Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

LA VERITÀ (Commedia in un atto).

ATTO PRIMO.

Scena quinta. Alfonso e detti.

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Scena quinta. Alfonso e detti.

 

ALFONSO  (guardando dietro di sé). Asinaccio! Quasi mi schiacciava il piede nella porta.

EMILIA.  Anch'io ho osservato che quel tuo cameriere ha un modo di chiudere la porta addirittura pericoloso. Che sia ubbriaco?

SILVIO.  Certo no! Soffre della follia del dubbio. Crede sempre di non avere chiusa la porta e per accertarsene la sbatte a quel modo. Ma non occupiamoci d'inezie. Che cosa apporti tu Alfonso?

ALFONSO.  Lasciami pigliar fiato. (Siede, poi a Emilia.) E tu hai raggiunto il tuo scopo? Hai la confessione scritta?

EMILIA.  Non volle darmela.

SILVIO.  Ma Fanny?

ALFONSO.  Non ha voluto venire. Chi vi capisce voi due? Tu ti sei ostinato per tanto tempo in una bugia stupida e colpevole; lei, poi, al sentire la verità… (Piglia fiato). Vado da lei sicuro del fatto mio e le dico: Adesso puoi andare da tuo marito perché mi ha confessato tutto e non vuole altro che vederti subito per ripetere la sua confessione anche a te e ottenere il tuo perdonoSanti del paradiso! Saltò su come una furia e corse in cerca del cappello. Capii che non voleva correre a perdonarti ma bensì venire a cavarti gli occhi. Gridò per ben cinque minuti le cose più pazze e contraddittorie. Si strappò di testa il cappello come se le avesse pesato. Rideva e piangeva. S'arrabbiò perché io non m'ero fermato a ricevere la tua confessione intera. Parlava il desiderio della verità fin e lo capivo. Ma poi mi saltò al collo piangendo e gridò: Vedi se avevo ragione vedi se avevo capito. Non esitai a dirle che non ne avevo mai dubitato. Ah! finalmente anche tu mi dai ragione. La sola che ancora sembri di tenere per quel vile assassino è quell'acqua cheta di tua figlia. Aveva dunque raccontato tutto a quell'innocente. Mi arrabbiai anch'io e la rimproverai acerbamente di esser venuta ad educare a quel modo la mia figliuola. Lagrime, svenimenti, urla! Pareva ti avesse sorpreso in quel momento una seconda volta. Quando finalmente si arrivò a parlare da cristiani io continuai a farle dei rimproveri per avermi indotto a venire qui per strapparti una confessione verso promessa di perdono. Altri pianti: Le doleva ma non era possibile. Aveva creduto di poter perdonare e s'era ingannata. Non ti avrebbe rivisto mai più. Ci credi tu? Io non lo credo e sono anzi convinto che la cosa potrebbe ben presto comporsi ove tu volessi seguire un mio consiglio. Io, se fossi in te, correrei a casa mia, mi butterei alle ginocchia di mia sorella e le confesserei tutto, tutto. Sai quale pregio manchi alla tua confessione? La spontaneità! Confessi una cosa che già tutti sanno. Per addolcire Fanny, per dimostrarle la sincerità del tuo pentimento ci vorrebbe dell'altro. Dovresti aggiungere alla tua confessione quella di qualche altra tua marachella come ne devi avere parecchie sulla coscienza. Anzi se tu volessi seguire il mio consiglio dovresti addirittura confessarle tutte per scaricare la tua coscienza del tutto.

SILVIO  (con ira contenuta). Ma senti! Che cosa ti ho fatto io perché tu abbia a cercare tutti i mezzi per rovinarmi? Comincio a credere che in verità il patrimonio di tua sorella t'interessi più di quanto tu voglia lasciar credere. Chi t'ha autorizzato a dire ch'io abbia confessato tutto? Cosa mai, che il diavolo ti porti, ho confessato io?

