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Scena ottava. Alberto e detti.
ALBERTO. E questo concerto? Io ho finito e voi non avete neppur incominciato! Quando suonerete?
MARIA. Non più per questa mattina.
ALBERTO (confuso). Sarebbe il colmo della distrazione, se voi aveste suonato ed io non vi avessi udito!
MARIA. Non si confonda. Non abbiamo suonato affatto. Suoneremo dopopranzo.
ALBERTO. Peccato ch'io non potrò udirvi, perché al dopopranzo gli affari mi rubano tutto il mio tempo. Arrivederci da qui ad un'oretta, a pranzo. Oggi pranzo di gala a quanto sento. Ho inteso un certo odorino passando davanti alla cucina…
GIULIA. Alla una in punto. Non tardare, te ne prego!
ALBERTO (bacia Piero. A Giulia). Non dubitare! Ha studiato?
GIULIA. No, ma studierà adesso.
ALBERTO. Dovreste attenervi a maggior regolarità. Ve l'ho raccomandato tante volte! Così avete perduto l'intera mattina.
PIERO. Avevo da leggere a mamma la poesia che m'avevano dato da studiare. Cera però un fracasso qui…
MARIA. Sì, sì. La colpevole sono io. Con le mie prove ho impedito a Giulia di far studiare il signorino, il quale del resto ne dimostrava pochissima voglia. Nella vita di un bambino la giornata ha poca importanza. Se non ha studiato oggi studierà domani, la prossima settimana o il prossimo mese…
ALBERTO. Si capisce che di pedagogia lei non si è mai occupata. Io desidero che col mio figliuolo venga già adesso adottato un energico sistema.
MARIA. Mi scusi, dunque, perché di così grave mancanza son io la causa.
ALBERTO. Mi scusi lei, anzi. Non avevo mica l'intenzione di farle un rimprovero. Si figuri!
MARIA (ironicamente). Non si scusi, perché son troppo lieta di aver potuto accertare quanto lei sia un buon marito e la mia amica una donna felice.
ALBERTO (ridendo e mettendo una mano sotto al mento di Giulia). Ne dubitava, eh? (S'avvia.) Con permesso. Bada, Piero, di non riposare dopopranzo delle fatiche che hai avuto questa mattina! (Via.)
MARIA. Strano! Strano! Così non me lo sarei figurato.
MARIA. Un padre di famiglia così buono, attento, amoroso…
GIULIA. Così si è incaricato egli stesso di spiegarti la mia felicità.
MARIA. Diamine! Capisco che ora le tue parole dovrebbero essermi chiare, ma… vorrei dire una bella bestemmia toscana… La rimando in gola, perché ti scandalizzerebbe. (Ride.) Eppure mi darebbe uno sfogo e non avrei bisogno di dire altro.
MARIA (scoppiando). Ecco. Se a me toccasse di essere, ammettiamo, la manutengola di un ladro e di vedere che questo ladro la sapesse dare ad intendere in modo che tutti lo avessero a ritenere l'uomo più onesto della terra, non saprei trattenermi dal gridare: «Ladro! ladro!» anche a costo ch'egli mi risponda: «E tu manutengola!». Non essendo poi sua manutengola, come potrei tacere?
GIULIA (con violenza). Non lo sei? non lo sei?
MARIA. No. Figurati! Io con un borghese commerciante.
GIULIA. Basta. (Molto commossa.) Mi lascio traviare anch'io! Sembra che tu Maria, abbia perduto il senno… Non capisco e non voglio capire…
MARIA. Lascia (ridendo, contenta) che ti racconti tutto. È cosa innocentissima… e forse, sembrerà tale anche a te.
GIULIA No, basta! Dinanzi al mio figliuolo, almeno, trattieni… la tua fantasia di artista! Quello che vuoi dirmi son cose che, se anche vere, non vanno dette a me, non in questa casa.
MARIA. L'abbandonerò, perché io ho l'abitudine della franchezza.
GIULIA (dopo un brevissimo istante di esitazione). Oh, via, farai quello che a te piacerà. Vieni, Piero.
GIULIA. Vieni, vieni. (Via col figliuolo.)
GIORGIO (accorato). Come, lei conosceva già mio cognato? Oh, ciò mi dispiace, signorina Maria. Ed io che l'ho sempre considerata come l'immagine stessa della sincerità! Lei avere dei segreti con mio cognato! (Rimproverando.)
MARIA. Professore, ha ragione. Il mio torto è stato di non averne parlato subito… l'unico mio torto.
GIORGIO. Oh, mi dispiace tanto, signorina! Capisco. L'unico colpevole è mio cognato…
MARIA. La ringrazio ch'è tanto buono di crederlo. Io neppur conoscevo suo cognato… Sapevo unicamente di piacergli. Mi perseguitò per tre giorni prima a Bologna, poi a Firenze ed in fine a Venezia. Ecco tutto.
GIORGIO (con qualche ansietà.) E adesso, adesso?
MARIA. Oh, bah! Qualche occhiatina, qualche parolina più che cortese e nient'altro. Può, tranquillizzare sua sorella. Io abbandonerò questa casa subito, oggi stesso. Ma intanto dica a sua sorella che vorrei fare la pace per evitare scandali. Già, infine, che cosa le ho fatto?
GIORGIO. Certamente farò del mio meglio per farle fare la pace con mia sorella. Non creda assolutamente che vi sia bisogno di abbandonare questa casa. Ed io lo saprò impedire. È su mio cognato che deve riversarsi tutta la nostra collera.
MARIA. Davvero? Crede che Giulia gli terrà il broncio?
GIORGIO. Il broncio soltanto? E non le pare che abbia ragione. Ma di ciò più tardi. Desidero anzitutto che si riconcili con mia sorella. Non indovina, perché vi do tanto peso? No… no?
GIORGIO. Allora non glielo dico, non glielo dico ancora… Insomma, entro oggi o domani… sentirà… Vado da Giulia… (Via.)
MARIA (pensa un poco, poi capisce ed alza le spalle).