Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte seconda

XV

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XV

… Una fredda notte di dicembre, mentre donna Morella, Ruggero e Stella tornavano in carrozza chiusa da teatro, la fanciulla, appoggiata mollemente in un angolo si lasciò vincere dal sonno, perché anche donna Morella pareva dormisse, e Ruggero, guardando fuori attraverso i vetri restava silenzioso, immerso nei suoi pensieri. Ma a un tratto egli si volse verso Stella, e scorgendola così trasalì vivamente, estatico nell’ammirare il di lei viso, rischiarato dalla luce proiettata entro la carrozza dai fanali, sul quale piovevano vari riccioli lunghi, lucenti, la fronte circondata dalla guarnizione oscura del cappuccio del mantello che faceva risaltare col suo colore cupo, come sul fondo di una penombra, il bianco della carnagione e il biondo dei capelli.

Anche donna Morella, che non dormiva come aveva creduto Stella, rialzò il viso e guardò con amore la signorina, quasi fosse stata sua figliaRuggero guardò a lungo Stella, poi volgendo gli occhi verso la madre sorprese il tenero sguardo che anch’essa dava alla fanciulla, palpitò fortemente, e le mormorò all’orecchio: – Oh, mammà! Guardate come è bella!

Bellissima!…

– E… sarei perdonabile io… se…

– Se tu?…

– La amassi?…

Donna Morella rattenne a stento un grido, ma mormorò qualcosa che fece apparire un fulgido sorriso sulle labbra, sugli occhi languidi di suo figlio, intanto che Stella, svegliandosi, esclamava ridendo: – Ma che ben educata che sono!…

Quando arrivarono Ruggero porse la mano alla madre per scendere; poi porgendola anche a Stella le disse sottovoce: – Ho bisogno di parlarle, signorina: posso venir domattina nel suo salotto? – Ma sicuro! Venga alle otto! – rispose lei. E in quella notte, Stella, nonostante l’imperioso sonno che aveva nella carrozza, non poté chiuder occhio.

Alle otto era nel suo salotto, in elegante costume da mattina, ritta davanti al caminetto ove ardeva un buon fuoco, perché, quantunque sul cielo velato di nebbia lattea, trasparente, splendesse un pallido e smorto sole, faceva freddo e assai.

Ruggero non tardò a venire; anch’egli in abito da mattina, sempre elegante, ma un po’ più pallido ancora del solito. Stella notò che i cerchi lividi che gli attorniavano gli occhi erano più vivi fra il pallore niveo del suo viso, e ne conchiuse che in quella notte anche lui aveva, come lei, vegliato e pianto

Buon giorno, signor conte! – esclamò rispondendo al di lui saluto e cercando di sorridere mentre gli porgeva una sedia. – Posso chiederle che mai mi procura l’onore di questa sua visita?

– Ho da parlarle di cose serie, signorinaVeramente, avrei dovuto incaricar mia madre, ma, non so perché, mi pare possa esprimermi meglio io stesso…

Cose serie! – disse Stella facendosi seria. – Mi riguardano?

– Ma sicuro! Ecco, lei sa come io fossi fidanzato con una povera fanciulla che morì… – E siccome Ruggero, non ostante i suoi sforzi, si commuoveva, Stella lo interruppe esclamando:

So tutto! So tutto! Anzi fui la prima a sapere, per mezzo di un giornale, la morte della sua fidanzata

– E fu lei che dettò a mia madre la lettera con cui mi richiamava a sé… lettera che mi fu d’immenso conforto in quel dolore.

– Ma crede?… Oh io non ci ebbi che vedere!

– Oh, me lo disse mia madre! Rileggo ogni giorno quella lettera

– Ah – fece bruscamente Stella – è di ciò che voleva parlarmi?

– No! Son venuto per dirle che lei somiglia assai alla mia morta Ellen… che io insieme al ricordo di amore per la povera fanciulla provo un altro amore, profondo e sincero come il primo, amore che lenisce il mio dolore e lo farà scomparire del tutto, trasformandolo in una pia e soave memoria, se sarà corrisposto, e che quest’amore è per lei, signorina

Stella balzò rapida in piedi esclamando:

– Che mai dice, signor conte? Non le paiono bastanti i dolori che già le procurò col suo primo amore a sua madre?…

– Mia madre sa tutto! Mia madre approva il mio amore e anela al giorno di chiamarla figlia… nel vero senso della parola!

Stella ascoltò come trasognata queste ultime parole, provò un brivido, e ricadendo sulla sedia si passò una mano sulla fronte.

– Che mai dice! – ripeté. – Che mai dice?

