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Alessandro Manzoni Il conte di Carmagnola IntraText CT - Lettura del testo |
Sala dei Capi del Consiglio dei Dieci, in Venezia.
MARCO Senatore, e MARINO uno dei Capi.
MARCO
Eccomi al cenno degli eccelsi Capi
del Consiglio de’ Dieci.
MARINO
Io parlo in nome
di tutti lor. Vi si destina un grave
incarco, fuor di qui: se un argomento
di confidenza questo sia... la vostra 5
coscienza il diravvi.
MARCO
Essa mi dice
che scarsa al merto ed all’ingegno mio
dee la patria concederla, ma intera
alla fede ed al cor.
MARINO
La patria! È un nome
dolce a chi l’ama oltre ogni cosa, e sente 10
di vivere per lei; ma proferirlo
senza tremar non dee chi resta amico
de’ suoi nemici.
MARCO
Ed io...
MARINO
Per chi parlaste
oggi in Senato? Per la patria? I vostri
sdegni, i vostri terrori eran per lei? 15
Chi vi rendea sì caldo? Il suo periglio,
o il periglio di chi? Chi difendeste...
voi solo?
MARCO
Io so davanti a chi mi trovo.
Sta la mia vita in vostra man, ma il mio
voto non già: giudice ei non conosce 20
fuor che il mio cor; né d’altro esser può reo
che d’avergli mentito. A darne conto
pur disposto son io.
MARINO
Tutto che puote
por la patria in periglio, essere inciampo
all’alte mire sue, dargli sospetto, 25
è in nostra man. Perché ci siate or voi,
se nol sapete, se mostrar vi giova
di non saperlo, uditelo. Per ora
d’oggi si parli; non vogliam di tutta
la vostra vita interrogar che un giorno. 30
MARCO
E che? fors’altro mi si appon? Di nulla
temer poss’io; la mia condotta...
MARINO
È nota
più a noi che a voi. Dalla memoria vostra
forse assai cose ha cancellato il tempo:
il nostro libro non obblia.
MARCO
Di tutto 35
ragion darò.
MARINO
Voi la darete quando
vi fia chiesta. Non più: quando il Senato
diede il comando al Carmagnola, a molti
era sospetta la sua fede; ad altri
certa parea: potea parerlo allora. 40
Ei discioglie i prigioni, insulta i nostri
mandati, i nostri pari; ha vinto, e perde
in perfid’ozio la vittoria. Il velo
cade dal ciglio ai più. Nel suo soccorso
troppo fidando, il Trevisan s’innoltra 45
nel Po, le navi del nemico affronta;
sopraffatto dal numero, richiede
al Capitan rinforzo, e non l’ottiene.
Freme il Senato; poche voci appena
s’alzano ancor per lui. Cremona è presa, 50
basta sol ch’ei v’accorra; ei non v’accorre.
Giunge l’annunzio oggi al Senato: alfine
più non gli resta difensor che un solo:
solo, ma caldo difensor. Per lui
innocente è costui, degno di lode 55
più che di scusa; e se ci fu sventura,
colpa è soltanto del destino... e nostra.
Non è giustizia che il persegue: è solo
odio privato, è invidia, è basso orgoglio
che non perdona al sommo, a chi tacendo 60
grida co’ fatti: io son maggior di voi.
Certo inaudito è un tal linguaggio: i Padri
nel lor Senato oggi l’udiro; e muti
si volsero a guardar donde tal voce
venìa, se uno straniero oggi, un nemico 65
premere un seggio nel Senato ardia.
Chiarito è il Conte un traditor; si vuole
torgli ogni via di nocere. Ma l’arte
tanta e l’audacia è di costui, che reso
ei s’è tremendo a’ suoi signori; è forte 70
di quella forza che gli abbiam fidata;
egli ha il cor de’ soldati; e l’armi nostre,
quando voglia, son sue; contro di noi
volger le puote, e il vuol. Certo è follia
aspettar che lo tenti; ognun risolve 75
ch’ei si prevenga, e tosto. A forza aperta
è impresa piena di perigli. E noi
starem per questo? E il suo maggior delitto
sarà cagion perché impunito ei vada?
Sola una strada alla giustizia è schiusa, 80
l’arte con cui l’ingannator s’inganna.
Ei ci astrinse a tenerla; ebben, si tenga:
questo è il voto comun. Che fece allora
l’amico di costui? Ve ne rammenta?
