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Alessandro Manzoni Il conte di Carmagnola IntraText CT - Lettura del testo |
IL CONTE
la lieta nova: l’inimico ha fatto
ciò ch’io volea; così voi pur farete.
E il sol che sorge, a ognun di noi, lo giuro, 295
il più bel dì di nostra vita apporta.
Non è tra voi chi una battaglia aspetti
per farsi un nome, il so; ma questa sera
l’avrem più glorioso; e la parola
che al nostro orecchio sonerà più grata, 300
omai fia quella di Maclodio. Orsini,
son pronti i tuoi?
ORSINI
Sì.
IL CONTE
sulla destra dell’argine; raggiungi
quei che vi stanno, e prendine il comando.
E tu a sinistra, o Tolentino. E quindi 305
non vi movete, che non sia lo scontro
incominciato; quando ei fia, correte
alle spalle al nemico. Udite entrambi.
Se dell’insidie egli s’avvede, e tenta
ritrarsi, appena avrà voltato il dorso, 310
siategli addosso uniti: io son con voi.
Provochi, o fugga, oggi dev’esser vinto.
ORSINI
E lo sarà.
(parte)
TOLENTINO
(parte)
IL CONTE
(agli altri)
Tu, Gonzaga, al mio fianco. I posti a voi
assegnerò sul campo. Andiam, compagni; 315
si resista al prim’urto: il resto è certo.
CORO
S’ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d’ambo i lati calpesto rimbomba
da cavalli e da fanti il terren.
Quinci spunta per l’aria un vessillo; 5
quindi un altro s’avanza spiegato:
ecco appare un drappello schierato;
ecco un altro che incontro gli vien.
Già di mezzo sparito è il terreno;
già le spade rispingon le spade; 10
l’un dell’altro le immerge nel seno;
gronda il sangue; raddoppia il ferir.
— Chi son essi? Alle belle contrade
qual ne venne straniero a far guerra?
Qual è quei che ha giurato la terra 15
dove nacque far salva, o morir?
— D’una terra son tutti: un linguaggio
parlan tutti: fratelli li dice
lo straniero: il comune lignaggio
a ognun d’essi dal volto traspar. 20
Questa terra fu a tutti nudrice,
questa terra di sangue ora intrisa,
che natura dall’altre ha divisa,
e ricinta con l’alpe e col mar.
— Ahi! Qual d’essi il sacrilego brando 25
trasse il primo il fratello a ferire?
Oh terror! Del conflitto esecrando
— Non la sanno: a dar morte, a morire
qui senz’ira ognun d’essi è venuto; 30
con lui pugna, e non chiede il perché.
— Ahi sventura! Ma spose non hanno,
non han madri gli stolti guerrieri?
Perché tutte i lor cari non vanno 35
dall’ignobile campo a strappar?
E i vegliardi che ai casti pensieri
della tomba già schiudon la mente,
ché non tentan la turba furente
con prudenti parole placar? 40
— Come assiso talvolta il villano
sulla porta del cheto abituro,
segna il nembo che scende lontano
sopra i campi che arati ei non ha;
così udresti ciascun che sicuro 45
raccontar le migliaia de’ morti,
Là, pendenti dal labbro materno
vedi i figli che imparano intenti 50
a distinguer con nomi di scherno
quei che andranno ad uccidere un dì;
qui le donne alle veglie lucenti
de’ monili far pompa e de’ cinti,
che alle donne diserte de’ vinti 55
— Ahi sventura! sventura! sventura!
Già la terra è coperta d’uccisi;
tutta è sangue la vasta pianura;
cresce il grido, raddoppia il furor. 60
Ma negli ordini manchi e divisi
mal si regge, già cede una schiera;
già nel volgo che vincer dispera,
Come il grano lanciato dal pieno 65
ventilabro nell’aria si spande;
tale intorno per l’ampio terreno
si sparpagliano i vinti guerrier.
ai fuggenti s’affaccian sul calle; 70
ma si senton più presso alle spalle
Cadon trepidi a pié de’ nemici,
gettan l’arme, si danno prigioni:
il clamor delle turbe vittrici 75
copre i lai del tapino che mor.
Un corriero è salito in arcioni;
prende un foglio, il ripone, s’avvia,
sferza, sprona, divora la via;
ogni villa si desta al rumor. 80
Perché tutti sul pesto cammino
dalle case, dai campi accorrete?
Ognun chiede con ansia al vicino,
Donde ei venga, infelici, il sapete, 85
I fratelli hanno ucciso i fratelli:
s orna il tempio, e risona del canto; 90
già s’innalzan dai cori omicidi
grazie ed inni che abbomina il ciel.
Giù dal cerchio dell’alpi frattanto
lo straniero gli sguardi rivolve;
vede i forti che mordon la polve, 95
Affrettatevi, empite le schiere,
sospendete i trionfi ed i giochi,
ritornate alle vostre bandiere:
lo straniero discende; egli è qui. 100
Vincitor! Siete deboli e pochi?
Ma per questo a sfidarvi ei discende;
e voglioso a quei campi v’attende
Tu che angusta a’ tuoi figli parevi, 105
tu che in pace nutrirli non sai,
fatal terra, gli estrani ricevi:
a tue mense insultando s’asside; 110
degli stolti le spoglie divide;
toglie il brando di mano a’ tuoi re.
Stolto anch’esso! Beata fu mai
gente alcuna per sangue ed oltraggio?
Solo al vinto non toccano i guai; 115
torna in pianto dell’empio il gioir.
non l’abbatte l’eterna vendetta;
ma lo segna; ma veglia ed aspetta;
ma lo coglie all’estremo sospir. 120
Tutti fatti a sembianza d’un Solo,
figli tutti d’un solo Riscatto,
in qual ora, in qual parte del suolo,
trascorriamo quest’aura vital,
siam fratelli; siam stretti ad un patto: 125
maledetto colui che l’infrange,
che s’innalza sul fiacco che piange,
che contrista uno spirto immortal!