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Scena nona. Carla, Elena e detti.
CARLO (andando loro incontro). Oh, finalmente! (Presentando.) Mia sorella Carla, la signora Elena Morfi. Il signor Marco Lonelli (Complimenti.)
CARLA (a Ignazio) Perché grida tanto Carlo?
IGNAZIO. Lo zio è un poco sordo.
MARCO (andando da Ignazio). Quale delle due è la tua sposa?
IGNAZIO. Hi, hi! (Fa un piccolo segno verso Carla.)
MARCO. Signorina, finora io ho fatto da padre ad Ignazio. Spero che d'ora innanzi, anziché uno avrò due figliuoli.
CARLA (imbarazzata). Grazie! (Lunga pausa.)
ELENA (tossendo). Una bella giornata quest'oggi.
IGNAZIO. Hi, hi, hi! Tanto è vero che anche il signor Carlo lo aveva osservato.
CARLO. Oggi, signori, mi favoriranno a pranzo e dopo firmeremo il contratto.
IGNAZIO. Senza chiedere il permesso a mio zio, accetto per me e per lui. Hi, hi, hi! Zio, il signor Carlo c'invita a pranzo…
MARCO (inchinandosi). La ringrazio, molto. Ma ho già un precedente impegno.
IGNAZIO. Ma è che appena dopopranzo firmeremo il contratto.
MARCO. Lo so. Allora ritorneremo dopopranzo.
CARLO. Mi dispiace di non averli avvertiti prima. Lei, almeno, rimarrà.
IGNAZIO (accettando). Mille grazie.
ELENA (ridendo). Badi che qui al venerdì si mangia di magro.
IGNAZIO. Hi, hi, hi! Cosa fa? Mangerò di magro. (Guardando Carla.) Già mi è indifferente, perché ho paura che non mangerò nulla.
CARLO. Non è mica causa mia che mangiamo di magro il venerdì. È un'abitudine importata in famiglia da mia moglie. Io non credo affatto.
FORTUNATA. Come, causa mia? A me non importerebbe affatto. Son tutte fiabe.
IGNAZIO. Allora causa sua, signorina.
IGNAZIO. Ma di chi allora? Hi, hi, hi!
CARLO. È l'abitudine. Mio padre, poveretto, mangiava di magro il venerdì. Io mi sono abituato da bambino. Dopo, quasi per pregiudizio, ho mantenuto l'uso.
CARLO. Ah, niente affatto.
IGNAZIO. Allora lei non crede, ma mangia di magro, il venerdì. In casa di mio zio si mangia di magro, perché così vuole la cuoca.
TUTTI. La cuoca?!
IGNAZIO. Dicevo che lei, zio, ha un magnifico cavallo.
MARCO. Ah, sì. Bellissimo! Mi è costato un occhio della testa.
CARLO. Ma perché il signor zio non usa una tromba?
IGNAZIO (gridando). Il signor Carlo domanda, perché lei non usa una tromba.
MARCO (violento). Neanche per idea! Sarebbe bello veder penzolare dall'orecchio quel coso lungo!
IGNAZIO. Nemmeno la sua cuoca ha potuto ancora convincerlo di portarla. Hi, hi, hi! (Nessuno ride. Imbarazzo generale per alcuni secondi. Egli se ne accorge.) Mica che ci sia da pensar male! Solamente scommetto che da qui ad un mese mio zio porterà la tromba. Hi, hi!
CARLO (traendo in disparte Ignazio). Potremmo noi parlare un poco seriamente a quattr'occhi? Vuole?
IGNAZIO. Ha da dirmi qualcosa, signor cognato… futuro?
CARLO. Sì, con mio dispiacere.
IGNAZIO. Del matrimonio?
IGNAZIO. Allora, parli con mio zio.
CARLO. Credendo di poterlo fare, finora non mi rivolsi a lei. Ma ora mi pare che sia difficile… (Imbarazzato guarda Marco.)
FORTUNATA (gridando). Vuol vedere la nostra casa?
MARCO (alzandosi). Sì, signora.
CARLO. Dopo puoi rimanere coi signori qui, nella stanzetta qui accanto.
FORTUNATA. Io la precedo. (Via con Marco.)
ELENA. E loro, signori, non vengono?
CARLO. Verremo subito.
IGNAZIO (piano a Carla conducendola alla porta). Procurerò di sbrigarmi al più presto da questa seccatura. Seccatura… non mica, perché ho da stare con suo fratello, ma perché starei più volentieri con lei. (Carla via.)
ELENA (a Carlo). È stato sprecato poco spirito in questo primo incontro. Non ha ragione di offendersi, per questa osservazione, perché c'ero anch'io.
CARLO. Da questa riunione attendevamo non spirito, ma felicità.
ELENA. Ben venga la felicità, ma che non sia una felicità troppo noiosa. (Via.)