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EMILIO (con un libro in mano). Buon giorno…
CARLO (seccato). Buon giorno. Scommetto di indovinare cosa la conduce! Lei mi porta la sua opera nuova!
EMILIO. Bravo! (Allegramente, porgendo il libro.) Eccolo. Ne faccia l'uso che crede.
CARLO (aprendo il volume e pesandolo). È straordinariamente grosso. Le mie congratulazioni! (Leggendo.) «All'amico Carlo Almiti. L'autore.» Mille grazie.
CARLO (leggendo). «Angelo Poliziano ed il Rinascimento». Naturalmente un giudizio non glielo potrò dare, poiché non me ne intendo molto di belle lettere, ma lo leggerò attentamente e poi lo serberò per Ottavio. Ci vorrà del tempo, ma spero sarà un lettore degno dell'autore.
EMILIO. Grazie. Senta, non sono venuto soltanto per il libro (imbarazzandosi) cioè, sarei… venuto anche per quello, ma ho da parlarle anche di altre cose. Quindici giorni or sono, o giù di lì, è venuto da me suo cognato, Lonelli, e mi pregò di prestargli fino a circa due ore dopo, cinquemila franchi. Promise di portarmeli egli stesso. Io non l'ho più visto.
CARLO. E le deve ancor sempre quella somma?
EMILIO. Si capisce. Se parlassi con lui glieli chiederci senza riguardo, ma è strano! Da quel giorno non lo vedo più. Forse anche perché il mio libro è già stampato da quindici giorni. (Carlo fa un gesto interrogativo.) Sì, suo cognato s'interessava molto alla stampa del lavoro e veniva ogni due o tre giorni a veder come procedesse.
CARLO. Non comprendo come Ignazio possa aver avuto bisogno di cinquemila franchi. Ad ogni modo glielo chiederò. Dev'essere una delle sue solite dimenticanze.
EMILIO. Non ne dubito. Non ne ho mai dubitato.