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Alessandro Manzoni Adelchi IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Terza. Martino introdotto da Arvino, e Detti.
(Arvino si ritira)
CARLO
Tu se' latino, e qui? tu nel mio campo,
MARTINO
Dell'ovil santo e del Pastor, ti veggo; E de' miei stenti e de' perigli è questa Ampia mercé; ma non è sola. Eletto A strugger gli empi! ad insegnarti io vengo La via.
CARLO
Qual via?
MARTINO
Quella ch'io feci.
CARLO
E come Giungesti a noi? Chi se'? Donde l'ardito Pensier ti venne?
MARTINO
De' diaconi io son: Ravenna il giorno Mi dié: Leone, il suo Pastor, m'invia. Vanne, ei mi disse, al salvator di Roma; Trovalo: Iddio sia teco; e s'Ei di tanto Ti degna, al re sii scorta: a lui di Roma Presenta il pianto, e d'Adrian.
CARLO
Tu vedi Il suo legato.
PIETRO
Prode concittadino: a noi tu giungi
MARTINO
Ma la gioia è dal cielo, e non fia vana.
CARLO
Animoso Latin, ciò che veduto, Ciò che hai sofferto, il tuo cammino e i rischi, Tutto mi narra.
MARTINO
Verso il tuo campo io mi drizzai; la bella Contrada attraversai, che nido è fatta Del Longobardo e da lui piglia il nome. Scorsi ville e città, sol di latini Dell'empia razza a te nemica e a noi Non vi riman, che le superbe spose De' tiranni e le madri, ed i fanciulli Che s'addestrano all'armi, e i vecchi stanchi, Lasciati a guardia de' cultor soggetti, Come radi pastor di folto armento. Giunsi presso alle Chiuse: ivi addensati Sono i cavalli e l'armi; ivi raccolta Tutta una gente sta, perché in un colpo Strugger la possa il braccio tuo.
CARLO
Il campo lor? qual è? che fan?
MARTINO
Da quella parte che all'Italia è volta, Fossa non hanno, né ripar, né schiere In ordinanza: a fascio stanno; e solo Si guardan quinci, donde solo han tema Che tu attinger li possa. A te, per mezzo Il campo ostil, quindi venir non m'era Possibil cosa; e nol tentai; ché cinto Al par di rocca è questo lato; e mille Volte nemico tra costor chiarito M'avria la breve chioma, il mento ignudo, L'abito, il volto ed il sermon latino. Straniero ed inimico, inutil morte Trovato avrei; reddir senza vederti M'era più amaro che il morir. Pensai Che dall'aspetto salvator di Carlo Un breve tratto mi partia: risolsi La via cercarne, e la rinvenni.
CARLO
E come Nota a te fu? come al nemico ascosa?
MARTINO
Dio gli accecò. Dio mi guidò. Dal campo Inosservato uscii; l'orme ripresi Poco innanzi calcate; indi alla manca Piegai verso aquilone, e abbandonando I battuti sentieri, in un'angusta Oscura valle m'internai: ma quanto Più il passo procedea, tanto allo sguardo Più spaziosa ella si fea. Qui scorsi Gregge erranti e tuguri: era codesta L'ultima stanza de' mortali. Entrai Presso un pastor, chiesi l'ospizio, e sovra Lanose pelli riposai la notte. Sorto all'aurora, al buon pastor la via Addimandai di Francia. - Oltre quei monti Sono altri monti, ei disse, ed altri ancora; E lontano lontan Francia; ma via Non avvi; e mille son que' monti, e tutti Erti, nudi, tremendi, inabitati, Se non da spirti, ed uom mortal giammai Non li varcò. - Le vie di Dio son molte, Più assai di quelle del mortal, risposi; E Dio mi manda. - E Dio ti scorga, ei disse: Indi, tra i pani che teneva in serbo, Tanti pigliò di quanti un pellegrino Puote andar carco; e, in rude sacco avvolti, Ne gravò le mie spalle: il guiderdone Io gli pregai dal cielo, e in via mi posi. Giunsi in capo alla valle, un giogo ascesi, E in Dio fidando, lo varcai. Qui nulla Traccia d'uomo