IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
VII
Vestiva un ricco abito da ricevimento, di faglia crema con ricami e pizzi di argento; le mani strettamente inguantate si occupavano intorno a un gran ventaglio adatto alla toeletta, e un pettine d’argento le sosteneva i capelli dalle ondeggiature a riflessi lucenti, perché essendo sopraggiunta la notte donna Morella aveva fatto accendere i lumi.
Stella, pensando che forse l’avevano fatta chiamare per godersi del suo imbarazzo, della sua goffaggine, si avanzò lenta, maestosa sino alla contessa, dopo aver gettato un lungo e freddo sguardo su tutti. Sorrideva, un sorriso da regina, ma donna Morella notò un misterioso pallore sul di lei viso, uno strano smarrimento nei suoi occhi, come di chi rattiene a stento il pianto.
Seguì la presentazione, - la conversazione.
Tutti, una ventina fra uomini e donne, fra giovani e vecchi, si aggrupparono intorno a Stella che si vedeva osservata finamente, ascoltata attentamente, giudicata dagli sguardi che si ricambiavano fra loro. Anch’ella ascoltava, parlava e sorrideva sempre, ma probabilmente il suo pensiero volava altrove perché nella sua conversazione non regnava il solito brio. - Ma poco importava. Stella affascinava lo stesso e a donna Morella si faceva una strana osservazione. Per esempio, da circa dieci anni il suo salotto non si era mai più visto popolato a così tarda ora e da tanti amici! E dubitava che ciò provenisse dalla presenza di Stella, quando il vecchio duca le mormorò all’orecchio:
– Contessa, pare vi pigliate gioco di noi.
– Oh!…
– Ma sì! Questa piccina è più adatta a rappresentare una principessa… mettiamo russa; sono così bionde e misteriose le principesse russe! che una signorina di compagnia!
Un’altra signora le disse del pari all’orecchio con voce melliflua: – Ah, mia cara Morella, non mi figuravo neanche che ci fossero delle borghesi così perfettamente belle e spiritose…
– Che anomalia! che anomalia! – E si alzò per andarsene. Quella signora pretendeva essere giovine e bella, ma si accorgeva che vicino a Stella ciò diventava davvero un’anomalia. E se ne andò, seguita a poco a poco da tutte le altre.
Un’altra signora vecchissima, la più grande amica di donna Morella, mentre questa la accompagnava fino alla soglia, disse ridendo: – Bada, cara mia, se potrò rapirti la tua lettrice lo farò senza nessuno scrupolo…
– Farai benissimo… per te! – rispose la contessa ridendo essa pure.
Anche i vecchi signori se ne andarono; e, cosa strana, i giovani che si ritiravano sempre i primi questa volta rimasero gli ultimi; e, cosa stranissima, il visconte di H..., quello che aveva domandato di Ruggero e di Stella, e sempre fuggiva pel primo, dicendo di non aver tempo, quella sera rimase lunghe ore come inchiodato nel salotto di donna Morella, e fu proprio l’ultimo ad andarsene!
Donna Morella e la sua lettrice lo seguirono con gli occhi, e quando si trovarono sole si guardarono attorno. Era quasi tardi. Un leggero disordine regnava nel salotto; sotto la luce calda dei lumi i fiori mandavano un fortissimo profumo, le stoffe dei mobili, delle pareti, pareva avessero diversi toni, colori diversi dai primi, e le specchiere brillavano come lastre di argento ai raggi del sole: spirava infine un’aria tiepida, olezzante, un’aria di vita, di gioia, in quel salotto per lo innanzi così severo, così gelido nella sua melanconica eleganza.
Per qualche minuto la contessa rimase immersa in dolci pensieri, forse i ricordi della sua splendida gioventù, della sua trascorsa felicità; poi pensando che gli ultimi bagliori, gli ultimi sorrisi della sua vita, così li chiamava essa, venivano portati nella sua casa da una fanciulla tanto bella, buona e gentile, non ostante il suo grado inferiore nella scala sociale, rivolse su Stella uno sguardo di amore, di riconoscenza mentre sussultava leggermente nella sua molle e tiepida poltrona. Perché vide che Stella, dal cui viso era sparito il sorriso, chino cupamente il capo sul petto, aveva due grosse lacrime agli angoli degli occhi, la contessa si levò e, posandole una mano sull’omero, esclamò:
– Ebbene, carissima, che cosa hai dunque?…
Stella balzò in piedi, pallidissima, ma non rispose.
– Ma che hai, che hai dunque? – ripeté donna Morella.
– Oh, se sa! – rispose alla fine Stella. – Venga con me, venga!
