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MARIA (sta gettando della biancheria in una cassa e canta). «Ed io lieto me ne vado al reggimento… ».
TARELLI (infastidito). Te ne prego, non cantare! La tua voce e la tua gioia mi ricordano quella di uno stupido animale… che non voglio precisare.
TARELLI. Tanta gioia dopo l'insuccesso di ieri. Sta bene non curarsi di questi cretini, ma in un'artista dovrebbe pur esserci un po' di dolore dopo un insuccesso.
MARIA. E se nel mio cuore non c'è questo dolore, che farci? Il mio non sarà un cuore di artista…
TARELLI. Oh, questa frase in bocca tua mi addolora anche più del tuo canto e della tua falsa gioia. Hai suonato tanto male ieri sera che in luogo dell'archetto pareva tu maneggiassi una scopa. Quell'adagio poi! Ne accelerasti il tempo a tal segno! Non era un adagio quello! Era un cavallo ansioso di giungere alla sua stalla.
MARIA (allegramente). Davvero? Così ad un tratto, ora suono tanto male?
TARELLI. Con trascuratezza. Lo riconobbe persino Maineri, il buon Maineri che di solito s'inginocchia davanti ad ogni tua nota. «Ha poca voglia questa sera» mi disse. Per me era troppo indulgente. Io ero là là per dare il segnale dei fischi. Oh, peggio ancora! Ti avrei bastonata! Pochi momenti prima il professore mi viene a dire di averti vista abbracciata al signor Alberto! Non credo che siano stati i miei rimproveri ad impedirti di suonar bene. Temo tu abbia qualche altra preoccupazione. Oh, Maria! È la prima volta, questa, in vita mia che anelo proprio di allontanarmi da un luogo! Chi me lo avrebbe mai detto che sarei fuggito in questo modo da una innocua e ridicola casa borghese come questa!
TARELLI. E attendo ancor sempre le spiegazioni promesse… per calmare la mia collera… Avevi da darmele al più tardi entro la mattina? Hai cambiato parere?
MARIA. No zio. Mi permetti, però, di dartele… in iscritto?
MARIA. Perché… scrivendo si arrossisce meno.
TARELLI (minaccioso). Ah, hai dunque da arrossire? Anche tu?
MARIA. Sai che arrossisco facilmente. Dici anch'io! Anzi, francamente, se qualcuno ha da arrossire sono io solo quella. Egli, poveretto, è del tutto innocente. Mi prometti di non dirgli manco una parola di rimprovero?
TARELLI. Me lo hai già fatto promettere.
MARIA (che fin qui avrà sempre lavorato intorno al baule). Intanto io ho terminato i miei preparativi per la partenza. È la prima volta che faccio questo lavoro da sola e non lo trovo mica noioso! Ho pregato Amelia di occuparsi dei tuoi bauli. Ora andrò nella mia camera a scriverti una lunga lunga lettera.
TARELLI. Ma è ridicolo scrivere ad una persona con la quale ci si può intendere in breve a voce. È tanto più facile.
MARIA. Più facile, sì, ma solo in certi casi. Insomma che tu lo voglia o no questa volta sarai obbligato di decifrare le mie zampe di mosca. La prefazione soltanto vorrei fare a viva voce, perché non so maneggiare tanto bene la penna da esplicare certe cose in iscritto.
TARELLI. Ebbene?
MARIA (gettandogli le braccia al collo). Senti, zio, sei convinto che ti voglio bene? Qualunque cosa avessi da scriverti sapresti perdonarmelo subito, senza esitazione?
TARELLI. Capirai, pazzerella, che la spiegazione non potrà mai farmi andare in collera più del fatto stesso. (Accarezzandola.) Ora anche senza i tuoi schiarimenti penso che sei molto, ma molto colpevole, eppure, come vedi non ti tengo il broncio. (Dolcemente.)
MARIA. Qualche volta quando le spiegazioni son date con tutta franchezza aggravano i fatti. (E ridendo.) E vedrai come son franca io, quando scrivo.
TARELLI. Ti diverti a tormentarmi facendo la sfinge.
MARIA. Abbi pazienza, ancora per poco. Volevo dirti, zio, che ti voglio molto, molto bene. Tu mi hai fatto da padre e da madre. Oh, non l'ho dimenticato, (ad un gesto di protesta di Tarelli) meglio ancora di quanto avrebbero potuto farlo essi stessi. Sei tu che hai scoperto, o forse inventato il mio genio. Che ne so io? Voglio anzi darti una prova del mio amore. Figurati che nei miei sogni di fanciulla io previdi il momento in cui tu, troppo vecchio, non avresti più potuto continuare questa vita. Ebbene. Fra i miei sogni e te non ho mai esitato. Avrei abbandonato il violino per seguirti e menare con te una vita ritirata e tranquilla. Non mi stai a sentire? Sono cose molto importanti quelle che ti dico e dovresti imprimerti nella memoria ogni mia singola parola.
TARELLI. Sto a sentire, ma non vedo l'importanza dei tuoi discorsi. Ho io mai dubitato del tuo affetto per me?
MARIA. Eppure potresti dubitarne ed io non voglio. Dunque, ammettiamo, ch'io dovessi cambiare condizione…
MARIA. Ammettilo solo per un istante, acciocché io possa parlare con più facilità. Ammesso, dunque, ch'io avessi a cambiar condizione anche allora, specialmente allora, ti vedrei tanto tanto volentieri accanto a me. Capisci, mio buon zio? (Lo abbraccia commossa.)
TARELLI (riflettendo). Non capisco.
MARIA (sorridendo). E la prefazione è terminata. Adesso lascia che vada a scrivere il volume.
TARELLI. Potrò stare dietro alla tua sedia a leggere oltre alla tua spalla mentre scrivi? Così il mezzo di comunicazione sarebbe pur sempre più rapido.
MARIA. No, lasciami sola. Fra due orette circa avrai la lettera. Fino allora cercati una occupazione qualunque per passare il tempo.
TARELLI. Ma che cosa ho da fare per due ore intere con questa agitazione nell'anima?
MARIA. Va a passeggiare. Eccoti cappello e bastone e va a passeggiare da buon figliuolo. Addio, zio. (Abbracciandolo e baciandolo lo accompagna alla porta e poi corre piangendo nella sua stanza.)
TARELLI (ritorna lentamente con cappello e bastone, pensieroso, irresoluto). Passeggiare? (Lentamente va alla porta e guarda nella direzione donde è uscita Maria.)