Io vel dirò; ché men tranquillo al certo 85
era in quel punto il vostro cor, dell’occhio
che imperturbato vi seguia. Perdeste
ogni ritegno, oltrepassaste il largo
confin che un resto di prudenza avea
prescritto al vostro ardor, dimenticaste 90
ciò che promesso v’eravate, intero
ai men veggenti vi svelaste, a quelli
cui parea novo ciò che a noi non l’era.
Ognuno allor pensò che oggi in Senato
c’era un uom di soverchio, e che bisogna 95
porre il segreto dello Stato in salvo.
MARCO
Signor, tutto a voi lice: innanzi a voi
quel che ora io sia, non so; però non posso
dimenticarmi che patrizio io sono,
né a voi tacer che un dubbio tal m’offende. 100
Sono un di voi: la causa dello Stato
è la mia causa; e il suo segreto importa
a me non men che altrui.
MARINO
Volete alfine
saper chi siete qui? Voi siete un uomo
di cui si teme, un che lo Stato guarda 105
come un inciampo alla sua via. Mostrate
che nol sarete; il darvene agio ancora
è gran clemenza.
MARCO
Io sono amico al Conte:
questa è l’accusa mia; nol nego, io il sono:
e il ciel ringrazio che vigor mi ha dato 110
di confessarlo qui. Ma se nemico
è della patria? Mi si provi, è il mio.
Che gli si appone? I prigionier disciolti?
Non li disciolse il vincitor soldato?
Ma invan pregato il condottier non volle 115
frenar questa licenza. Il potea forse?
Ma l’imitò. Non ve lo astrinse un uso,
qual ch’ei sia, della guerra? ed al Senato
vera non parve questa scusa? e largo
d’ogni onor poscia non gli fu? L’aiuto 120
al Trevisan negato? Era più grave
periglio il darlo; era l’impresa ordita
ignaro il Conte; ei non fu chiesto a tempo.
E la sentenza che a sì turpe esiglio
il Trevisan dannò, tutta la colpa 125
non rovesciò sovra di lui? Cremona?
Chi di Cremona meditò l’acquisto?
Chi l’ordin dié che si tentasse? Il Conte.
Del popol tutto che a rumor si leva
non può scarso drappel l’inaspettato 130
impeto sostener; ritorna al campo,
non scemo pur d’un combattente. Al Duce
buon consiglio non parve incontro un novo
impensato nemico avventurarsi;
e abbandonò l’impresa. Ella è, fra tante 135
sì ben compiute, una fallita impresa;
ma il tradimento ov’è? Fiero, oltraggioso
da gran tempo, voi dite, è il suo linguaggio:
un troppo lungo tollerar macchiato
ha l’onor nostro. Ed un’insidia, il lava? 140
E poi che un nodo, un dì sì caro, ormai
non può tener Venezia e il Carmagnola,
chi ci vieta disciorlo? Un’amistade
sì nobilmente stretta, or non potria
nobilmente finir? Come! anche in questo 145
un periglio si scorge! Il genio ardito
del condottier; la fama sua si teme,
de’ soldati l’amor! Se render piena
testimonianza al ver, colpa si stima;
se a tal trista temenza oppor non lice 150
la lealtà del Conte; il senso almeno
del nostro onor la scacci. Abbiam di noi
un più degno concetto; e non si creda
che a tal Venezia giunta sia, che possa
porla in periglio un uom. Lasciam codeste 155
cure ai tiranni: ivi il valor si tema
ove lo scettro è in una mano, e basta
a strapparlo un guerrier che dica: io sono
più degno di tenerlo; e a’ suoi compagni
il persuada. Ei che tentar potria? 160
Al Duca ritornar, dicesi, e seco
le schiere trar nel tradimento. Al Duca?
All’uom che un’onta non perdona mai,
né un gran servigio, ritornar colui
che gli compose e che gli scosse il trono? 165
Chi non poté restargli amico in tempo
che pugnava per lui, ridivenirlo
dopo averlo sconfitto! Avvicinarsi
a quella man che in questo asilo istesso 170
comprò un pugnal per trapassargli il petto!
L’odio solo, o signor, creder lo puote.
Ah! qual sia la cagion che innanzi a questo
temuto seggio fa trovarmi, un’alta
grazia mi fia, se fare intender posso
anco una volta il ver: qualche lusinga 175
io nutro ancor che non fia forse invano.