ALFONSO  (confuso). Non hai confessato? Non hai detto: (pensando intensamente) Dille che venga qui; le dirò tutta la verità?

SILVIO  (trionfante). Dirò! Ma l'ho detta io questa verità? Non avevi capito, imbecille, che si trattava di un tranello per farla venir qui e convincerla della mia innocenza?

ALFONSO  (fuori dei gangheri). Ah! siete matti tutti e due ed io non voglio più aver da fare con voi. (Risoluto si dirige all’uscita.)

SILVIO  (trattenendolo a viva forza). Aspetta un momento, aspetta soltanto finché ci siamo intesi. È davvero permesso di assaltare un uomo come hai fatto tu, per danneggiarlo, per ammazzarlo? Vieni qua con l'aspetto di un amico e, a forza di chiacchiere, mi strappi di bocca una parola che tu interpreti erroneamente e con quella tenti di rovinarmi riportandola proprio a chi non doveva udirla in quella forma. È un'azione indelicata anzi addirittura disonesta. (Con enfasi.) Io sono innocente! Se mia moglie fosse venuta qui glielo avrei detto e ripetuto. Ora che ho le prove della mia innocenza… (Alfonso ride.) Capirai che a me non importa di convincere te e che riserbo le mie prove per mia moglie. Da te non domando altro che onestà. Dillo ad alta voce: T'ho io confessato qualche cosa?

ALFONSO.  No! ma hai detto delle parole ch'equivalevano ad una confessione.

SILVIO.  Ammetto che per un istante tu abbia potuto considerarle equivalenti. Ma ora che sai la verità ti sembrano ancora tali?

ALFONSO  (ridendo). La verità!

SILVIO.  Nota che per il momento io non parlo che di una verità: Che io - sia o non sia vera la colpa che mi si attribuisce - non ho mai confessato niente.

ALFONSO  (dopo un istante di riflessione). Infatti! Io ho sbagliato. Però non mi dicesti anche che volevi confessare il tuo delitto, il tuo nero delitto? Non equivaleva ciò ad una vera e propria confessione? Che te ne pare Emilia? (Emilia alza le spalle non volendo esprimersi.)

SILVIO.  Era un'ironia! Come hai fatto per non capirlo? Mi piace di scorgere che riconosci il tuo errore e sono convinto che vorrai ripararlo. A me basta che tu vada da mia moglie e le racconti ma con tutta esattezza tutto ciò che s'è detto fra noi due tanto prima che adesso. È il tuo dovere. Le racconterai come hai riconosciuto tu stesso di aver errato e le dirai che io ho asserito di avere in mano le prove della mia innocenza.

ALFONSO.  Faccio volentieri come tu desideri… ma non capisco. Come si fa ad essere tanto ostinati? A che ti servirà questa commedia?

SILVIO.  Non te ne incaricare! Fa tu il tuo dovere intanto. Pensa che io comincio a crederti un raggiratore che nel suo interesse metta male fra me e mia moglie. Racconta pure a mia moglie di questo mio sospetto.

ALFONSO.  Mi offendi!

SILVIO.  Ti assicuro che non so spiegarmi altrimenti il tuo modo di procedere. Forse la colpa - come dici tu - è tutta di mia moglie. T'ha reso un bel servizio. È in una luce strana che io ti vedo quando ricordo il tuo protestato amore alla verità. Riservo però il mio giudizio a quando avrò parlato con Fanny. Cercherò di capire il tuo giuoco. Capisco che tu vuoi fare in modo ch'io non riveda più mia moglie

ALFONSO.  Io? Io? Ah! Come ho fatto male d'immischiarmi nei fatti vostri. Mi sta bene. La prova della mia sincerità la avrai subito. Vado a casa e se mia sorella non acconsente di venire subito qui le proibisco di rimettere più piede in casa mia. Così saprai quanto me ne importi del suo patrimonio. (Corre via.)

 

 


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