Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Alessandro Manzoni
Adelchi

IntraText CT - Lettura del testo

  • ATTO TERZO.
    • Scena Prima. Adelchi, Anfrido.
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

ATTO TERZO.

 

Scena Prima. Adelchi, Anfrido.

 

Campo de' Longobardi. Piazza dinanzi alla tenda di Adelchi

 

ADELCHI, ANFRIDO

 

ANFRIDO (che sopraggiunge)

 

Signor!

 

 

ADELCHI

 

            Diletto Anfrido; ebben, che fanno

Codesti Franchi? non dan segno ancora

Le tende al tutto di levar?

 

 

ANFRIDO

 

                                    Nessuno

Finora: immoti tuttavia si stanno,

Quali sull'alba li vedesti, quali

Son da tre , poi che le prime schiere

Cominciar la ritratta. Una gran parte

Scorsi del vallo, esaminando; ascesi

Una torre, e guatai: stretti li vidi

In ordinanza, folti, all'erta, in atto

Di chi assalir non pensa, ed in sospetto

Sta d'un assalto; e più si guarda, quanto

Più scemato è di forze; e senza offesa

Ritrarsi agogna, ed il momento aspetta.

 

 

ADELCHI

 

E lo potrà, pur troppo! Ei parte, il vile

Offensor d'Ermengarda, ei che giurava

Di spegner la mia casa; ed io non posso

Spingergli addosso il mio destrier, tenerlo,

Dibattermi con esso. e riposarmi

Sull'armi sue! Non posso! In campo aperto

Stargli a fronte, non posso! In queste Chiuse,

La de' pochi che a guardarle io scelsi,

Il cor di quelli ch'io prendea tra i pochi,

Compagni alle sortite, alla salvezza

Poté bastar d'un regno: i traditori

Stetter lontani dalla pugna, inerti,

Ma contenuti. In campo aperto, al Franco

Abbandonato da costor sarei,

Solo coi pochi. Oh vil trionfo! Il messo

Che mi dirà: Carlo è partito, un lieto

Annunzio mi darà: gioia mi fia

Che lunge ei sia dalla mia spada!

 

 

ANFRIDO

 

                                                O dolce

Signor, ti basti questa gloria. Come

Un vincitor sopra la preda, ei scese

Su questo regno, e vinto or torna; ei vinto

Si confessò quando implorò la pace,

Quando il prezzo ne offerse; e tu sei quello

Che l'hai respinto. Il padre tuo n'esulta;

Tutto il campo il confessa: i fidi tuoi

Alteri van della tua gloria, alteri

Di dividerla teco; e quei codardi

Che a non amarti si dannar, temerti

Dovranno or più che mai.

 

 

ADELCHI

 

                                    La gloria? il mio

Destino è d'agognarla, e di morire

Senza averla gustata. Ah no! codesta

Non è ancor gloria, Anfrido. Il mio nemico

Parte impunito; a nuove imprese ei corre;

Vinto in un lato, ei di vittoria altrove

Andar può in cerca; ei che su un popol regna

D'un sol voler, saldo, gittato in uno,

Siccome il ferro del suo brando; e in pugno

Come il brando lo tiensi. Ed io sull'empio

Che m'offese nel cor, che per ammenda

Il mio regno assalì, compier non posso

La mia vendetta! Un'altra impresa, Anfrido,

Che sempre increbbe al mio pensier, né giusta

gloriosa, si presenta; e questa

Certa ed agevol fia.

 

 

ANFRIDO

 

                                    Torna agli antichi

Disegni il re?

 

 

ADELCHI

 

                        Dubbiar ne puoi? Securo

Dalle minacce d'esti Franchi, incontro

L'apostolico sire il campo tosto

Ei moverà: noi guiderem sul Tebro

Tutta Longobardia, pronta, concorde

Contro gl'inermi, e fida allor che a certa

E facil preda la conduci. Anfrido,

Qual guerra! e qual nemico! Ancor ruine

Sopra ruine ammucchierem: l'antica

Nostr'arte è questa: ne' palagi il foco

Porremo e ne' tuguri; uccisi i primi,

I signori del suolo, e quanti a caso

Nell'asce nostre ad inciampar verranno,

Fia servo il resto, e tra di noi diviso;

E ai più sleali e più temuti, il meglio

Toccherà della preda. - Oh! mi parea,

Pur mi parea che ad altro io fossi nato,

Che ad esser capo di ladron; che il cielo

Su questa terra altro da far mi desse

Che, senza rischio e senza onor, guastarla.

- O mio diletto! O de' miei giorni primi,

De' giochi miei, dell'armi poi, de' rischi

Solo compagno e de' piacer; fratello

Della mia scelta, innanzi a te soltanto

Tutto vola sui labbri il mio pensiero.

Il mio cor m'ange, Anfrido: ei mi comanda

Alte e nobili cose; e la fortuna

Mi condanna ad inique; e strascinato

Vo per la via ch'io non mi scelsi, oscura,

Senza scopo; e il mio cor s'inaridisce,

Come il germe caduto in rio terreno,

E balzato dal vento.

 

 

ANFRIDO

 

                                    Alto infelice!

Reale amico! Il tuo fedel t'ammira,

E ti compiange. Toglierti la tua

Splendida cura non poss'io, ma posso

Teco sentirla almeno. Al cor d'Adelchi

Dir che d'omaggi, di potenza e d'oro

Sia contento, il poss'io? dargli la pace

De' vili, il posso? e lo vorrei, potendo?

- Soffri e sii grande: il tuo destino è questo,

Finor: soffri, ma spera: il tuo gran corso

Comincia appena; e chi sa dir, quai tempi,

Quali opre il cielo ti prepara? Il cielo

Che re ti fece, ed un tal cor ti diede.

 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License