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CATINA. Era venuto il signor Marco Lonelli. Io gli dissi che poteva entrare ma egli se ne andò dicendo che sarebbe ritornato subito.
IGNAZIO (con spavento). Ho capito.
CARLO. Temi che tuo zio ti tradisca?
IGNAZIO. Non temo, ne sono sicuro.
CARLA. Era qui poco fa, e si lagnava con noi della tua scomparsa. (È agitatissima.)
IGNAZIO (osservandola con attenzione). Non capisco perché ti agiti tanto, tu, all'idea ch'io possa venir preso.
CARLA. Mi duolerebbe lo scandalo. (Si vede che soffre.)
IGNAZIO (comprendendo). Oppure ti dispiacerebbe si sappia che partecipasti agli utili dei miei furti?
CARLA (indignata). Oh, no. So che ognuno riconoscerebbe il mio, il suo (additando Carlo) diritto di prendere questi denari. Non temo che lo si sappia. Tu procura di fuggire. Sei ancora in tempo.
IGNAZIO. E se non volessi?
CARLA. Oh, è tanto tanto basso ciò che pensi e ciò che vuoi! Aumenta la mia vergogna a doverti confessare che… soffrirei sapendoti in carcere.
IGNAZIO (la guarda esitante, quasi commosso, poi fa le spallucce). Son cose che si dicono in tali momenti. Parlando d'altro; per la mia fuga io ho già disposto con un padrone di barca, il quale però parte appena dopodomani. Ma comprenderete che qualcun altro dovrebbe andare a trattare…
IGNAZIO. Sta bene! Abbiamo qualche poco di tempo e dovreste approfittarne per darmi da mangiare. Mi sento molto debole.