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Scena sesta. Alberighi e Squatti sempre chiusi nell'altra stanza e Giovanni.
ALBERIGHI. Ma insomma che fate?
SQUATTI. Qui si muore soffocati. Ho caldo! Ho caldo!
ALBERIGHI. Alfredo! Apri! La scommessa l'hai già perduta. Rassegnati e beviamo un bicchierino insieme.
GIOVANNI. La scommessa! (Si rimette lentamente; corre al tavolo e intasca il portafogli. Si avvia verso la porta. Si ricrede, ritorna e indossa il soprabito di Alfredo ed un cappello. Fa per scappare ma ritorna ancora richiamato dalla voce di Alberighi)
ALBERIGHI. Vuoi tenerci rinchiusi per punizione?
GIOVANNI (dopo un'esitazione va accanto a quella porta). Non fate rumore! Ve ne prego! Io non ho ancora il portafogli. Per fortuna che il padrone è di là e non v'ha uditi.
ALBERIGHI (più a bassa voce). Ma il colpo di revolver?
GIOVANNI (per un istante interdetto). Ah! Il colpo di revolver! È stato tirato dal signor Alfredo che si esercita. Adesso ha riposto il revolver e ritorna subito qui. Allora lo affronterò.
SQUATTI. Sì, ma fa presto perché altrimenti perdo la pazienza e mi metto a urlare. Io non ho scommesso con nessuno e non c'è ragione…
ALBERIGHI. Sta zitto, tu, imbecille!
GIOVANNI. Zitti ambedue! Ecco il padrone che viene. Lo sento muoversi nella sua stanza. Zitti! (In procinto di nuovo di fuggire s'arresta accanto al cadavere. Lo ricompone con pietà. Poi non gli basta. Lo prende in braccio e lo pone su un'ottomana. Gli bacia la mano piangendo.) Volevo abbandonarti ed ora sarai sempre, sempre con me. (Fugge.)