Sì, l’odio cieco, l’odio sol potea
far che fosse in Senato un tal sospetto
proposto, inteso, tollerato. Ha molti
fra noi nemici il Conte: or non ricerco 180
perché lo siano: il son. Quando nascoste
all’ombra della pubblica vendetta,
le nimistà private io disvelai;
quando chiedea che a provveder s’avesse
l’util soltanto dello Stato, e il giusto; 185
allora ufizio io non facea d’amico,
ma di fedel patrizio. Io già non scuso
il mio parlar: quando proporre intesi
che sotto il vel di consultarlo ei sia
richiamato a Venezia, e gli si faccia 190
onor più dell’usato, e tutto questo
per tirarlo nel laccio... allor, nol nego...
MARINO
Più non pensaste che all’amico.
MARCO
Allora,
dissimular nol vo’, tutte sentii
le potenze dell’alma sollevarsi 195
contro un consiglio... ah fu seguito!... Un solo
pensier non fu; fu della patria mia
l’onor ch’io vedo vilipeso, il grido
de’ nemici e de’ posteri; fu il primo
senso d’orror che un tradimento inspira 200
all’uom che dee stornarlo, o starne a parte.
E se pietà d’un prode a tanti affetti
pur si mischiò, dovea, poteva io forse
farla tacer? Son reo d’aver creduto
che util puote a Venezia esser soltanto 205
ciò che l’onora, e che si può salvarla
senza farsi...
MARINO
Non più: se tanto udii
fu perché ai Capi del Consiglio importa
di conoscervi appien. Piacque aspettarvi
ai secondi pensier; veder si volle 210
se un più maturo ponderar v’ avea
tratto a più saggio e più civil consiglio.
Or, poiché indarno si sperò, credete
voi che un decreto del Senato io voglia
difender ora innanzi a voi? Si tratta 215
la vostra causa qui. Pensate a voi,
non alla patria: ad altre, e forti, e pure
mani è commessa la sua sorte: e nulla
a cor le sta che il suo voler vi piaccia,
ma che s’adempia, e che non sia sofferto 220
pure il pensier di porvi impedimento.
A questo vegliam noi. Quindi io non voglio
altro da voi che una risposta. Espresso
sovra quest’uomo è del Senato il voto;
compir si dee; voi, che farete intanto? 225
MARCO
Quale inchiesta, signor!
MARINO
Voi siete a parte
d’un gran disegno; e in vostro cor bramate
che a voto ei vada: non è ver?
MARCO
Che importa
ciò ch’io brami, allo Stato? A prova ormai
sa che dell’opre mie non è misura 230
il desiderio, ma il dover.
MARINO
Qual pegno
abbiam da voi che lo farete? In nome
del Tribunale un ve ne chiedo: e questo,
se lo negate, un traditor vi tiene.
Quel che si serba ai traditor, v’è noto. 235
MARCO
Io... Che si vuol da me?
MARINO
Riconoscete
che patria è questa a cui bastovvi il core
di preferire uno stranier. Sui figli
a stento e tardi essa la mano aggrava;
e a perderne soltanto ella consente 240
quei che salvar non puote. Ogni error vostro
è pronta ad obbliar; v’apre ella stessa
la strada al pentimento.
MARCO
Al pentimento!
Ebben, che strada?
MARINO
Il Mussulman disegna
d’assalir Tessalonica: voi siete 245
colà mandato. A quale ufizio, quivi
noto vi fia: pronta è la nave; ed oggi
voi partirete.
MARCO
Ubbidirò.
MARINO
Ma un’arra
si vuol di vostra fé: giurar dovete
per quanto è sacro, che in parole o in cenni 250
nulla per voi traspirerà di quanto
oggi s’è fisso. Il giuramento è questo:
(gli presenta un foglio)
sottoscrivete.
MARCO
(legge)
E che, signor? Non basta?..
MARINO
E per ultimo, udite. Il messo è in via
che porta al Conte il suo richiamo. Ov’egli 255
pronto ubbidisca, ed in Venezia arrivi,
giustizia troverà... forse clemenza.
Ma se ricusa, se sta in forse, e segno
dà di sospetto; un gran segreto udite,
e tenetelo in voi; l’ordine è dato 260
che dalle nostre man vivo ei non esca.
Il traditor che dargli un cenno ardisce,
quei l’uccide, e si perde. Io più non odo
nulla da voi: scrivete; ovvero...
(gli porge il foglio)
MARCO
Io scrivo.
(prende il foglio e lo sottoscrive)
MARINO
Tutto è posto in obblio. La vostra fede 265
ha fatto il più; vinto ha il dover: l’impresa
compirsi or dee dalla prudenza: e questa
non può mancarvi, sol che in mente abbiate
che ormai due vite in vostra man son poste. (parte)