In realtà le parole del giovine le causavano un grande stupore: un fulgido miraggio, apparsole altra volta, ma indistinto e fugace come un vero miraggio, le splendeva dinanzi, sul cielo dell’avvenire: diventare moglie di Ruggero, amarlo a furia di tempo, scordarsi di Maurizio, vivere felice fra Ruggero, sua madre, e… i suoi figli!…

Perché Stella sentiva che solo allorché sarebbe stata madre avrebbe completamente obliato il passato… Sicché l’offerta di Ruggero le portava speranze mai avute e sin dalle prime si decise accettarla.

In fondo, in fondo ottimista, Stella pensò: – Nei primi tempi cercherò di tuffare i miei ricordi fra divertimenti, fra il lusso e le feste, le emozioni di un viaggio attraverso paesi incantevoli e città meravigliose: poi verranno le cure di madre e allora… oh, allora sarò felice, sì, felice!… Voglio esserlo!

E nella sua mente non passava neanche rapidamente il pensiero che Dio poteva niegarle anche quel conforto: no, Dio non poteva essere così ingiusto!

– Ah! – disse Ruggero dopo un lungo silenzio. – Chi tace acconsente, signorina… Posso avere qualche speranza? Se sapesse quanto l’amo! Come amavo la morta: anzi mi pare che Ellen non sia morta, che lei sia Ellen, che io non abbia cangiato di amore

Grazie!… – Fu bussato leggermente alla porta e Stella si interruppe per andare ad aprire. Era una cameriera che le disse: – Signorina, la signora contessa è turbata di non vederla ancora e chiede se per disgrazia si sente male.

– Ma no! Dite alla signora contessa che subito mi reco da lei.

Quando la cameriera fu lontana, Stella si volse verso Ruggero e stendendogli la mano mormorò con voce tremula e con uno strano sorriso: – Ruggero, andiamo da nostra madre!…

Il giovine fece uno sbalzo, emise un legger grido e corse a baciarle la mano con sincera commozione, balbettando mille ringraziamenti.

Via, via! – esclamò lei. – Son io che ti devo ringraziare

Davvero, in simili circostanze è sempre la donna la più commossa, eppure questa volta, mentre Ruggero tremava, arrossiva, dimentico di tutto, Stella rimaneva calma, quasi fredda, quasi triste: solo un vagolante sorriso appariva e spariva ogni tanto sulle sue labbra pallide.

Tuttavia, quando entrarono presso donna Morella, Stella sussultò e gettandole le braccia al collo posò la sua bocca profumata sulla fronte rugata della vecchia signora, senza poter parlare, mentre Ruggero, ritto dietro un seggiolone, sorrideva di un sorriso schietto, felice, sorriso da molto assente dal suo viso.

Figlia mia!… – esclamò donna Morella.

Grazie! – ripeté Stella. – Madre e figlio mi rendete veramente felice, ma prima che io accetti il vostro nome, il vostro amore, bisogna che io vi faccia una confessione

– Una confessione! – esclamò la contessa. Ruggero trasalì, e alla gioia che provava se ne aggiunse un’altra: la speranza che Stella non amasse più Maurizio, perché, altrimenti, perché e come avrebbe ella accettato il suo amore?

Stella intanto, a fronte alta, la mano di donna Morella fra le sue, raccontava il suo passato, senza nasconder nulla.

Solo, all’ultimo, disse, come anch’essa sforzavasi a crederlo, di non amar più Maurizio, che come sorella; e la speranza che nutriva di amar Ruggero al più presto possibile.

E lui sorrise: un sorriso gelido, spaventoso, che fortunatamente sfuggì a Stella. Perché Ruggero pensava che se oramai gli riusciva impossibile macchiarsi del sangue di Maurizio, del fratello di Stella, qual terribile vendetta invece non era la sua, svelargli il terribile arcano di quel vincolo, che certo Maurizio ignorava ancora dal punto che proclamava alto l’amor suo per Stella, anche davanti ai domestici?…

Agli ultimi di carnevale Ruggero lasciò Roma per Napoli, ma per pochi giorni soltanto, per non mancar di parola, diceva lui, sostenendo sempre la parte di amico di Maurizio.

Le sue nozze con Stella, di cui tenevano ancora segretissima la notizia, erano stabilite per il maggio, e già la futura contessa di Farnoli faceva un corredo principesco, e ciò per volontà di donna Morella che l’amava assai più di prima dal punto che era figlia di marchese, poco importava se legittima o no…

Guardati bene dal parlare di me a… Maurizio! – mormorò Stella a Ruggero nel congedarlo per i pochi giorni di assenza.

– Ma figurati!… – rispose lui ridendo. – Me ne guarderò benissimo. – Tuttavia Stella, appena sola, si diede a piangere dirottamente


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