Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

LA VERITÀ (Commedia in un atto).

ATTO PRIMO.

Scena sesta. Emilia e Silvio.

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Scena sesta. Emilia e Silvio.

 

EMILIA  (ridendo). Me l'hai conciato per le feste quel mio povero marito.

SILVIO.  Ma è evidentemente un uomo di una leggerezza inconcepibile. Andar a dire che io abbia confessato tutto.

EMILIA.  Sei un furbacchione, tu! Solo non capisco dove vuoi arrivare.

SILVIO.  M'avete seccato con la vostra verità. Hai visto che con tutta ingenuità io l'ho provata e hai visto con quale risultato. Adesso regni assoluta la menzogna.

EMILIA.  Sono curiosa di vederti all'opera.

SILVIO.  Oh! Il mio sistema è pronto, organizzato in modo che ci vorrebbe ben altri che Fanny per difendersene. Buono che nello slancio di sincerità a cui m'induceste non distrussi gli elementi di prova che m'ero procurati con tanta fatica. Eccoli qua! Un cappello schiacciato ed un giornale. Per avere il giornale confezionato come vedrai, dovetti ricorrere ad altissime protezioni. In quanto al cappello non è mica facile schiacciare un cappello con tutte le regole. Qualche imbecille vi si sarebbe seduto sopra. A me invece le cose piacciono esatte. Lo schiacciai con un vero e proprio pugno sulla testa del mio servo. L'operazione mi costò due franchi ma se mia moglie invocasse l'assistenza di un perito in cappelli schiacciati acquisterebbe la certezza che questo cappello è stato schiacciato con un vero pugno sulla testa di un vero uomo… un po' bestia.

EMILIA.  Mi lascierai assistere all'intervista che avrai con tua moglie?

SILVIO  (pensieroso). Senti, Emilia, io ho anzi bisogno che tu vi assista.

EMILIA.  Perché?

SILVIO.  Perché ho bisogno del tuo concorso.

EMILIA  (protestando). Oh! mai!

SILVIO.  Rifletti, Emilia. Devi riconoscere - te l'ho già detto - che sei un poco tu la causa se mi trovo in tali frangenti. Devi aiutarmi.

EMILIA  (risoluta). Io me ne vado.

SILVIO.  Te ne prego, te ne supplico. Ti prometto che non ti farò dire che la verità o quasi ed io dirò tutte le bugie. Vediamo se possiamo intenderci su una cosa sola che mi preme tu abbia a dichiarare. Ricordi che quando ti facevo la corte ti raccontai ch'ero minacciato da una grave malattia che presto m'avrebbe tratto alla tomba?

EMILIA.  Ma io non te lo credetti e indovinai subito che lo dicevi ad per destare la mia compassione.

SILVIO.  Ma la verità vera è che io te lo dissi.

EMILIA.  Sì! Una malattia di cuore.

SILVIO.  Non di cuore ma di nervi.

EMILIA.  Di cuore, lo ricordo benissimo.

SILVIO.  Ebbene! Devi dimenticare che ti dissi fosse di cuore e devi confermare che si trattava di una malattia nervosa.

EMILIA  (risoluta). No!

SILVIO.  Non avrai da dire niente. Parlerò sempre io. Farai solo dei cenni col capo.

EMILIA.  Io non voglio mentire neppure a cenni.

SILVIO.  Curioso che sei d'accordo con tuo marito solo quando si tratta degli altri e non di te stessa.

EMILIA.  Non ti capisco.

SILVIO.  È un fatto che tuo marito non seppe nulla ch'io ti abbia fatta la corte. Eppure a me pare che sarebbe stato tuo dovere di dirglielo.

EMILIA.  E tu vigliacco, minacci di andar a dirglielo tu.

SILVIO.  Mi fai torto. Devi intendere anche tu che in un modo o nell'altro devo finire col convincere Fanny di ritornare a me. Perciò non posso seguire che due vie. Negare tutto e potrò farlo se tu mi presterai quel lieve aiuto che ti domando. Se ciò non mi riesce dovrò finire col prendere in seria considerazione il consiglio di tuo marito. Devo cioè aggiungere alla confessione completa di questo mio tradimento che mia moglie conosce troppo bene, l'esposizione sincera di qualche altra mia marachella. Solo così Fanny potrà credere alla sincerità del mio pentimento. Ora io debbo essere veritiero. Non posso andar a immaginare dei tradimenti che non commisi. Fuori di questo che mi costò tanto caro io non ne ricordo altro che di averti amata… e di amarti ancora. (Disgusto di Emilia.) Davvero che non ne ricordo altro. (Cercando di ricordare.) Non ve n'è altro. Tu non vorrai che facendo una simile confessione io menta ancora. Che gusto ci sarebbe di dire la verità a forza di bugie? A Fanny naturalmente dirò che tu non ne volesti sapere di me ad onta ch'io una volta ti proposi di fuggire con me.

EMILIA.  Ma non ne avevi la vera intenzione, con tutti quei denari che dovevi abbandonare.

SILVIO.  Fanny sarà meravigliata che tu non mi facesti allontanare da casa tua ma io le spiegherò che tu avevi la certezza di non correre alcun pericolo. Stimo io! Avevo tentato di tutto. Terminò che lasciai ogni speranza e che per quanto mi dolesse dovetti fingere indifferenza. Fu allora che cercai compensi. La donna con la quale Fanny mi sorprese ti somigliava perfettamente. Essa forse l'avrà osservato. Dovrò ricordarle anche questo e forse ciò sarà considerato come un'attenuante.

EMILIA.  E la collaborazione che tu mi domandi dovrà limitarsi a fare da statuina chinese e dire sempre di sì?

SILVIO.  Un lieve lievissimo cenno affermativo del capo ogni qualvolta ti tirerà in campo. E devi poi promettermi di restare seria.

EMILIA.  Ho tanta poca voglia di ridere io.

SILVIO.  Ti potrà venire te lo assicuro. Accetti dunque? (Porgendole la mano che essa esita di prendere.) Devi decidere subito perché io da bel principio devo farmi trovare pentito e confesso oppure offeso e negativo. (Suona il campanello e subito si ode il violento chiudersi di una porta. Irritato dirigendosi all'uscio Silvio esclama.) Quando la finirà dunque quei Luigi? Fanny non può ancora essere qui.

 

 


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