Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

TERZETTO SPEZZATO (Fantasia in un atto).

ATTO PRIMO.

Scena seconda. Apparisce Clelia e detti.

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Scena seconda. Apparisce Clelia e detti.

 

Lampo di polvere di resina.

 

CLELIA  (a voce alta). Vergognatevi!

IL MARITO.  Che è ciò? Clelia! Lo spettro! Noi non ti chiamavamo più! (Cerca di fuggire, arriva al sofà in fondo e vi cade svenuto.)

L'AMANTE.  Non lasciarti truffare. È un trucco! Ma fatto tanto bene che non so adirarmene.

CLELIA.  Ascoltami te ne prego. Egli è svenuto e vorrei parlare con te prima ch'egli rinvenga.

L'AMANTE  (ridendo). Prendi la tua parte proprio sul serio! Anch'io, sai, non rido. Che tu sia o non sia Clelia… (L'attira affannosamente a sé. Poi, dolorosamente.) Ariaaria. Sola ariavestita.

CLELIA  (con tristezza). Si! Amavo tanto i vestiti ed ora non ho più che quelli.

L'AMANTE  (si riprende a stento. Rasserenato parla con maggiore freddezza). Povera Clelia! Sono però tanto lieto di rivederti. (Va per abbracciarla e si ricrede.) Chissà? Forse il fatto di averti rivista così basterà a darmi la quiete.

CLELIA.  È perciò che sono venuta.

L'AMANTE.  Già! Adesso appena so che quello che desideravo non esiste più. Certo me ne deriverà la tranquillità. Eppoieppoi m'ha fatto piacere di rivederti. Perché fra noi due c'era anche l'amicizia. Una vera, grande amicizia. Mi fa piacere di ritrovarti in buona salute… se così si può dire. Se sapessi quale disastro è stata per me la tua morte! Addio casa, addio famiglia

CLELIA.  Famiglia altrui!

L'AMANTE.  E corro le vie della città in cerca di un'idea, di un interesse

CLELIA.  Di una donna.

L'AMANTE.  Non sei uno spettro tu? Non vedi nel mio cuore? E non sai perciò ch'io ancora oggi non penso che a te?

CLELIA.  Lo sento, lo sentopoverino!

L'AMANTE  (resta imbarazzato a guardare Clelia come se studiasse quello che potrebbe farne. Poi, con un sospiro va al marito). Che sia morto anche lui?! Sarebbe un'adunanza allegra.

CLELIA.  No! No! È soltanto svenuto.

L'AMANTE  (accanto al sofà). Un po' d'acqua lo farebbe rinvenire. Non vuoi parlare con lui?

CLELIA.  Te ne prego, non litigare con mio manto ora che io non ci sono più.

L'AMANTE  (guardandola con curiosità). È per questo che sei venuta?

CLELIA.  Sì! È per questo!

L'AMANTE.  Non sono mica stato io ad iniziare il litigio. Lui che voleva farmi credere ch'io ti abbia ispirato schifo. È lui che devi tenere in riga.

CLELIA  (con tristezza). Ambedue! Finché io ero viva la tua discrezione era tanto grande! Ricordi che ci fu un'epoca in cui io volevo dividermi da lui per restare sempre, sempre con te? Fosti tu che me ne dissuadesti.

L'AMANTE.  Egli non sa quanto mi deve. Faglielo intendere tu perché non sia tanto pretensioso.

CLELIA.  Sì! Voi uomini avete sempre diritto alla riconoscenza di tutti. Figurati che appena arrivata all'altro mondo trovai Augusto

L'AMANTE  (amareggiato). Ah! Sei con lui?

CLELIA  (seccata). Uff! (Poi.) Voleva farmi credere che quell'altro mondo l'avesse riparato tutto lui da capo a fondo e che prima non ci si poteva stare.

L'AMANTE.  E tu credesti a quel fatuo?

CLELIA.  Ma se siete fatti tutti così voialtri uomini. Il mio paradiso l'hai fatto tu, l'ha fatto lui. E lui non sa che il suo paradiso caldo, comodo, sarebbe stato sufficiente a farmi morire di noia se non ci fossi stato tu. E tu non ricordi ch'eri fatto in modo che mi ricevevi come una dea e mi congedavi come una ancella.

L'AMANTE.  Sì! Perché dicevi sempre delle cose che ripugnavano all'uno o all'altro dei miei delicatissimi sensi.

