Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
Stella d'Oriente
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Parte seconda

XVII

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XVII

E Maurizio, più pallido di Ruggero, ritto davanti al letto, immobile, appoggiata la mano alla spalliera di una sedia, quasi temesse di cadere, gli occhi sbarrati fissi sul viso del ferito, aspettava che quelle labbra smorte si animassero, dicessero chi era, perché si trovava possessore di quegli oggetti di Stella, e forse anche dove la stessa viveva. Il medico dei d’Oriente, avvisato e venuto in fretta, aveva detto non esserci pericolo di morte perché la ferita, da coltello corto, ordinario, ma dalla lama larga, non toccava nessuna parte vitale ma prediceva a Ruggero una ben lontana guarigione per la gran perdita di sangue. – Ancora pochi minuti, – disse, – e avreste trovato questo disgraziato giovine senza una goccia di sangue.

Maurizio pregò il medico e i domestici tutti di non far parola dell’accaduto, sinché il ferito non avesse ricuperato interamente i sensi e ordinato il da farsi; perché infine non poteva ammettersi fosse stato ferito in qualche rissa, sembrando straniero e di alto affare.

Ruggero a un tratto parve rinvenire, mormorò qualche parola sconnessa, poi cadde in un sonno profondo, quasi simile allo svenimento. Allora il medico se ne andò avvertendo Maurizio di far vegliare sul malato che verrebbe assalito dalla febbre, e promettendo di tornare all’alba.

Ninnia voleva rimaner lei presso lo sconosciuto, ma Maurizio si oppose e rimase lui, solo, pallido, commosso, spiando le labbra di colui che veniva in qualche modo ad intrecciarsi col sogno di sua madre.

Ma ahimè, sull’orologio suonavano i quarti, le mezze, le ore e sul viso del ferito, coloratosi leggermente, non appariva nessuna contrazione di delirio, né dalle sue labbra usciva alcuna parola. Maurizio stanco di aspettare, sedutosi su un divano esaminò di nuovo il ritratto, il fazzoletto, chiedendosi se non fosse pazzo, con lo sperare notizie di Stella da quel giovine che forse non la conosceva neanche: perché ora il ritratto, ben esaminato alla luce viva dei lumi, gli sembrava non si rassomigliasse tanto a Stella, e il fazzoletto… oh, Stella possedeva è vero dei fazzoletti simili, ricamati da lei, ma il disegno copiato da un album di ricami, poteva benissimo essere stato tratto dallo stesso album da altre il cui nome cominciava in esse.

Poi guardò ancora il ritratto più vicino al lume. - Per Dio! Era Stella! Assolutamente, era simile a Stella! E ricordandosi che nel salotto da lavoro della fanciulla... ove non era più rientrato dopo il ritorno da Mambrilla, stavano in cornice, insieme a molti altri, due ritratti della stessa, vi corse subito, dimentico del ferito. Arrivato guardò sul sito dei ritratti e impallidì: uno, forse lo stesso che teneva in mani, era sparito dalla cornice, l’altro... era perfettamente simile a quello!…

Rientrò nella camera del ferito mormorando: – È Stella! – e trovò Ruggero con gli occhi aperti, lucenti di febbre, che balbettava: – Acqua! Acqua!…

Si slanciò sulla boccia dell’acqua, ne empì un bicchiere e sollevando Ruggero glielo accostò alle aride labbra: ei bevette a lunghi sorsi poi ricadde sui cuscini sospirando forte.

– Come si sente?… – domandò Maurizio chinandosi sul letto: ma non ricevé risposta e si risiedette dopo aver scemato la luce della lampada. Poco prima dell’alba giù nella via si udì il roteare della carrozza di donna Anna che ritornava dal ballo, e nello stesso istante che rientrava nel palazzo, Maurizio si levò di rimbalzo dalla poltrona e indietreggiando guardò con spavento il ferito… Il ferito che scossosi di repente, aperto un’altra volta gli occhi, stendeva i pugni esclamando con accento d’odio profondo: – Maurizio d’Oriente! Infame, infame!…

Rise con una strana risata di delirio, scosse la testa, lasciò cadere le mani e rinchiuse gli occhi mormorando:

– Tua sorella!… Ah, ah, che vendetta!…

Maurizio si passò una mano sulla fronte, chiedendosi se il ferito parlasse in senno o in delirio, e stava per interrogarlo quando donna Anna e don Francesco, avvertiti dai domestici del misterioso ospite raccolto in quella notte, entrarono nella camera.

Per quasi una settimana Ruggero fu agitato dalla febbre e dal delirio, curato amorevolmente dai d’Oriente dispiacenti di non sapere ancora chi fosse per avvertirne la famiglia.

Maurizio proseguì la sua parte di infermiere, senza spiegarne il perché, ma non apprese gran cosa perché il ferito, dopo le strane parole della prima notte, non disse più nulla, almeno tanto chiaro da lasciarsi comprendere.

Dopo una settimana però Ruggero aprì gli occhi, guardandosi attorno con stupore, come si svegliasse da un lungo sonno! e stese la mano a Maurizio chiedendogli ove fosse e se fosse da molto.

