di salottino da lavoro, che restava chiuso tutto l'inverno.

La finestra, grandissima, senza tendine, dava sugli orti, incorniciata da una pianta di rose d'ogni mese, e nel vano c'era un tavolino con sopra dei vecchi giornali e l'occorrente per scrivere. Ed era su questo tavolino, davanti alla visione del paese solitario, chiuso dalle grigie montagne, nella cornice fresca delle rose che talvolta venivano a baciare i vetri chiusi, che Margherita scriveva a Boly, nelle ore della notte, o in quelle della siesta.

Benché Petrina avesse acceso i lumi ed il fuoco, nessuno entrò nel salottino, siccome i padroni restavano di , nella stanza da pranzo.

Petrina se ne accorse, e disse alla padrona:

- Ho fatto il fuoco, dentro.

- Sta bene! - e voleva passare di ; ma la pregarono di non far complimenti, e non si mosse.

Tutti chiacchieravano nella stanza da pranzo, e venivan serviti dolci, vini e frutta. I ragazzi continuavano a far dei giuochi, con l'orzo, col piombo fuso e in tanti altri modi; e, siccome levavano un chiasso indemoniato, la padrona disse:

- Ih! Non si sente la madre col figlio! Fatemi il piacere di andarvene dentro!

I piccolini presero i loro bagagli, e se ne andarono nel salottino. Margherita pensò che per loro non c'era bisogno di molti lumi, e dopo un momentino entrò e spense le steariche, lasciandone accesa solo una. Così fermossi davanti alla finestra, e le sue sottili sopracciglia ebbero un fremito.

I vetri eran tutti irradiati dalla luna, e nella trasparenza argentea il fogliame giallo delle rose pareva di metallo, e al di , nella nitida notte, il paesaggio e le montagne grigie sembravano un sogno.

Margherita fu invasa ed afferrata nuovamente dalla sua angoscia, per ogni fibra, per ogni muscolo, dai piedi ai capelli. E rimase , muta e irrigidita, mentre i fratellini giuocavano e ridevano sgangheratamente. Sui vetri pieni della luce lunare, su tutto il freddo bagliore dell'ultima notte, rivide il sogno suo di quell'anno tormentoso e delizioso, e sentì nel vano della finestra tutta la sua anima che si consumava per il dolore. No, non era possibile. Il suo sogno non doveva morire.

Si sedé vicino al caminetto, e con la testa rivoltata sulla spalliera chiuse gli occhi e aprì le labbra, quasi a bere tutto di un fiato quel calice invisibile di suprema amarezza.

Ricordava la sera passata in casa di Antonio, così, vicino al fuoco, quando nella penombra aveva dimenticato Silio, il povero Silio suo.

Non sentiva il giuoco dei fratellini, né le voci allegre della stanza vicina; ma un canto lontano, tranquillo, di una indefinita tristezza, le giungeva sin dentro al cuore, traverso il freddo silenzio degli orti illuminati dalla luna.

Era il fuoco della montagna che parlava ancora? Erano gli elci che parlavano? Che dolcezza, che melanconia, che strazio era questo?

Nel ritmo, dolce e struggente come il desiderio di baciare una persona lontana, Margherita sentiva tremare tutto il dolore di Silio per averla perduta, e sentiva il freddo maestoso, il freddo cristallino e incantato dei boschi di elci, sulle montagne, in quella notte misteriosa e grande.

Egli forse era lassù, a piangerla, e non sapeva quanto ella soffriva! Traversando le lunghe ciglia chiuse, due perle le rigarono il volto.

- Margherita! - disse Antonio, dolcemente, posandole una mano sulla fronte. - Perché sei fuggita? Cos'hai?

Era venuto a cercarla, ed ella, tuffata nel suo dolore, non l'aveva neppur sentito avvicinarsi.

Si scosse tutta, e respinse vivamente la buona mano di Antonio. E fu per dire delle amare parole, ma sentì acuta la voce dei fratellini.

- Aspetta! - disse ad Antonio. Si levò, e, andando presso i ragazzi, pronunziò, chinandosi, qualcosa, sotto voce.

Essi se ne andarono a malincuore.

- Perché li hai mandati via? - domandò Antonio, sorridendo. - Hai da dirmi qualche cosa?

Sì, precisamente, aveva da dirgli qualche cosa; ma non seppe trovare le parole. Mise un dito entro il piatto, e fece uno di quei famosi buchi nell'acqua, diventando nuovamente rossa per la commozione.

- Cos'hai da dirmi, Margherita? - ripeté lui, avvicinandosi e guardandola con gli occhi spalancati, splendenti, quasi radiosi.

Cosa aveva da dirgli? Tante, tante cose! Che l'annoiava prima di tutto, che la faceva soffrire, che se ne andasse e la lasciasse in pace, che avesse un po' di pietà di lei, di lui, di lui specialmente, di Silio suo adorato, il quale moriva, moriva e moriva...

Ma non poté dire tutte queste belle cose. Le si aggrovigliavano in gola, formandovi un nodo tremendo.