CLELIA.  Sì! I tuoi sensi! Proprio quelli! Ma quando me ne andavo da te trovavo pure un po' di conforto nell'affetto calmo, uguale, benché un po' brontolone di mio marito. Egli non vedeva in me né la dea né l'ancella. Qualche volta penso che avrei fatto meglio di restare onesta.

L'AMANTE  (gridando). Saresti morta lo stesso. La tua morte è stata la grande, la sola disgrazia. Si andava tanto bene innanzi…

CLELIA.  Sarei morta, ma dopo morta sarei stata più tranquilla. Ecco che se non accorro tu annebbi la mia dolce figura nell'animo di mio marito ed egli la guasta nel tuo. Ad una donna nelle mie condizioni non è dunque neppur permesso di morire?

L'AMANTE.  Magari non lo fosse! Ed io serbo rancore a costui anche perché ti lasciò morire. Poteva stare più attento. Tutti dicono che la tua morte sia stata provocata da un'infreddatura che ti fece prendere per avarizia. Non volle prendere una vettura dopo un ballo

CLELIA.  Non è vero! Lo giuro.

L'AMANTE.  E allora non posso averla che con te perché sei morta. Potevi badare un po' meglio alla tua salute. Che cosa non ho fatto io per dimenticarti! E finora la sofferenza è sempre la stessa. Ricordi che ti dicevo di aver cominciato un romanzo, il mio capolavoro! Non sarà finito mai… se tu non ritorni tutta, intera.

CLELIA.  Eppure il Petrarca divenne poeta più alto ancora dopo la morte di Laura.

L'AMANTE.  Io da buon letterato italiano non lessi mai il Petrarca, ma conoscevo il fatto. Sembra che per lui Laura fosse tutt'altra cosa. Di me so che sto per giornate intere dinanzi alle mie cartelle e fumo, fumo, fumo. Eppoi ho da sopportare quel tuo marito che crede d'essere stato il solo a perdere per la tua morte

CLELIA.  E che fa a te? Lasciagli quest'illusione.

L'AMANTE.  Non posso! Non posso! È più forte di me. Questa gelosia è ormai stupida. Ti mantiene ora lui, forse? Io lo evito! Perché mi ricerca? E finirò con lo scoppiare (Abbassa la voce perché gli pare che il marito si mova) e col raccontargli tutto. Ne avrò un grande alleggerimento, un'illusione che mi farà rivivere! Mi sembrerà d'essere stato scoperto in flagrante.

CLELIA.  Non farlo! Te ne prego!

L'AMANTE.  T'importa tanto? E allora dammi tu un'illusione maggiore. Come sei ritornata così in apparenza, (Supplice) ritorna intera. Dammi la vita e la quiete e la possibilità del lavoro. Scommetto che lo puoi… Fallo! Fallo!

CLELIA.  Sei pazzo!

L'AMANTE.  Non vuoi? E allora qui, in tua presenza, come rinviene, gli schiaffo tutta la verità in faccia.

CLELIA.  Se si potesse, tu, volentieri, mi faresti uccidere.

L'AMANTE.  Adesso ho due ragioni di rancore con te. La prima è che sei morta e la seconda che vieni a stuzzicarmi in tale stato.

CLELIA  (accorata). Così non mi ti dimostrasti mai.

L'AMANTE  (furente). Né tu a me.

CLELIA  (dopo un istante di esitazione). Vorrei parlare con mio marito.

IL MARITO  (rinvenendo). Dove sono?

CLELIA.  Fra persone che ti amano.

L'AMANTE  (ridendo rabbiosamente). Sì! Fra persone - se persone possono dirsi - che ti amano. Io vi lascio soli! Fra moglie e marito… (S'avvia.)

IL MARITO  (rinvenendo del tutto). Te ne prego, amico mio, non lasciarmi solo. Me l'hai promesso!

L'AMANTE.  Ma di che hai paura? Essa piuttosto passò un brutto quarto d'ora. Se morivi dallo spavento ritornavi sul serio con lei. Vuoi vedere come io tratti con questo spettro? (S'avvicina a Clelia, la prende per una mano e le dice a bassa voce.) Senti! Se vuoi rimettere la pace fra di noi, ritorna intera… col tuo cadavere. (Via.)

 

 


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