Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

IL LADRO IN CASA (Scene della vita borghese).

ATTO SECONDO.

Scena quinta. Entra Ignazio.

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Scena quinta. Entra Ignazio.

 

CARLA  (a bruciapelo, ma calma). Ignazio, sai, ho licenziato Emilia.

IGNAZIO  (sorpreso il primo momento). Ebbene… che c'entro io?

CARLA.  Volevo avvisartene, ecco. Credevo

IGNAZIO.  Che cosa?

CARLA.  Oh, nulla, nulla. Così… la posso mandar via subito?

IGNAZIO  (abbracciandola). Che tipo ah, zio, la mogliettina mia! Tu sei signora e regina qui.

CARLA  (commossa). Allora, scusami Ignazio.

IGNAZIO  (accarezzandola). Di che?

CARLA.  Non te lo dico per non farti entrare la malizia in corpo

MARCO.  Guarda! Pare quasi non sia stato scritto da lui! O non rammenti di avermi mandato a chiamare per un affare importante?

IGNAZIO.  Ah, bravo! Sul serio che me n'era quasi dimenticato.

MARCO.  Ed io ad attenderti qui!

CARLA.  Volete che vi lasci soli?

IGNAZIO.  Ohibò! Sono, anzi, cose che interessano anche te.

MARCO.  E adesso spicciati chi io devo andarmene.

IGNAZIO.  È presto detto. Zio mio, è la prima volta che la disturbo. Ma a me occorrono assolutamente per domani diecimila franchi. (Marco si leva la tromba e Carla in un'esclamazione di sorpresa.) Perché non risponde? (Si accorge che Marco si è levata la tromba e in uno scoppio di risa.) Questa trovata è bellissima. Guarda, guarda, Carla. (Carla ride forzatamente.) Via, zio, l'aiuterò a rimettere a posto la tromba… (Lo forza gentilmente a mettersi a posto la tromba.) Come le dicevo a me occorrono diecimila franchi.

MARCO.  Spero che tu scherzi, eh?

IGNAZIO.  Purtroppo no! domani una mia accettazione viene protestata.

CARLA.  E se viene protestata cosa accade?

IGNAZIO.  Vengo dichiarato fallito.

CARLA.  Dio mio! Dio mio! Me lo immaginava che così non avremmo potuto andare avanti!

MARCO.  Come così? Cosa avete fatto?

IGNAZIO.  Cosa possiamo aver fatto? Sciocca, non sai quello che dici, tu!

MARCO.  Se non avete fatto niente voi, ancor meno io. Non so perché dovrei io venir multato. Non hai parenti più stretti a cui rivolgerti?

IGNAZIO.  Dunque lei questi diecimila franchi non me li vuol dare?

MARCO.  Non voglio! Non voglio! Non posso. Dove avrei a pescare per domani diecimila franchi?

IGNAZIO.  Se sono sicuro di averli posso attendere fino a dopodomani.

MARCO.  Non attender, perché sarebbe inutile.

IGNAZIO.  Dunque allora dovrò fallire?

MARCO.  Se non trovi altro rimedio bisognerà fallire. Come sei capitato in questo imbroglio? Un mese fa ti vantavi che le tue condizioni non erano mai state tanto floride. Io l'ho sempre detto che era mal fatto consegnare a te l'eredità di tuo padre.

IGNAZIO.  Aveva torto, zio. Io promisi di averne cura.

MARCO.  Ora si vede quanta cura ne hai avuta!

IGNAZIO.  Oh, via! Sono stato sfortunato! Sono cose che possono capitare a chiunque. Anche a lei.

MARCO.  A me no, assolutamente. Se avessero lasciato i danari a me, io li avrei amministrati in modo che a quest'ora sarebbero ancora tuoi.

IGNAZIO.  E finora di che cosa avrei vissuto?

MARCO.  Del tuo lavoro.

IGNAZIO.  Manuale? non so cosa avrei potuto fare senza capitali

MARCO.  Allora eri celibe. Io non ero d'accordo che ti sposassi. (A Carla.) Non dico mica per te. In massima egli non aveva carattere di prender moglie.

IGNAZIO.  Tutto questo non entra per nulla in quanto abbiamo a trattare. Zio, a me occorrono diecimila franchi. Me li può dare?

MARCO  (fissandolo ironico). E quando me lo potrai restituire questo denaro?

IGNAZIO.  Le darò accettazioni ad un anno data.

MARCO.  E queste accettazioni quando le pagherai?

IGNAZIO.  Oh, bella! In scadenza, a meno che non sia giorno festivo.

MARCO.  Davvero? E con quali danari?

IGNAZIO.  Fino a quel tempo le mie condizioni saranno mutate. Ho degli affari per le mani e se mi fruttano

MARCO  (ironico). Hai tentato un terno al lotto?

IGNAZIO.  Ma zio!

