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Alessandro Manzoni
Adelchi

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  • ATTO QUARTO.
    • Scena Quinta. Guntigi, Svarto.
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Scena Quinta. Guntigi, Svarto.

 

SVARTO

 

Guntigi, io vengo, e il capo mio commetto

Alla tua fede.

 

 

GUNTIGI

 

                        E tu n'hai pegno; entrambi

Un periglio corriamo.

 

 

SVARTO

 

                                    E un premio immenso

Trarne, sta in te. Vuoi tu fermar la sorte

D'un popolo e la tua?

 

 

GUNTIGI

 

                                    Quando quel Franco

Prigion condotto entro Pavia, mi chiese

Di segreto parlar, messo di Carlo

Mi si scoverse, e in nome suo mi disse

Che l'ira di nemico a volger pronto

In real grazia egli era, e in me speranza

Molta ponea; che ogni mio danno avria

Riparato da re; che tu verresti

A trattar meco; io condiscesi: un pegno

Chiese da me; tosto de' Franchi al campo

Nascosamente il mio figliuol mandai

Messo insieme ed ostaggio; e certo ancora

Del mio voler non sei? Fermo è del pari

Carlo nel suo?

 

 

SVARTO

 

                        Dubbiar ne puoi?

 

 

GUNTIGI

 

                                                Ch'io sappia

Ciò ch'ei desia, ciò ch'ei promette. Ei prese

La mia cittade, e ne fe' dono altrui;

resta a me che un titol vano.

 

 

SVARTO

 

                                                E giova

Che dispogliato altri ti creda, e quindi

lmplacabile a Carlo. Or sappi; il grado

Che già tenesti, tu non l'hai lasciato

Che per salir. Carlo a' tuoi pari dona

E non promette: Ivrea perdesti: il Conte,

Prendi,

 

(gli porge un diploma)

 

            sei di Pavia.

 

 

GUNTIGI

 

                                    Da questo istante

Io l'ufizio ne assumo; e fiane accorto

Dall'opre il signor mio. Gli ordini suoi

Nunziami, o Svarto.

 

 

SVARTO

 

                        Ei vuol Pavia; captivo

Vuole in sua mano il re; l'impresa allora

Precipita al suo fin. Verona a stento

Chiusa ancor tiensi: tranne pochi, ognuno

Brama d'uscirne, e dirsi vinto: Adelchi

Sol li ritien; ma quando Carlo arrivi,

Vincitor di Pavia, di resistenza

Chi parlerà? L'altre città che sparse

Tengonsi, e speran nell'indugio ancora,

Cadon tutte in un , membra disciolte

D'avulso capo: i re caduti, è tolto

Ogni pretesto di vergogna: al duro

Ostinato ubbidir manca il comando:

Ei regna, e guerra più non v'è.

 

 

GUNTIGI

 

                                                Sì, certo

Pavia gli è d'uopo; ed ei l'avrà: domani,

Non più tardi, l'avrà. Verso la porta

Occidental con qualche schiera ei venga:

Finga quivi un assalto; io questa opposta

Terrò sguernita, e vi porrò sol pochi

Miei fidi: accesa ivi la mischia, a questa

Ei corra; aperta gli sarà. - Ch'io, preso

Il re consegni al suo nemico, questo

Carlo da me non chieda; io fui vassallo

Di Desiderio, in felici, e il mio

Nome d'inutil macchia io coprirei.

Cinto di qua, di , lo sventurato

Sfuggir non può.

 

 

SVARTO

 

                        Felice me, che a Carlo

Tal nunzio apporterò! Te più felice,

Che puoi tanto per lui! - Ma dimmi ancora:

Che si pensa in Pavia? Quei che il crollante

Soglio reggere han fermo, o insieme seco

Precipitar, son molti ancora? o all'astro

Trionfator di Carlo i guardi alfine

Volgonsi e i voti? e agevol fia, siccome

L'altra già fu, questa vittoria estrema?

 

 

GUNTIGI

 

Stanchi e sfidati i più, sotto il vessillo

Stanno sol per costume: a lor consiglia

Ogni pensier di abbandonar cui Dio

Già da gran tempo abbandonò; ma in capo

D'ogni pensier s'affaccia una parola

Che li spaventa: tradimento. Un'altra

Più saggia a questi udir farò: salvezza

Del regno; e nostri diverran: già il sono.

Altri, inconcussi in loro amor, da Carlo

Ormai nulla sperando...

 

 

SVARTO

 

                                    Ebben, prometti:

Tutti guadagna.

 

 

GUNTIGI

 

                        Inutil rischio ei fia.

Lascia perir chi vuol perir; senz'essi

Tutto compir si può.

 

 

SVARTO

 

                                    Guntigi, ascolta.

Fedel del Re de' Franchi io qui favello

A un suo Fedel; ma Longobardo pure

A un Longobardo. I patti suoi, lo credo,

Carlo terrà; ma non è forse il meglio

Esser cinti d'amici? in una folla

Di salvati da noi?

 

 

GUNTIGI

 

                        Fiducia, o Svarto,

Per fiducia ti rendo. Il che Carlo

Senza sospetto regnerà, che un brando

Non resterà che non gli sia devoto...

Guardiamci da quel ! Ma se gli sfugge

Un nemico, e respira, e questo novo

Regno minaccia, non temer che sia

Posto in non cal chi glielo diede in mano.

 

 

SVARTO

 

Saggio tu parli e schietto. - Odi: per noi

Sola via di salute era pur quella

Su cui corriamo; ma d'inciampi è sparsa

E d'insidie: il vedrai. Tristo a chi solo

Farla vorrà. - Poi che la sorte in questa

Ora solenne qui ci unì, ci elesse

All'opera compagni ed al periglio

Di questa notte, che obbliata mai

Da noi non fia, stringiamo un patto, ad ambo

Patto di vita. Sulla tua fortuna

Io di vegliar prometto; i tuoi nemici

Saranno i miei.

 

 

GUNTIGI

 

                        La tua parola, o Svarto,

Prendo, e la mia ti fermo.

 

 

SVARTO

 

                                    In vita e in morte.

 

 

GUNTIGI

 

Pegno la destra.

 

(gli porge la destra: Svarto la stringe)

 

                        Al re de' Franchi, amico,

Reca l'omaggio mio.

 

 

SVARTO

 

                        Doman!

 

 

GUNTIGI

 

                                    Domani.

Amri!

 

(entra Amri.)

 

            È sgombro lo spalto?

 

 

AMRI

 

                                                È sgombro; e tutto

Tace d'intorno.

 

 

GUNTIGI (ad Amri, accennando Svarto)

 

                        Il riconduci.

 

 

SVARTO

 

                                                Addio.

 




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