Italo Svevo: Raccolta di opere
Italo Svevo
Commedie

L’AVVENTURA DI MARIA (Commedia in tre atti).

ATTO SECONDO.

Scena undicesima. Alberto e Maria.

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Scena undicesima. Alberto e Maria.

 

ALBERTO.  Signorina Maria!

MARIA  (che non lo ha visto, improvvisamente imbarazzata). Oh, lei!

ALBERTO  (lietamente). Oh, finalmente! Una volta ch'io la veda sola! Tra la mia e la sua famiglia, tra gli artisti ed i critici non c'è mai caso di scambiare con lei una parola! (Ridendo.) C’è poi quel mio signor cognato che sembra cucito alle sue gonne. Che voglia finire in un matrimonio?

MARIA  (seriamente). Oh, come può crederlo?

ALBERTO.  Non occorre dirmelo tanto seriamente! Io non l'ho mai creduto. Volevo dire soltanto che si stava meglio quando si stava peggio. Cioè si stava meglio a Firenze, a Bologna, a Venezia se pur non ci conoscevamo. Mi perdoni lo scherzo. (Subito più serio.) Se ne accorge anche lei che non sono né tranquillolieto. So di non esser capace di fare delle dichiarazioni troppo gentili. Le donne che, all'infuori di mia moglie, ho conosciute, non mi hanno dato quest'abitudine. Sono pochi giorni da che lei è qui, e mi pare un anno, perché, con tutta franchezza, non vedo l'ora che se ne vada.

MARIA  (che fin qui sarà stata ad ascoltare con evidente compiacimento). Oh, sarà presto soddisfatto.

ALBERTO.  Oh, mi permetta che glielo spieghi. Si ricorda di ciò che le dissi al suo arrivo? Sembrava, e lo credeva io stesso, che lei non era com’io la riteneva, io dovessi ritornare prontamente ai miei doveri di marito e dimenticare tutto il resto. Non le avevo detto ch'io sarei capace di soffocare in me ogni altro sentimento pur di non turbare la mia felicità domestica? Ebbene, ora diffido di me stesso. Alle volte quando mi metto a riflettere, ma che riflettere! quando mi abbandono senza ritegno alla mia passione ed esco così dalla monotonia macchinale della mia vita, dal freno che impongo al mio contegno verso di lei, verso mia moglie, dall'abitudine per cui faccio quel dato gesto, dico quella certa parola… che non penso più e che non approvo… allora… (Timidamente.)

MARIA  (incoraggiante). Allora…

ALBERTO  (sorpreso, poi). Penso allora che se fossi un altr’uomo, meno metodico, meno preoccupato dall'idea del futuro, quel futuro che finisce sempre coll'ammazzare il presente, dovrei dare un'alzata di spalle tale da liberarmi da tutto quanto mi inceppa, m'impedisce la felicità e… e correre precisamente dietro a questa felicità.

MARIA.  Ma posso credere che parlando di questa felicità così grande che la indurrebbe ad abbandonare ogni altra, lei… pensi a me, una donna che nemmeno è capace di render gelosa sua moglie?

ALBERTO.  Oh, non mi rammenti quelle frasi disgraziate di cui ora non approvo una sola parola. Basterebbe un suo cenno per farmi cadere ai suoi piedi anche in presenza di mia moglie.

MARIA  (sottovoce indagando in se stessa). Mi par di sentirmi più sollevata.

ALBERTO.  Che dice? (Le prende una mano.)

MARIA  (svincolandosi con energia). Mi lasci! (Freddamente.) Sono al caso di porla immediatamente alla prova. Senta, poco fa ho messo a parte sua moglie delle assiduità di cui mi onora.

ALBERTO.  Ah, no, lei scherza

MARIA  (seria). Sull'anima mia! Ho raccontato a sua moglie che lei è innamorato di me, ad ogni modo ho voluto farglielo credere, che sia vero o no.

ALBERTO  (mortificato). Davvero?

MARIA  (avviandosi tristemente verso l'uscita). La prova è fatta.

ALBERTO  (dopo una breve esitazione). No, Maria, rimanga, non mi lasci così dopo avermi fatto tanto male!

MARIA.  Le ho fatto del male? Lo riconosce?

ALBERTO.  Lei forse ancora non sa quanto. Mi ascolti! Io non amavo mia moglie, è vero, ma il rispetto che le portavo, e più ancora il sapermi tanto amato da lei, rispettato, venerato addirittura come un essere perfetto, m'induceva a fare tutti gli sforzi possibili per continuare ad apparirle meritevole del suo affetto. Ora, invece! Oh, certo. Quanto più comprenderà d'essere stata cieca finora, tanto più grande sarà la sua disillusione. Mi disprezzerà.

MARIA  (di nuovo per uscire). Sta bene. La prova è fatta. (Sulla soglia si ferma.) Perdoni il male che le ho fatto. Da qui a poco, già, quando sarò lontana, si rappattumeranno e il male sarà stato minore di quanto ora le sembra. (Alberto accenna di no.) No? Ebbene, deve riconoscerlo. Questo male se lo sarà meritato. Ricorda ciò che le dissi, quando per la prima volta mi diede quelle spiegazioni che poi volle ripetermi a sazietà? «Ma per chi mi prende?» le chiesi. Le ripeto oggi la stessa domanda: «Per chi mi prende?». Io potrei non essere una fanciulla onorata nel senso borghese della parola, e ascoltare le sue dichiarazioni pur sapendo che facendomele si rende colpevole verso la famiglia, verso la legge. Ma dopo quanto m'ha detto, esse significano crudamente: «Vorrei passare con te qualche giorno. Assecondami!… » ed ascoltarla… io! Oh, via! Per chi mi prende? Poco fa ero già pentita del mio agire, ma ora lo trovo giustificato e ne ho piacere. Tanto! (Molto commossa.)