E la condusse al suo piccolo salotto di lettura, dove l’aveva trovata il domestico che l’aveva pregata di condursi dalla contessa.
Un lume ardeva ancora sul tavolino su cui stavano sparsi molti giornali, uno dei quali aperto. Nel guardare quel giornale Stella barcollò e indicandolo alla contessa si lasciò cadere su una sedia nascondendo il viso fra le mani. Donna Morella ripulì diligentemente i suoi occhiali, li inforcò di nuovo, e si chinò sul giornale, chiedendosi cosa tutto ciò significasse. Il giornale era un piccolo foglio settimanale di Anglona: donna Morella non lo conosceva ancora.
Lo scorse con gli occhi e anch’ella, dopo qualche istante, trasalì vivamente: le era caduto sott’occhio il nome di miss Ellen! E lesse:
«Nell’ultimo numero scrivevamo che per una malaugurata disgrazia, essendosele esplosa la rivoltella mentre la scaricava, una signorina inglese che abitava insieme a un suo fratello, impiegato presso l’ambasciata inglese a Roma, in una villetta in riva all’Agri, era morta sul colpo, ferita al petto. Ora pare invece si tratti non di una disgrazia, ma di un suicidio; un suicidio dalle cause misteriosissime.
«Miss Ellen Shamurey, giovine, bella, fidanzata a un ricco e nobile giovine di Roma, il conte di F…, trovavasi qui da due mesi, conosciuta da tutti. La sua morte, volontaria o no, ma così tragica, ha recato un’impressione dolorosa in tutto il paese.»
Per qualche istante anche donna Morella rimase muta, triste, quasi pensasse alla causa di quel suicidio, ma poi, rivolgendosi verso Stella, disse:
– Ah, hai indovinato che questa miss fosse la fidanzata di Ruggero?
– Sì! – esclamò vivacemente Stella, rialzando la testa. – Questa miss Ellen era mia intima amica, perché un mese fa io mi trovavo ancora in Anglona con la famiglia del mio protettore che possiede grandi tenute in Basilicata, e la sua morte mi reca un immenso dolore…
A un tratto Stella si calmò. Comprendeva d’aver commesso una imprudenza dimostrando la sua commozione alla contessa, ma davvero ell’era così commossa che si domandava come mai aveva potuto contenersi nel salotto di ricevimento… Perché comprendeva la causa del suicidio di miss Ellen, si ricordava d’averla veduta con Maurizio l’ultima sera passata alla Mambrilla, e lo sparo udito in quella notte, e le parole dette nell’udire quello sparo.
La contessa interruppe i suoi pensieri chiedendole: – Ei parlava di Ruggero?…
– No! La sapevo fidanzata ad un ricco conte Romano, ma sempre che gliene parlava mi rispondeva di malumore: Ecco, se vuoi che io resti allegra non parlarmi di ciò… tanto è un matrimonio che non si farà!…
– Oh! oh! – fece la contessa spalancando gli occhi dietro il cristallo dei suoi occhiali scintillanti.
– Miss Ellen non amava punto il suo fidanzato, del quale io non sapevo neppure il vero nome: ecco perché io non le parlai mai di lei, signora contessa.…
Erano ragioni un po’ barcollanti queste di Stella, perché infine come era riuscita ad indovinare quella sera che Ruggero e il conte di F… menzionato nel giornale formavano la stessa persona, se non avesse saputo qualcosa da prima?… ma ci voleva così poco a convincere donna Morella! Non sospettò di nulla e parlò a lungo con la sua lettrice di miss Ellen, ma a un tratto tacque e rimase alcun tempo immersa in profondi pensieri, poi, tremando convulsivamente, impallidì in una maniera spaventevole. Allora toccò a Stella di chiederle con spavento che cosa aveva.
– Tu non lo sai, oh, non lo sai! – esclamò donna Morella, – Ruggero si ucciderà. Me lo disse lui che se non arrivava a possedere miss Ellen si sarebbe ucciso! Oh, se in un momento di esasperazione ho maledetta quella fanciulla, ora quella maledizione ricade su lei, ma anche su di me!…
Stella provò un lungo brivido. Prese le mani di donna Morella e dopo averla rassicurata le suggerì l’idea di scrivere a Ruggero, confortandolo e richiamandolo presso di sé. La contessa si mise a piangere e baciando la fronte di Stella mormorò: – Tu sì, tu sì, che meriti di essere felice!…
Stella sorrise amaramente. Poteva accadere ciò, ma per allora la fanciulla sentiva di non esserlo niente affatto!