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III
Arrivata davanti alla villetta ove dimorava, miss Ellen trovò la cameriera che andava a Mambrilla, che nel vederla esclamò: – Mio Dio, come siete pallida, miss! Voi tremate: vi inseguivano forse?… Perché non vi siete fatta accompagnare, giacché non mi aspettaste?…
La fanciulla sulle prime la guardò fissamente, quasi non la riconoscesse, poi si mise a ridere, ma d’un riso che faceva male. – Inseguirmi?… Mary, che curiosa che sei!… Ti sembrerò pallida al chiaro di luna. Dov’è Eduardo?
Ellen si slanciò su per la scala della villa, e pochi minuti dopo, lasciato il suo costume d’amazzone per un abito da casa, bianco-grigio, si rinchiuse nella sua camera da letto. Si guardò a lungo nello specchio: tremava sempre, ma la bianchezza dell’abito smorzava un po’ il terreo pallore delle sue guancie. Poi aprì uno stipo e trattane una piccolissima ed elegante rivoltella la esaminò sorridendo amaramente col solito sorriso nervoso, brutto, da epilettica…
Un ricordo veniva nell’anima sua: la memoria del giorno in cui aveva lasciato la sua patria nebbiosa per venire in Italia, in questa terra che le sorrideva splendida qual miraggio, tutta sole, azzurro e rose, dal cielo del colore degli occhi suoi!
Depose la rivoltella in un angolo e avvicinatasi alla finestra stese il braccio verso il cielo sereno, velato dal pulviscolo di argento della luna, e mormorò in inglese, con voce fremente:
– Ahi! Maledetto il giorno in cui posi piede su questa terra, sotto questo cielo, bellissimo e ardente, che incendiò l’anima mia. – E uscì dalla sua camera, a testa alta, con passo sicuro, ferma nel suo proposito.
Miss Ellen era protestante. Mòrtale da lungo tempo la madre, rimasta sola donna nella sua famiglia, educata da uomini, era cresciuta così, quasi senza alcuna fede, senza religione, fra suo padre e suo fratello, entrambi occupati sempre nella politica, scettici, miscredenti per natura o per seguire la moda di questi tempi, come la maggior parte dei borghesi moderni.
Perché, vedete, dopo la Rivoluzione, le classi che conservano ancora una tinta di credenza e di religione, per quanto sfumata - sieno essi di qualunque rito - sono la bassa, il popolo, e la alta aristocrazia, mentre è nella classe media, ossia in quella detta generalmente borghese, che la miscredenza e lo scetticismo hanno maggior imperio.
Sicché miss Ellen, certo per colpa altrui, non possedeva neppure la suprema tavola di salvezza a cui aggrapparsi fra la tempesta delle passioni, che imperversava nell’anima sua: la tavola salvatrice di Maria, di Stella, la tavola che salvò e consola tutte le creature che credono: la Religione!
Miss Ellen non ci pensava neanche alla sfuggita…
Entrò da suo fratello. Sir Eduardo, seduto davanti a una scrivania di legno oscuro, scriveva al lume di una ricca lampada a petrolio.
– Come stai, Eduardo? – gli chiese Ellen con voce ferma e premurosa.
– Bene, mia cara Ellen, stasera più che mai. Spero che ritorneremo a Roma insieme con Ruggero!
A quel nome la fanciulla trasalì leggermente: era il nome dei suo fidanzato. Sedette a fianco della scrivania, nella penombra, in cui risaltava il contorno del suo abito e del suo viso bianchissimo, e accomodandosi intorno le pieghe del vestito aspettò impassibile che suo fratello finisse di scrivere, poi disse:
– Venivo appunto per parlarti del conte di Farnoli…
Eduardo interruppe: – Domani alle otto sarà qui!
– Oh, lo so, e giusto per ciò vengo a parlartene. È da molto ch’io dovevo dirti ciò che stasera ti dirò perché oggi soltanto mi ci sono decisa.
– Ma che cosa dunque?… – domandò sir Eduardo allarmato, corrugando lievemente la fronte.
– Che cosa? Ebbene, se è proprio vero, seriamente vero, che tu insista - a costo della mia felicità - che questo matrimonio si compia!
– Ma questa è la storia di ogni giorno! – esclamò Eduardo alzando le spalle.