– Da otto giornirispose Maurizio.

– Ah, e perché son qui?

– Una notte la trovai immersa nel proprio sangue, poco distante da qui, sulla via. La feci trasportare qui, chiamai un medico che le fasciò la ferita dichiarandola leggera e… è trascorsa una settimana senza che lei riacquistasse i sensi. Sicché aspettavamo che lei stesso fosse in istato di dirci il suo nome e di comandarci il da fare. Capisce bene che ignorando tutto, non abbiamo ricorso alla giustizia

– Ah, grazie! Hanno fatto benissimo. Neppur io so chi mi ferì

– Oh, oh!

– Sì! Arrivo a Napoli di notte: piglio una vettura di cui non noto il numero, come non bado alla fisionomia del cocchiere che, del resto, causa l’intenso freddo, tiene la coperta intorno al collo in maniera che gli nasconde la metà del viso mentre l’altra metà è nascosta dal berretto calcato su gli occhi: gli indico ove fermarsi, e salgo con la mia valigia, ma lui mi ferma chiedendo il prezzo della corsa anticipatamente. Non bado a quest’anomalia, apro il portafoglio dove il cocchiere scorge probabilmente i molti denari che avevo, lo pago e si avviaCorriamo da un quarto d’ora, ed io che non dormivo da quasi due giorni, mi lascio vincere dal sonno... A un tratto sento qualcosa di terribilmente doloroso qui, nel mezzo del petto: credo di aver urlato; mi pare come in un sogno di aver visto il cocchiere trascinarmi fuori dalla vettura, poi un velo di sangue negli occhi... poi più nulla sino ad ora

– Ecco tutto! Pare un’avventura da romanzo

– E posso chiedere il suo nome?…

– Sì, sono romano, il conte Ruggero di Farnoli! – esclamò il giovine battendosi la fronte. – E mia madre non sa nulla! Povera madre! Vuol favorirmi un foglio di carta per scriverle!

Al ricordo di donna Morella e di Stella Ruggero non cercò di sapere neppure il nome di Maurizio, che d’altronde gli aveva voltato di repente le spalle, allontanandosi come per cercare il foglio chiesto, ma in realtà per nascondere il suo stupore.

Ruggero di Farnoli!… – diceva fra sé. – Il fidanzato di miss Ellen!… Arrivo finalmente a capire lo epiteto d’infame datomi l’altra notte da lui. Miss Ellen gli avrà scritto che si suicidava per mia causa. La commozione che proverebbe nel riconoscermi causerebbe una crisi forse pericolosa. Ma sarebbe meglio dire qualche pia menzogna? E se non fosse quel Farnoli?… E Stella?... Oh, mio Dio, che avventura da romanzo, davvero!…

Ritornò verso Ruggero, gli porse il portafoglio, il fazzoletto e preparando l’occorrente per scrivere disse: – Questi oggetti li trovai presso di lei. Ma null’altro. Le sue vesti sono ben raccolte, benché macchiate di sangue. Ecco tutto, se ha la forza di scrivere qualche riga, così adagiato ai guanciali, su questa tavoletta. Ma non si sforzi, stia tranquillo e sopratutto non parli, ché il medico ordinò così; si trova in una casa, che benché indegna di lei, si onora di ospitarla, dolente però di ospitarla così. Mi chiamo Antonio Filanderi

Grazie, grazie ancora una volta. Mi ricorderò in eterno di lei che mi ha salvato la vita.

– È assai debole ancora; se non le rincresce potrei scrivere io…

– No! – disse vivamente Ruggero. – Non penso di far sapere a mia madre il mio stato, no, ed è d’uopo che veda i miei caratteri. Ma non posso… oh!…

Cercò di sollevarsi, ma ricadde. Allora Maurizio lo adagiò meglio ancora, delicatamente, lo circondò di cuscini, e lo sostenne finché scrisse stentatamente qualche linea e suggellò la lettera avvertendo di farla capitare subito.

Maurizio lo riadagiò bene sul letto, e uscì gettando uno sguardo all’indirizzo che gli si scolpì nella mente. Quando rientrò trovò Ruggero col ritratto e il fazzoletto di Stella in mani, tanto immerso nella contemplazione di quegli oggetti che non si accorse di lui se non allorché gli fu vicinissimo.

– Il medico sarà qui tra poco – disse Maurizio gettando una occhiata angosciosa alla fisionomia estatica di Ruggero. – Forse mi sgriderà di averla agitata, perché mi sembra così…

– Ah, e come non esserlo? Ecco, giacché lei è il mio salvatore, il mio amico, permetta le presenti la mia fidanzata, la signorina Stella Franchetti, che forse conoscerà perché è napoletana… – E stese il ritratto verso Maurizio che impallidì, poi ritirandolo se lo accostò alla bocca e lo baciò a lungo, appassionatamente, rinchiudendo gli occhi per riveder Stella con la fantasia, mentre Maurizio si mordeva a sangue le labbra per rattenere un grido di disperazione e di dolore prorompentegli dal cuore dilaniato


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