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Scena settima. Fortunata e detti.
FORTUNATA. Signora, perdoni la libertà, ma non permetto che altri tocchino i miei figliuoli…
ELENA. Ne parlavo appunto al signor Carlo.
FORTUNATA. Se io voglio castigarlo son padrona; lei sa che non ha questo diritto e non so come spiegarmi il fatto che lo abbia dimenticato…
ELENA. Le chiedo scusa. Mi sono lasciata trascinare e le chiedo scusa. Se vuole vendicarsi, bastoni me!…
FORTUNATA (rabbonita). Sa, signora, Ottavio è un ragazzo così debole che fino a un anno fa lo credevamo malaticcio. Ora è un po' rimesso, ma gli usiamo ogni cura. È per questo… (Si stringono la mano.)
CARLO. Non credevo che finisse tanto presto. (Si sente il campanello. A Fortunata.) Va a chiamare Carla!
ELENA. Permetta che vada io! È nella sua stanza, nevvero?
FORTUNATA. Sissignora. Chissà se sono loro! (Elena via. Fortunata e Carlo vanno alla porta.)