Anche Ellen ebbe un gesto d’impazienza.
– Sì, è la storia di ogni giorno – rispose amaramente – ma è ancora un’altra storia quella di cui vengo per parlarti! Si è di dirmi come devo ricevere il conte Ruggero; se come tuo amico, o come ospite, o come fidanzato!
– Ellen! Ellen! Perché parli così? Tu devi ricevere Ruggero e come mio amico, e come nostro ospite, e come tuo fidanzato!
– Ah! – esclamò la fanciulla; riprendendo la sua gelida calma, – se come amico e ospite lo riceverò cordialmente il conte, ma se tu insisti ch’io debba riceverlo come fidanzato io non lo riceverò punto, non mi lascierò neanche vedere…
– Perché?
– Perché?… Ritorniamo alla prima storia! Ma non te lo dissi dal primo giorno, dal giorno che, con le tue preghiere, con le tue minacce, m’hai costretto ad accettare il Farnoli per fidanzato, non te lo ripeto ogni momento? Tu eri ammalato, e temendo di provocare una crisi fatale, perché, per la prima ed ultima volta, in tutta la tua vita, ti vidi salir su tutte le furie, accettai, il Farnoli, ma te lo dissi, te lo ripeto per l’ultima volta – e accentuò queste parole – io non diventerò mai moglie di Ruggero di Farnoli!
Ellen parlava lentamente, freddamente, gli occhi fissi sulle sue mani bianche, lunghe, occupate sempre intorno alle pieghe del vestito. – Ma tu sei pazza, Ellen, tu sei pazza! – disse sir Eduardo alzandosi e posandole una mano sull’omero.
Le sembrava padre, lui così pallido, magro, bruno, lei così carina nella sua freschezza di bionda, il viso indorato dalla luce viva della lampada, che spiccava dal resto della sua persona oscurato dalla penombra dell’alta scrivania.
– Pazza! – rispose con accento di nuovo amaro. – È la solita risposta alla solita storia! Pazza!… Ma non tanto da sacrificare la felicità di tutta la mia vita per acquistare un posto, un grado in quell’aristocrazia che noi borghesi vilipendiamo, disprezziamo, nei nostri giornali, nelle nostre opinioni, nelle nostre conversazioni - salvo poi a fare qualunque sacrifizio perché essa ci stenda le sue braccia e ci dia un titolo…
– Non facciamo politica, Ellen, qui la politica non ha che vederci! – esclamò sir Eduardo che forse aveva abbastanza motivi per spaventarsi nel sentire sua sorella parlare così. – Discorriamo sul serio!
E parlò sul serio, lungamente, adducendo tutte le ragioni, le necessità per quel matrimonio: quando finì, Ellen, che lo aveva ascoltato silenziosa ed attenta, quasi riconoscesse per vero tutto ciò ch’egli affermava, si alzò dicendo:
– Che tu devi assolutamente diventare contessa di Farnoli! Ruggero mi disse un giorno che egli si ucciderebbe se tu non diventassi sua. Egli è uomo da farlo, e la sua famiglia è romana, e i romani si vendicano.
– La tua ultima parola? – ripeté Ellen non soddisfatta.
– Ah, la mia ultima parola?… – esclamò egli perdendo un po’ della sua flemma. – È questa: se questo matrimonio per tua colpa sfumasse io mi suiciderei, perché ci andrebbe di mezzo il mio onore, l’onore del nostro nome, la nostra sicurezza, il nostro avvenire! Abbiamo abbastanza irritato la famiglia Farnoli col rapirle Ruggero! - Mi suiciderei perché vivendo ti odierei, perché amo e considero Ruggero quale fratello!…
Miss Ellen, che alla trista parola suicidio, ripetuta da suo fratello per spaventarla soltanto, aveva provato un leggero brivido, s’inchinò con ironia esclamando:
– Va bene! Questa è la tua ultima parola! bada di non pentirtene. – E uscì come era entrata, a testa alta e con passo sicuro.
Sir Eduardo la vide allontanarsi e quando non la vide più tremò involontariamente… La sua flemma non glielo permetteva, altrimenti avrebbe chiamato quel tremito col nome di presentimento… Poi si rimise davanti alla sua scrivania bruna, mormorando fra i denti: Oh, le donne, le donne!…