ALBERTO  (sorpreso, dopo un momento di sospensione). Mi perdoni! So di averla offesa. Darei la mia vita per asciugare quella lagrima!

MARIA.  Ebbene! Se vuole farò tuttavia uno sforzo e andrò a dire a Giulia che ho mentito. (Vicinissima a lui.) Rinunzio anche al piacere di essermi vendicata delle sue offese. Vedrà che riuscirò a farmi credere. (Alberto accenna di no, che non lo crede.) Le dirò ch'è stata una mia fantasia di artistaChissà cosa ella si figura per fantasia di artista!

ALBERTO.  Non vada, Maria! (Attirandola a sé e guardandosi attorno con paura.) Io preferisco il suo amore

MARIA  (svincolandosi). Mi lasci! Lo sappia! Io non amerò mai un uomo che non sia libero o che per me non si sia reso libero.

ALBERTO.  Oh, Maria! Io non posso abbandonare il mio figliuolo!

MARIA  (ironicamente). Ecco. È giusto. Il suo figliuolo! Non ci avevo pensato! Ebbene! Allora stia lontano da me! Ascolti! Nella mia vita attiva io non ho molto sognato l'amore, ma non lo ignoro tanto da non comprendere che quello che mi offre non è amore.

ALBERTO  (con forza). È amore. Se non è amore un sentimento per cui forse vedrò rovinare la mia vita, la mia felicità, allora…

MARIA.  Non è amore, finché lei sa che la sua felicità non è affatto compromessa. Di parole non mi accontento, io!

ALBERTO  (con più forza). È amore. Lo sento forse per la prima volta in vita mia. È un misto di rispetto e di desiderio che mi confonde. Lei sa, glielo ho già detto. Nella mia vita sono passate parecchie figure di donna. La sua… Ah, come si distingue da tutte le altre! Non posso neppure concepire l'idea che ben presto debba rimanere privo di lei! (Con fuoco.) Lei calcola, lei ragiona… Io sento solamente, e se mi oppongo, se resisto, è invano… Io l'amo! Lei non mi ama!

MARIA  (pacatamente). S'inganna. Ascolti! io l'amo. (Alberto si avvicina.) Mi lasci! Non so, non arrivo a comprendere la ragione di questo amore. Che una fanciulla come sono io giunga a confessarlo è tale prova di amore, quale non mi ebbi da lei finora. Lo so da poco; lo compresi dalla collera che mi assalse un'ora fa nel vedere quante cure lei prodigava a Giulia… in mia presenza. Ma pur amando, io riconosco, purtroppo, che mai una donna fu più volgarmente desiderata. Sappia perciò che questa è la prima e l'ultima volta che sente da me una simile confessione. D'ora in poi sul mio volto non vedrà che indifferenza. È tanto ingiusto il sentimento che provo che mi sarà facile ben presto di soffocarlo e di sostituirlo con l'indifferenza anche nel cuore.

ALBERTO.  Ma che vuole che faccia? Mi comandi!

MARIA  (in collera). A me lo chiede? Io le ripeto che il suo modo di amarmi, che le sue parole mi offendono. (Ironicamente.) Vuole amarmi fra le pareti domestiche ed allo stesso tempo tener delle prediche a sua moglie sul modo di allevare il figliuolo

ALBERTO.  Oh, Maria! Se veramente mi amasse, parlerebbe altrimenti! Non merito tanta ironia!

MARIA.  Me lo dimostri!… Vogliamo… fuggire insieme? Vuole abbandonare tutto per me?… No! (Pausa.) E allora mi lasci in pace e attenda alla sua famiglia.

ALBERTO  (confuso). Non ho detto di no…

MARIA  (avviandosi). Ma neppure di sì, mi pare

ALBERTO.  Fra noi due… chi ha maggior esperienza per l'età (esitante, cercando le parole)… sono io. Lasci, quindi, ch'io… veda il bene di tutti e due.

MARIA  (ironicamente).… di tutti e due?

ALBERTO.  Di tutti e due, sì. (Deciso.) Può esservi dubbio che per egoismo io rifiuti la felicità che mi offre? Io sono un uomo in età, ed una giovinetta bella, divina, che amo mi offre il suo amore. Può esservi dubbio che per egoismo rifiuti? Impossibile! Dunque… Ma potrà una tanto cara creatura accontentarsi della vita modesta che potrò offrirle? Ci ha pensato? Abituata com'è alla vita di artista, alle soddisfazioni dell'amor proprio, della vanità, dell'ambizione

MARIA  (sorridendo). Oh, sì. All'arte chi ci pensa più? Desidero anzi di condurre una vita tutta diversa da quella menata fin qui…

ALBERTO.  Sarà una vita, naturalmente, molto modesta. La mia proprietà appartiene, ben inteso, a Giulia ed a mio figlio. (Maria assente.) Bisognerà vivere in qualche cantuccio della terra, molto lontano da qui… in una casa un po' meno ricca di questa.

MARIA  (con entusiasmo). Piccola e povera, ma nostra. La felicità mite e quieta di gente modesta

ALBERTO.  Oh, sei divinamente bella così! Maria! (L'abbraccia, con violenza.) Un bacio! Maria!… Un solo bacio!

MARIA  (difendendosi debolmente). No, no… Laggiù nella nostra casa… Ivi sarò tutta tua!…

ALBERTO  (la bacia lungamente). Come pegno

MARIA.  Via! Alberto

 

 


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