MARCO.  Zio finché vuoi, ma bisognerà che cerchi questi danari altrove, perché non te li do.

IGNAZIO.  A meno che non volesse regalarmeli non posso darle torto.

MARCO.  Oh, bravo!

IGNAZIO.  E non me li regala?

MARCO.  Ah!

IGNAZIO.  Ma non sarò io il suo erede universale?

MARCO.  Chissà!

IGNAZIO  (ridendo a Carla). Pare che invece dei diecimila franchi voglia regalarmi un cugino.

MARCO.  Dunque hai deciso di fallire?

IGNAZIO.  Farò di necessità virtù! Hi, hi!

CARLA.  Oh, come puoi ridere, come puoi ridere parlando di fallire?

IGNAZIO.  Penso al muso che farà quell'usuraio di Nerini quando gli dirò che legalmente non pagheròcapitaleinteressi.

CARLA.  Dio! Dio mio che vergogna!

MARCO.  E hai fatto le cose in ordine?

IGNAZIO.  Non troppo. Avrei potuto portare anche la bottega a nome di Carla.

MARCO.  Vi è molto valore?

IGNAZIO.  Cinquemila franchi, circa; metà in oggetti di valore, metà in biglietti del monte di pietà.

MARCO.  Era un bel tradimento il tuo! Chiedermi diecimila franchi! Sarebbe stato come gettare una goccia ove occorreva un mare.

CARLA.  Ma non mettono in prigione per fallimento?

IGNAZIO.  Ah, che!… Zio, vuol rimanere a cena con noi?

MARCO.  No, grazie. C’è Lena che mi aspetta. Addio. (Gli stringe la mano.)

IGNAZIO.  Emilia! Un lume! Gli faccia chiaro! Buona notte!… Zio, ancora una parola! Dopo il fallimento… mi raccomando!

MARCO.  Cercherò di procurarti un impiego.

IGNAZIO.  Non è per me che parlo. Per Carla.

CARLA.  A me non occorre nulla.

MARCO.  La senti? Buona notte! (Poi ritorna. Emilia rimane fuori della porta.) E non ci sarebbe nessuno che potrebbe prestarteli questi denari?

IGNAZIO.  Se mi sono rivolto a lei (ridendo) vuol dire che non c'era proprio più nessuno.

MARCO.  E tuo cognato?

IGNAZIO.  Crede che gli avanzino diecimila franchi da regalarmi?

MARCO.  Chissà! Ho inteso dire che quest'anno ha fatto ottimi affari… Insomma fa tu, perché è cosa che concerne più te che me. Ma prova! Mi dispiace che tu abbia a fallire!

IGNAZIO.  Troppo buono, zio! Guardi di non rovinarsi la salute per la troppa commozione

MARCO  (ridendo). Matto! (Via.)

IGNAZIO  (ritorna ridendo). E adesso a cena!

CARLA  (rasserenandosi per un istante). Non era dunque vero? Hai detto di essere in procinto di fallire soltanto perché avevi bisogno dei diecimila franchi?

IGNAZIO.  No, carissima. Questa volta è proprio necessario fallire. Ma sta allegra. Vedi pure come io me la prendo. Figurati che metà dei commercianti, fra i più ricchi, hanno fallito almeno una volta.

CARLA.  Carlo non ha fallito mai.

IGNAZIO.  Carlo non è nemmeno fra i più ricchi. Mi pare che tu sii malcontenta.

CARLA.  Oh, io! Già io non c'entro.

IGNAZIO  (abbracciandola). Si sa tu non centri. Manda via l'Emilia.

CARLA.  Chi ci pensa più… E dove andremo dopo?

IGNAZIO.  Dove? Resteremo qui. La casa è a tuo nome. Ho sempre pagato il fitto a tuo nome. Dopo scriverò anche la bottega a tuo nome. Pensa che tu figurerai quale ditta di piazza.

CARLA  (già più contenta). Se vuoi verrò giù a lavorare, a registrare, a scrivere.

IGNAZIO.  Questo non occorrerà. Le donne devono rimanere a casa.

CARLA.  Oh, Ignazio! Siccome purtroppo non ho da aver figliuoli, sarebbe realizzato un mio sogno, se potessi occupare tante ore che mi rimangono.

IGNAZIO.  Se lo desideri tanto, proverai. Scommetto però che dopo uno o due mesi ne sarai annoiata.

CARLA.  Oh. no. Io sento proprio desiderio di occuparmi in qualche cosa. È anzi la mancanza di occupazione che mi annoia.

EMILIA  (rientrando). Sono qui i signori Almiti.

IGNAZIO.  Dove?

EMILIA.  Li ho veduti sulle scale.

IGNAZIO.  Sapevi che avevano da venire?

CARLA.  No.

IGNAZIO.  Che noia! Andrei volentieri a letto.

 


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