Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

LE IRE DI GIULIANO (Commedia in un atto).

ATTO PRIMO.

Scena quarta. Matilde e detti.

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Scena quarta. Matilde e detti.

 

MATILDE.  Eri già questa mattina da me?

LUCIA.  Sì, volevo parlarti prima di venire da mamma, ma fosti troppo lenta ad alzarti ed io non ebbi pazienza di attenderti.

MATILDE.  Ho compreso subito che venivi in seguito ad una delle solite dispute con tuo marito, che interrompono la vostra eterna luna di miele.

GIOVANNA.  A te raccontava sempre dei suoi dispiaceri con il marito?

MATILDE.  Sì, sono stata io a consigliarla di non parlarne ogni volta a te.

GIOVANNA.  Hai fatto male perché se io lo avessi saputo avrei forse potuto impedire che la cosa proceda tant'oltre.

MATILDE.  Non si tratta di cosa solita?

GIOVANNA.  Stimo io! si tratta di atti villani.

MATILDE  (sorpresa). Oh! la bestia! (Poi correggendosi, a Lucia.) Scusa!

LUCIA.  Di' pure, non ne potrai mai dire quanto io ne penso.

GIOVANNA  (seria). Adesso è la volta di consigliare e consigliare bene Matilde. Dille che per tali cause non ci si divide dal marito.

MATILDE  (ridendo). Dividersi? Tu hai progettato tanto?

LUCIA.  Progettato? Eseguito. Sono qui e a casa mia non ci ritorno più.

MATILDE  (spaventata). Ma tu impazzisci!

EMILIO.  Mi meraviglio che mamma dia importanza a queste tue parole che possono esserti state suggerite da un momento d'ira.

LUCIA.  Tu t'inganni, io non sono più irritata. E di che? Del fatto di ieri sera? Non si perde la facoltà di pensare per un fatto che non è che la ripetizione di tanti altri identici; si riprova il medesimo disgusto, un poco aumentato, molto aumentato anzi. (Adirandosi.) Anche a ripensarci soltanto mi rivolta; quando mi accade non so se piangere o ridere al cospetto di tanta rozzezza.

EMILIO.  Sei ancora sempre adirata.

LUCIA.  È vero. (Calma) Vedi però che mi calmo presto. Adesso sono interamente calma perché ho preso la mia decisione; ho pensato a tutto, ho previsto tutto.

EMILIO.  Sentiamo come hai riflettuto. Che cosa farai tu per esempio?

LUCIA.  Quella è stata la prima cosa a cui pensai. So che tu, Emilio, giungi a pena a mantenere con decoro la mamma e te. Lavorerò anch'io e procurerò anche di riavere il mio posto di maestra comunale. (Allegramente.) Chissà? Forse riesco anche ad aiutare la famiglia. Sono pronta a giorno e notte pur di vivere a canto a mamma.

GIOVANNA.  Povera la mia bionda!

EMILIO.  È questo il tuo magnifico calcolo? Non sai che questo calcolo fatto a mente fredda rovina la tua famiglia? Non è il mantenerci che ci rovinerà ma l'odio di tuo marito, anche la sola sua indifferenza. Non sai che tutti noi dipendiamo da lui? Io ho il suo appoggio, sue raccomandazioni, il marito di Matilde altrettanto e forse altro ancora? C’è Momi ch'è impiegato da lui.

LUCIA.  Oh! per i grandi vantaggi che ha Momi dal suo impiego! Credo che a quelli la famiglia può rinunciare.

EMILIO.  Ma ti ripeto, non è quella la questione! Se io ho potuto finora mantenere la mamma, se posso anche adesso pensare a maritarmi, lo devo a tuo marito.

LUCIA  (freddamente). Insomma, caro Emilio, io non avevo il dovere di pensare a tutti, io pensai a me; trovai che quella vita non potevo continuare a farla, pensai che con le mie cognizioni avrei potuto vivere indipendentemente e mi risolsi. Scrissi già persino per riavere il mio posto.

EMILIO.  Se è così, se di me, di tua sorella, di tua madre non t'importa nulla, allora hai fatto bene, hai fatto benone.

GIOVANNA.  Insomma, Lucia farà quello che il suo cuore le detterà. Non sono questi gli argomenti che voglio veder adoperati per convincerla.

 

 


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