- Margherita, perché tutto questo broncio, perché tutto questo malumore? Perché ci sono io? Ma ricordati che sei stata tu a darmi il permesso. È la prima volta che vengo... Se vuoi...

- Ma - interruppe lei, con la voce che le strideva per il pianto mal represso, - tutti, tutti, appena ti hanno veduto arrivare, dissero...

- E che cosa dissero?...

- Che eri il mio fidanzato!

- Ti dispiace? - domandò egli con leggera ironia. - Eppure la mia visita ha servito a qualche cosa...

- A che cosa?

- A farmi conoscere la grandezza d'animo di certe persone...

- Di chi? - domandò Margherita, tuffando tutte le dita nell'acqua, e alzando fieramente la testa.

I suoi occhi s'incontrarono con quelli di Antonio, e le parve di accorgersi, dal fiero e addolorato sguardo di lui, che s'ella era stanca della persecuzione, egli benché avesse chiesto di adorarla soltanto, era più stanco ancora di essere accolto in tal modo.

- Senti, Margherita, - disse, - prima di rientrare, ho veduto l'avvocato Silio Boly.

Margherita tremò nel sentire intero quel nome sulla bocca di Antonio, poi s'irrigidì. Ah, dunque, Silio non era sulle montagne? Il fuoco?...

Intanto Antonio guardò su e giù per la finestra, di fuori, di dentro i vetri, sul tavolino, sui giornali, e i suoi occhi si fissarono ostinatamente sulla mano di Margherita, che si tuffava sempre più nell'acqua, poggiando la palma sul fondo rosso del piatto, tutta bianca e lucente.

Lui invece si ficcò la mano destra nella tasca della giacca, e disse, pacatamente:

- È qui che usi scrivergli, qui?

- Oh, Dio mio, Dio mio! - esclamò Margherita, indovinando in un lampo tutta la terribile verità.

Antonio cavò di saccoccia un fascio di lettere, e le mise sul tavolino. Disse, con profonda amarezza:

- Ma io non le leggerò. Distruggile, Margherita, e non pensare più a costui, che è proprio indegno di te. Non credere che io abbia commesso una viltà, accettandole. Io non avevo che l'intenzione di restituirle a te, ma aspettavo almeno a domani. Ci saranno poi tutte?

Si mise a contarle, e la mano gli tremava visibilmente, ma procurava di sorridere, e diceva, contando:

- Tre, sei...; guarda come mi tremano le mani; sembro un fanciullo; eppure, come è vero Dio, mi tremavan di più mentr'egli me le dava...; dodici, tredici, quindici...; avrei voluto dargli mezza dozzina di schiaffi, ma ho evitato lo scandalo per te...; diciotto, venti...; perdonami, Margherita, se io parlo così di lui; ma è tanto vigliacco, ed io l'odio... oh, se tu sapessi come l'odio! Sono ventitré... è così... son ventitré?...

E siccome Margherita taceva, Antonio, curvo un pochino sul tavolo, alzò gli occhi, e la guardò a lungo, silenziosamente.

Ella, pallida come la morte, piangeva, e le lagrime cadevano sino all'acqua, sino al piccolo mare, ove Boly s'era affogato per sempre.

Ma, indovinando la causa di quelle lacrime, Antonio non ne provò alcuna pietà, anzi sentì un fiero dispetto, e, ricordando come e quanto aveva anch'egli sofferto, ebbe il triste pensiero di andarsene, lasciando Margherita sola, con la sua tremenda delusione. E glielo disse:

- Ora, Margherita, se tu hai da comandarmi qualche cosa, io partirò domani all'alba... Scusa tutti i fastidi che ti ho dato, scusa, Margherita, scusa...

Egli non sapeva dir altro, e guardava sempre, con l'ostinazione di uno stolto, la mano della fanciulla, che diventava leggermente livida entro l'acqua ghiacciata, nella quale galleggiavano ancora cinque o sei granelli d'orzo.

Alla fine, siccome Margherita non si decideva a parlare, Antonio stese il braccio, e pigliandole il polso, le estrasse la mano dall'acqua, dicendo:

- Non senti il freddo? Che gusto da bambina che sei! Non è vero che sei una bambina?

E la sua voce diventò tutta una carezza, mentre col fazzoletto bianchissimo asciugava dolcemente la piccola mano bagnata.

- Come è fredda questa piccola mano - disse, sorridendo e vezzeggiando. - Vuoi che la riscaldiamo, vuoi? Vieni con me.

La prese per mano; con l'altra mano afferrò le lettere, e, avvicinatosi al caminetto, le gettò nel fuoco.

Margherita ricordò i fuochi della montagna, nella famosa sera d'agosto, e singhiozzò, mentre Antonio diceva:

- Che almeno tutte le tue pene siano finite... Ma dunque vuoi ch'io parta? - aggiunse dopo un momento, portandosi la mano ancor fredda di lei alla spalla, con intenso desiderio d'essere abbracciato, e mormorò poi, piano, supplichevole:

- Margherita mia!...

- Resta! - diss'ella con le labbra tremanti.

 

 

 


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