Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

L’AVVENTURA DI MARIA (Commedia in tre atti).

ATTO SECONDO.

Scena terza. Maineri e detti.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

Scena terza. Maineri e detti.

 

MAINERI.  Ho anticipato di un quarto d'ora pel timore di farla attendere; preferisco attendere io. Mi permette di baciarle le mani? Ambedue. Anche quella dell'arco.

MARIA.  Entusiasta, dunque, l'unico?

MAINERI.  È il mio vanto. Avendola compresa mi pare quasi che le sue note siano opera mia. Citano Janson! È altra cosa. Egli non possiede né il suo senso artistico né la sua esattezza: è un violinista straordinario e nulla più. Ella invece è musicista, anzitutto musicista ed è perciò che il pianoforte s'inchina a lei.

TARELLI.  Peccato che non ci sia qui uno stenografo per raccogliere queste parole e consegnarle ad un giornale.

MAINERI.  Non servirebbe a nulla; quando i fatti, quando la musica stessa non servì

TARELLI.  Non servì? Ella, dunque, lo confessa? Crede che valga la pena di dare un altro concerto?

MAINERI.  Anzi anzi, bisogna darlo. A me non basta il primo. Sarebbe una vigliaccheria di non darlo dopo di averlo annunciato. Che importa a lei l'applauso?

MARIA.  Devo confessare che ci tengo un pochino. (Ridendo.) Avrei suonato tanto meglio, se ieri sera avessi ottenuto un applauso, almeno uno solo. (Con dolore.) Fu un fiasco assoluto.

MAINERI.  Non assoluto. Posso però parlarle con franchezza, perché l'entusiasmo che le dimostrai mi salva dal pericolo di essere preso per poco rispettoso, e poi perché ella non è uno di quegli artisti cui occorra usare dei riguardi nell'apprezzare i loro successi. Ecco il fatto. Il nostro pubblico, un pubblico musicalmente poco colto, è abituato alla maniera di Janson e non vuol sentire altro. Per esso quello soltanto è il modo di suonare il violino. Il ricordo di Janson gli è tanto caro che quasi non vorrebbe sentire altri pezzi all'infuori di quelli uditi da lui. Son quelli i pezzi che si eseguiscono sul violino e non altri.

TARELLI.  Se questa veramente è la disposizione del pubblico, a Maria non resta altro che abbandonare la lotta.

MAINERI.  Perché? La lotta è bella, specialmente quando in essa non si arrischia nulla. Che cosa vi arrischia la signorina? Non certo la sua fama, perché la nostra cittàtoglie fama. Specie a lei, signorina, alla dea della musica.

TARELLI.  Sì, una dea. La sua bellezza la decantò anche il signor Valzini, il quale pare nato piuttosto a cronista che a critico musicale. Parlò unicamente della splendida figura e della magnifica toeletta.

MAINERI.  Sono imbarazzi della vita del critico.

TARELLI  (con ira). Avrebbe potuto non essere imbarazzato, se fosse stato un buon critico!

MARIA.  Ma, zio! Noi dobbiamo essere grati al signor Valzini che pur non essendo stato troppo soddisfatto del mio modo di suonare, volle dimostrarsi tale per favorirmi.

MAINERI.  Ben detto, ben detto, signorina. Ella parla come suona. Infatti, quale altro merito avrebbe avuto egli, se non avesse avuto altro da fare che di sedersi al tavolo e notare il suo entusiasmo? Se l'articolo non dimostra molto entusiasmo, dimostra molta benevolenza. Specialmente la prima parte. La seconda (si leva di tasca un giornale e contemporaneamente anche Tarelli) è meno simpatica. «La signorina Tarelli regalò le Arie ungheresi, ma quello è un pezzo che bisogna lasciare a Janson

TARELLI.  Ho capito subito che in provincia quella frase bastava per annullare l'effetto di tutto l'articolo.

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License