apparia; solo foreste D'intatti abeti, ignoti fiumi, e valli Senza sentier: tutto tacea; null'altro Che i miei passi io sentiva, e ad ora ad ora Lo scrosciar dei torrenti, o l'improvviso Stridir del falco, o l'aquila, dall'erto Nido spiccata sul mattin, rombando Passar sovra il mio capo, o, sul meriggio, Tocchi dal sole, crepitar del pino Silvestre i coni. Andai così tre giorni; E sotto l'alte piante, o ne' burroni Posai tre notti. Era mia guida il sole; Io sorgeva con esso, e il suo viaggio Seguia, rivolto al suo tramonto. Incerto Pur del cammino io gìa, di valle in valle Trapassando mai sempre; o se talvolta D'accessibil pendio sorgermi innanzi Vedeva un giogo, e n'attingea la cima, Altre più eccelse cime, innanzi, intorno Sovrastavanmi ancora; altre, di neve Da sommo ad imo biancheggianti, e quasi Ripidi, acuti padiglioni, al suolo Confitti; altre ferrigne, erette a guisa Di mura insuperabili. - Cadeva Il terzo sol quando un gran monte io scersi, Che sovra gli altri ergea la fronte, ed era Tutto una verde china, e la sua vetta Coronata di piante. A quella parte Tosto il passo io rivolsi. - Era la costa Oriental di questo monte istesso, A cui, di contro al sol cadente, il tuo Campo s'appoggia, o sire. - In su le falde Mi colsero le tenebre: le secche Lubriche spoglie degli abeti, ond'era Il suol gremito, mifur letto, e sponda Gli antichissimi tronchi. Una ridente Speranza, all'alba, risvegliommi; e pieno Di novello vigor la costa ascesi. Appena il sommo ne toccai, l'orecchio Mi percosse un ronzio che di lontano Parea venir, cupo, incessante; io stetti, Ed immoto ascoltai. Non eran l'acque Rotte fra i sassi in giù; non era il vento Che investia le foreste, e, sibilando, D'una in altra scorrea, ma veramente Un rumor di viventi, un indistinto Suon di favelle e d'opre e di pedate Brulicanti da lungi, un agitarsi D'uomini immenso. Il cuor balzommi; e il passo Accelerai. Su questa, o re, che a noi Sembra di qui lunga ed acuta cima Fendere il ciel, quasi affilata scure, Giace un'ampia pianura, e d'erbe è folta, Non mai calcate in pria. Presi di quella Il più breve tragitto: ad ogni istante Si fea il rumor più presso: divorai L'estrema via: giunsi sull'orlo: il guardo Lanciai giù nella valle, e vidi... oh! vidi Le tende d'Israello, i sospirati Padiglion di Giacobbe: al suol prostrato, Dio ringraziai, li benedissi, e scesi.
CARLO
Empio colui che non vorrà la destra Qui riconoscer dell'Eccelso!
PIETRO
E quanto Più manifesta apparirà nell'opra,
CARLO
Ed io La compirò.
(a Martino)
Sia la risposta: a cavalieri il passo Dar può la via che percorresti?
MARTINO
Il puote. E a che l'avrebbe preparata il Cielo? Per chi, signor? perché un mortale oscuro Al re de' Franchi narrator venisse
CARLO
Nella mia tenda rimarrai: sull'alba, Ad un'eletta di guerrier tu scorta Per quella via sarai. - Pensa, o valente, Che il fior di Francia alla tua scorta affido.
MARTINO
Con lor sarò: di mie promesse pegno
CARLO
Se di quest'alpe Mi sferro alfine, e vincitore al santo Avel di Piero, al desiato amplesso Del gran padre Adrian giunger m'è dato, Se grazia alcuna al suo cospetto un mio Prego aver può, le pastorali bende Circonderan quel capo; e faran fede In quanto onor Carlo lo tenga. - Arvino!
(entra Arvino)
(al legato e a Martino)
E voi, le mani Alzate al Ciel; le grazie a lui rendute Preghiera sian che favor novo impetri.
(partono il Legato e Martino)
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