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Era lui! Il giovine biondo dagli occhi azzurri scintillanti che apparso a Maria, come in sogno, le torturava da tanti giorni la fantasia.
Vestiva di nero: un anello di brillanti splendevagli nel dito e la catena d’oro dell’orologio sul petto; e dalla ricchezza dell’abito, dall’eleganza del portamento Maria lo riconobbe bene per ricco e gentiluomo!…
Appoggiato ad un muro rimpetto alla casetta di Marco, il giovine cantava e suonava con il romantico atteggiamento di un trovatore medioevale innamorato della luna. E la luna passava sul cielo azzurro velato di argento come «tremula fata dal sorriso d’or», illuminando il bellissimo viso del marchese, ma lui non badava tanto in alto: guardava la finestra di Maria.
Don Francesco aveva preso informazioni sulla fanciulla vista in barca sull’Agri, e che lo aveva colpito nell’anima - diceva lui - con fortissima passione: gli avevano risposto che era un’operaia e gli indicarono la sua abitazione… null’altro! E lui, il leggero marchese, non chiedeva di più. Se gli avessero dato quella bella fanciulla per una figlia di famiglia che vive di rendita, anche modestissima, si sarebbe disperato, poi l’avrebbe dimenticata. Ma un’operaia?
Le conosceva a fondo lui, le operaie, quelle allegre ragazze senza pregiudizi che non chiedono di meglio se non un amante che dia loro un appartamento e una carrozza! E figurandosi Maria così, come le operaie delle grandi città, corrotte sino dalla infanzia, le operaie che conosceva lui, non meditando sull’immensa infamia che stava per commettere, pensò: Bisogna che ignori esser io ammogliato. Del resto sarà felicissima quando la porterò a Napoli, ove la sua bellezza brillerà moltissimo fra il lusso con cui la circonderò.
… E in quella notte egli veniva sotto la finestra della povera fanciulla, ad incominciare l’opera sua maledetta, a stimatizzare la quale occorrerebbe una penna di fuoco.
Maria vedeva dunque! Lo vedeva attraverso i vetri della sua finestra, e sentiva il cuore, le tempia batterle fortemente, quasi percosse da un martello rovente: si strinse il capo fra le mani e chiudendo gli occhi cadde in una sedia. Forse era svenuta perché quando si rialzò il più profondo silenzio regnava nella via e la luna tramontava placidamente sul cielo tinto di rosa e di argento dai primi riflessi dell’alba nuova. Sembrava un’altra: il suo viso, come il cielo tingevasi di un roseo vellutato, i suoi occhi, come la luna al tramonto, splendevano d’una fiamma d’oro… Ritornò silenziosamente verso il suo letto bianco, ma non si coricò. Forsecché il sonno sarebbe sceso nella sua testa in fiamme? Si accoccolò su una sedia e cadde in profonda meditazione. - Oh, una grande passione accendevasi nell’anima sua! Non il dolce e mite primo amore che sboccia, e muore come un bianco fiore d’inverno, quel primo amore che è il prologo inconcludente del romanzo più o meno tragico chiamato Vita, ma una vera passione, il primo ed ultimo amore del suo cuore…
E dire che lo aveva visto soltanto due volte, quel giovine di cui non conosceva neppur il nome! Ma le sembrava conoscerlo da molto, da molto amarlo… - dove, quando? poco importava, forse in sogno!
Chi era, come si chiamava, donde veniva, tutto era mistero per Maria.
– Ma perché sono così pazza?… – pensava. – Perché?… Perché l’amo tanto senza sapere se mi ama, se lo rivedrò?… Ah, e che farò nel mondo se ciò fosse? Non amarmi, non rivederlo?… Ma nella poesia che cantò inserì apposta il mio nome… e non c’è altra Maria qui vicino, no, ci sono io sola! È per me che ha cantato… E io lo amo.
Cercò un nome nella sua fantasia, un nome bellissimo, ma non ne ritrovò alcuno che le piacesse, benché quella strana ricerca durasse quasi mezz’ora… A un tratto trasalì: le era venuto in quel momento per uno di quei misteriosi lavorii della mente che apportano pensieri affatto estranei a ciò che volontariamente si pensa, il ricordo di una sua sorellina, morta molti anni prima, che si chiamava Francesca Stella!… Ma fu un lampo, e Maria non ne fece caso.
– Ma chi è costui? – seguitò, riprendendo il filo dei suoi pensieri. – Mio Dio, mio Dio, mi pare impazzire! E tu chi sei Dio?… Oh, colui che amo, lo sento, è il mio Dio della terra. Ma che pazzie!… Il suo Dio! Povera Maria, doveva essere il suo Satana, colui! Eppoi?... Formerebbe da sola un romanzo tutta quella storia, se raccontata minutamente… Don Francesco veniva ogni notte sotto la finestra di Maria, e Maria cominciò dal socchiudere leggermente le imposte per sentire viemeglio quella voce tremula che metteva il suo cuore in fiamme, e finì con l’affacciarsi interamente, forse convinta di non esser veduta fra l’oscurità della notte interlunare.
Ma don Francesco la vide. La via era deserta perché dava sui campi; nella notte alta chi poteva sentirlo? Alzò la testa e interruppe la serenata… Maria cercò indietreggiare, ma qualcosa di sovrumano, di fatale, la mantenne inchiodata al davanzale.
– Maria!… – esclamava intanto don Francesco – Maria, io t’amo!